09 giugno 2018

L’intervista/ Juan Peralta

 
COME FARE UN MUSEO A LIMA
Parla il direttore del MAC, unica realtà culturale del contemporaneo in un Paese dove l’arte è “opzionale”

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Sorto nel 2013 da un’iniziativa privata, il MAC – Lima (Museo de Arte Contemporáneo di Lima) è l’unica realtà museale della Capitale peruviana specializzata nella diffusione dell’arte contemporanea. Con una media di 50mila visitatori annui e una collezione di 300 opere, l’edificio è stato progettato e costruito appositamente in una estesa area verde concessa dal municipio. Convertito nell’epicentro dello scenario artistico contemporaneo, il MAC si trova nel Distretto di Barranco, una zona di origini popolari diventata poi un prospero quartiere culturale dove si radunano gallerie, studi di artisti, nonché il museo del famoso fotografo di moda Mario Testino. Dipinti, istallazioni, sculture e oggetti che spaziano dal 1950 alla contemporaneità rappresentano la produzione di coloro che hanno segnato lo sviluppo dell’arte peruviana di oggi. 
In un contesto politico un po’ incerto – quattro ministri a capo della Cultura in quattro anni – e un budget di 0,35 per cento del totale del bilancio dello Stato investito nel settore (in Italia si tratta dello 0,28 per cento, che comunque significa circa venti volte le risorse del Perù), l’articolazione pubblico-privato nell’ambito della cultura e delle belle arti si trova in piena fase di espansione. Uno degli esempi più rappresentativi è la gestione della partecipazione del padiglione nazionale del Perù alla Biennale di Venezia attraverso un’istituzione privata senza scopo di lucro che l’anno scorso ha suscitato accessi dibattiti in patria. Il delicato equilibrio di questo “dualismo” nei settori sensibili come la cultura è una questione rovente e molto attuale da queste parti.
Juan Peralta, storico dell’arte della Universidad Mayor Nacional de San Marcos – una delle più antiche del continente Americano – critico e curatore, che inoltre è stato a capo della Bienal de Lima realizzata tra il 1997 e il 2002, ci racconta le sfide che affronta nella veste di Chief Curator del MAC, lavoro che svolge da ormai quattro anni, e come si immagina i musei di domani in un contesto globale in cui la corsa verso amministrazioni snelle ed efficienti è l’idea all’ordine del giorno.
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MAC di Lima, Perù
Trattandosi di un museo relativamente giovane potrebbe raccontarci come è nato?
«Il MAC nasce nel 2013 come risposta all’inquietudine di un gruppo di imprenditori che molti anni prima, nel 1955, avevano creato lo IAC (Instituto de Arte Contemporánea) con il proposito di rinnovare lo scenario artistico di Lima e incentivare giovani artisti. Si trattava di un gruppo di umanisti con spirito inclusivo che organizzavano mostre e manifestazioni culturali itineranti in spazi prestati, in cui la musica, la poesia, l’arte popolare e indigena e i dibatiti più urgenti riguardo al contemporaneo trovavano espressione. Finalmente, nel 1997 il municipio del Distretto di Barranco cede un’area per concretare la creazione di un museo ma tra mancanza di disponibilità economica e le controversie suscitate con gli abitanti del quartiere per la concessione di uno spazio pubblico, il museo verrà aperto soltanto nel 2013».
Prendendo come spunto il disagio degli abitanti del quartiere riguardo alla concessione di uno spazio pubblico, crede che di fronte alle problematiche sociali il museo d’arte contemporanea debba prendere posizione?
«Credo di si. Si tratta di un insieme di responsabilità che il museo ha in primo luogo con il suo territorio. D’altra parte abbiamo la consapevolezza essere uno dei pochi musei di arte contemporanea del Perù. Questo vuol dire essere particolarmente attenti per garantire equilibrio tra l’aspetto curatoriale, che non deve essere mai lasciato in disparte, e le problematiche sociali. In questo momento, con un conflitto politico importante (con le dimissioni del presidente a marzo scorso e una serie di scandali di corruzione N.d.R) è fondamentale sottolineare il ruolo del museo nella educazione e nel promuovere la riflessione e la critica nell’interazione con l’arte».
Come si equilibra la programmazione di un museo di fronte alla necessità di attrarre il pubblico senza sacrificare un criterio scientifico?
«È fondamentale il lavoro in squadra con l’area educativa. Ogni nuovo progetto viene studiato in tutte le sue potenzialità per capire come sviluppare un programma che incentivi la partecipazione e il coinvolgimento del pubblico curando attentamente i criteri scientifici. Dagli sviluppi dei contenuti alle attività di laboratorio passando per le visite guidate, i corsi e le conferenze, cerchiamo di promuovere sempre il dibattito nei suoi diversi livelli di complessità sia che si tratti di studenti di scuola media o superiore, universitari, turisti, professionali del mondo dell’arte oppure pubblico non specializzato».
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MAC di Lima, Perù
Quale sono le sfide economiche che affronta il museo?
«In questo senso affrontiamo due sfide collegate: da una parte, generare gli introiti necessari per garantire il normale funzionamento del museo e dall’altra, incontrare risorse economiche che ci consentano di crescere tanto riguardo alla collezione quanto alla programmazione. In questo momento stiamo attraversando un cambio di gestione che porta con sé un modo nuovo di operare. Con l’amministrazione precedente avevamo supporto economico per tutti i progetti ma adesso dobbiamo lavorare per produrre i nostri fondi. La parola d’ordine è l’autofinanziamento. La sfida è una più intensa collaborazione con i privati».
Che altre strategie alternative ha messo in pratica per garantire il funzionamento del museo?
«Stiamo sviluppando una rete di contatti con professionisti del mondo dell’arte, studenti e istituzioni con il proposito di avere opportunità di collaborazione. Ad esempio, abbiamo appena ospitato insieme al Centro Cultural de España en Lima una mostra fotografica come parte di un progetto intitolato “Canon” (“Canone”) degli artisti Juan José Barboza-Gubo (Perù, 1976) e Andrew Mroczek (USA, 1977) che contava già su un finanziamento di una istituzione degli Stati Uniti».
Che ruolo ha la ricerca nel MAC?
«La ricerca è basilare, conferisce le fondamenta alle proposte artistiche. Sono convito che ogni progetto deve essere sempre in connessione con il suo riferimento nella storia dell’arte. Un museo per natura deve compiere il suo ruolo educativo, promuovere e stimolare la conoscenza, legare il passato – la storia – al presente. La ricerca permette di scoprire e attivare connessioni tra le proposte contemporanee e i lavori che sono già parte del patrimonio artistico. L’investigazione offre nuove prospettive sullo stesso oggetto e consente nuove relazioni e punti di vista. La molteplicità di approcci scaturisce dallo studio e questo aspetto è estremamente prezioso. Ci permette a sua volta di generare un risveglio per dare luogo a una visione innovativa».
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MAC di Lima, Perù
Come sarà il museo del futuro soprattutto considerando la assenza dello Stato in termini di risorse economiche? 
«Nel Perù non esiste una politica culturale vera e propria. Dovendo pensare al museo del futuro vorrei innanzitutto un Ministero della Cultura che funzioni debitamente e che consideri l’arte oltre le produzioni inca e spagnola del XIX secolo concedendo uno spazio all’arte contemporanea peruviana. Da questo punto di vista una delle sfide più importanti è il coinvolgimento a lungo termine dello Stato nelle attività culturali, e allo stesso tempo una più stretta collaborazione con il settore privato. Continuare ad avvicinare il museo alla comunità e far si che un numero più vasto di persone frequentino il MAC continua ad essere in primo piano. A questo proposito nuovamente la ricerca riappare come uno degli aspetti basilari fungendo da ponte tra la proposta artistica e il pubblico. Non dobbiamo dimenticare che una delle funzioni principali del museo rimane sempre e comunque l’educazione e la produzione di conoscenza».
Ana Laura Espósito

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