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Nel prossimo film di Sergio Racanati, l’Amazzonia sarà un soggetto politico
Progetti e iniziative
Sergio Racanati (Bisceglie, 1982) è tra i vincitori della 14 edizione dell’Italian Council 2025 e riprende il suo viaggio di ricerca artistica internazionale. Il riconoscimento, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, sosterrà la realizzazione del progetto AMAZONIA: RELATOS DE ABUNDANCIA, presentato dal Centro Itard Lombardia, coprodotto dalla Emily Harvey Foundation di New York e la Regione Puglia e seguito da un board curatoriale di rilievo internazionale, che riunisce Manuela Gandini (NABA), Esteban Aduanza (LOOP Festival Barcellona), Annalisa Rimmaudo (Centre Pompidou) e Reza Afina (ruangrupa/Documenta 15).

Il nuovo progetto si configura come un’evoluzione della sua ricerca sui Sud del mondo e nasce dalla medesima urgenza di DEBRIS/DETRITI con cui Racanati, già vincitore dell’Italian Council XI edizione, aveva attraversato paesaggi umani dell’Amazzonia brasiliana. Se in quel lavoro del 2022-2023 si era immerso tra i “detriti” del colonialismo, in un processo relazionale volto a indagare le ferite ambientali dell’estrattivismo e sociali dello sfruttamento dei corpi, con RELATOS DE ABUNDANCIA si sposta nell’Amazzonia colombiana, per dare vita a un film d’artista che esplora i temi della decolonizzazione e dell’eredità di comunità ancestrali.

Dai resti all’abbondanza, l’artista compie un percorso tra la memoria e il futuro, considerando «I frammenti della nostra civiltà “decaduta”» come entità dotate di voce, e ci parla, oltre che di post colonialismo e post industrializzazione, di energie rigenerative. L’opera non sarà solo una testimonianza visiva, quanto la restituzione degli incontri previsti durante il suo viaggio imminente, con esponenti della cultura, dell’attivismo e artistə indigenə. Il film, e la futura pubblicazione critica correlata, ambiscono a restituire l’immagine del territorio amazzonico come un «Soggetto politico attivo», capace di affermare modalità di convivenza alternative alle gerarchie occidentali.

Centrali nel suo sguardo in questo processo, le strutture dialogiche con le comunità che, appunto, mantengono viva una visione del mondo opposta a quella capitalista ed estrattiva, per testimoniare modelli di coabitazione ecosostenibili e nuove forme di polis, svelando una verità non immediata attraverso la ripresa, il montaggio e l’editing.
Per Racanati, questo formato supera la mera astrazione intellettuale: «Nella mia visione, un essay d’artista non è solo una riflessione teorica, ma diviene un’interrogazione aperta e pratica che avviene attraverso l’atto stesso della creazione. Si tratta di un dialogo continuo tra il materiale visivo/etno-antropologico e la riflessione concettuale-politica che lo anima. È un formato fluido, che si evolve dal cinema e dal documentario sfidando le convenzioni di entrambi. Non mi limita a raccontare una storia o a documentare un fenomeno, piuttosto, cercando di offrire una riflessione aperta, non lineare, porosa e smagliata sulla realtà, mettendo in discussione la relazione tra l’immagine e la realtà stessa – le realtà multiple – tra il reale, appunto, e il rappresentato».

Il film entrerà a far parte della collezione permanente del MAN – Museo d’Arte della Provincia di Nuoro, attualmente diretto da Chiara Gatti, e non si tratta solo di un’acquisizione museale piuttosto della messa in sicurezza di quello che l’artista definisce il «Materiale fragile dell’umanità».

Il network internazionale di istituzioni impegnate come partner culturali – che riunisce dalla newyorkese Emily Harvey Foundation, il Museo MAMBO di Bogotà, il LOOP di Barcellona, il Museo de Arte Contemporáneo di Santiago del Cile, la Casa degli Artisti di Milano e la francese Maison Suger (FMSH) – nonché l’approdo al MAN di Nuoro, dimostrano un impegno corale sui temi proposti da Racanati; unico italiano nel Public Program di DOCUMENTA 15 nel 2022, conferma la vitalità della sua pratica artistica che fonde sensibilità civile e politica, antropologia e nuovi linguaggi, trasformando l’esperienza in un atto estetico di responsabilità collettiva.












