09 maggio 2001

Oggi pomeriggio una spremuta d’arte a Roma

 
Orange Juice si chiama l’iniziativa promossa dal Comune di Roma che porterà l’arte contemporanea nell’aranceto che decora il cortile di un’importante biblioteca. Abbiamo intervistato una delle curatrici…

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E’ l’arte che deve andare dal pubblico o, al contrario, quest’ultimo deve muoversi alla ricerca del bello? L’iniziativa curata da Emanuela Nobile Mino e Maria Ida Gaeta a partire da oggi porterà performance e installazioni d’arte contemporanea all’interno dell’austero cortile di una biblioteca romana. Risponde alle domande di Exibart Emanuela Nobile Mino.

Da oggi a settembre tu e Maria Ida Gaeta porterete tre giovani artisti a lavorare nel giardino di una biblioteca. Anche tu pensi che agire nei suoi luoghi più sonnecchiosi sia un’ottima cura per vincere il letargo di Roma?
Mi sembra importante, utile, tentare di rivitalizzare alcuni luoghi di cultura attraverso l’arte contemporanea. Alcuni di questi luoghi, splendidi, sebbene frequentati da giovani, da studiosi, tendono a chiudersi in se stessi e rischiano di non cogliere l’energia e il potenziale raccordo con le altre discipline che ruotano loro intorno, da sempre. Oggi mi sembra più che mai fondamentale rintracciare un punto di fusione tra sfere culturali che troppo spesso viaggiano parallele. Maria Ida Gaeta sta facendo un buon lavoro in questo senso, con l’arte, con il teatro, consapevole del fatto che una struttura abbia bisogno di più stimoli per poter darne altrettanti.

Nathalie Périssé, Chris Gilmour, Alex Pinna. Come siete arrivate a questa selezione? Che criteri avete adottato per scegliere i tre artisti?
La capacità di questi artisti di sapere intervenire sullo spazio ed riuscire ad interagire con esso. Ognuno porta avanti una ricerca sostanzialmente diversa, ma è proprio questo che mi ha spinto ad invitarli, mi interessava vedere e mostrare al pubblico come un luogo caratterizzato possa assumere un carattere assolutamente nuovo ogni volta, grazie all’intervento degli artisti.

Gli artisti eseguiranno installazioni all’aperto, si confronteranno con lo spazio in stagioni differenti. Dovranno prevedere il vento e la pioggia. Sai già che lavori verranno presentati? L’opera di Nathalie Périssé, che inaugura oggi la manifestazione, su cosa verterà?
Le installazioni saranno pensate per poter vivere all’aperto, anche se ad esempio Chris Gilmour lavora con il cartone realizzando delle sculture life size dettagliatissime e non nascondo di essere un po’ terrorizzata al pensiero che il 4 luglio una tempesta di pioggia si abbatta sulla sua installazione. Ma, sperando comunque che ciò non avvenga, Gilmour è talmente entusiasta di intervenire in questo spazio che la preoccupazione freddo/pioggia/vento/neve non lo sfiora minimamente, anzi l’ha presa un po’ come una sfida e ha convinto anche me. Le sue opere ritraggono generalmente soggetti in pose casalinghe o visioni di interni (pensa a Kitchen, una cucinetta a dimensioni reali interamente di cartone) e il fatto di ribaltarne il senso cambiandogli totalmente la destinazione e l’ambientazione, rende ancora più intrigante e spiazzante l’effetto. Alex Pinna, invece, molto probabilmente darà all’aranceto un ironico taglio orientaleggiante proponendo un’installazione di tappeti volanti sui quali ognuno è invitato a salire sfidando la casualità della destinazione verso cui ogni tappeto potenzialmente potrebbe condurre.
Nathalie Périssé presenterà un lavoro improntato su una fusione quasi genetica con l’aranceto. La sua ricerca si fonda sulla costante verifica di se stessa, su una polemica che, attraverso l’autoscatto, la coinvolge inNathalie Périssé, Mein_Squeeze prima persona. Quindi, in questo caso, il frutto di una performance privata in cui l’artista cosparge il suo corpo del succo di chili di arance che lei stessa spreme, diviene il soggetto degli autoscatti che troverete tra le chiome degli alberi (ritagliati a forma di foglia), o a terra (stampati in seppia, come foglie pronte a volar via, ma ormai già secche) o sui picchetti accanto ad ogni arbusto (come elemento narrativo e di autoimmedesimazione con l’albero). Il titolo dell’installazione Main Squeeze, che in slang americano indica la persona amata, la più stretta, celebra una sorta di spremuta d’amore per se stessa, azione poetica che si coniuga perfettamente con il lavoro della Périssé essenzialmente autobiografico, sebbene mai confinato nei limiti dell’autocelebrazione e dell’inaccessibile indagine psicologica personale.

Continuerai a portare l’arte dalle persone invece di aspettare che quest’ultime vengano all’arte? Ci saranno altre iniziative come Orange Juice? Magari nelle librerie, nelle aule universitarie, nei centri commerciali…?
Questo è un tipo di operazione che ho fatto in passato e che insieme all’Associazione Culturale Futuro continuiamo a portare avanti già da qualche anno. Pensa alle mostre nei quartieri periferici di Roma (nei cortili dei lotti del quartiere della Garbatella, ad esempio): la risposta è sempre stata positiva, la città apprezza questo tipo di iniziative. Le difficoltà non sono poche, ma continueremo a dimenarci tra gli ostacoli sperando che il percorso si faccia sempre più fluido. In ogni caso da un po’ di tempo l’osmosi tra arte e pubblico si è fatta più dinamica, più viva. Il pubblico delle mostre oggi è comunque più vario, non è più solo di addetti ai lavori, ciò significa che qualcosa si sta muovendo.


Per tutte le informazioni ecco il sito ufficiale dell’evento: http://juice.exibart.com

Massimiliano Tonelli

[exibart]

1 commento

  1. Ho apprezzato nel lavoro della Perissè,la volontà di un intervento molto ‘stretto’, ‘interno’ alla Natura. Il primo impatto visivo era di questa soavità dell’intervento, ‘nell’ambiente’ del cortile,
    quasi lenticolare,
    compassato dalla drammaticità delle immagini contenute nelle foglie e nei cartellini,
    piene di sangue dolce e virtuale.
    Mi fa ‘pensare’ invece il rapporto non ecologico tra la carta fotografica (sagomata per raggiungere l’ effetto mimetico) e le foglie vere.

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