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Santiago Cucullu: l’imperfetta bellezza del frammento in una doppia mostra a Napoli
Progetti e iniziative
Napoli accoglie l’arte di Santiago Cucullu con un doppio appuntamento espositivo, rivelando l’ampiezza e profondità poetica dell’artista argentino. Due momenti significativi e profondamente interconnessi, in uno spazio indipendente e in un museo di arte antica, ci offrono l’occasione per immergerci nel mondo di Cucullu, un viaggio che attraversa molteplici espressioni creative, per riflettere sul tempo, sulla memoria e sulla cultura.

Bricolage esistenziale da Flip Project
Flip Project, artist-run space situato nel cuore di Napoli in via Giovanni Paladino 8, ha ospitato Statt’ Chiù Sciolto, un’esposizione che incarna pienamente lo spirito dell’artista e la filosofia dello spazio stesso. Il titolo, intraducibile come una singola espressione ma evocativo di un’attitudine, prende forma in un potente wall painting che irrompe nello spazio con i colori decisi del rosso, nero e bianco. Quest’opera, con la sua immediatezza, cattura lo sguardo e introduce immediatamente lo spettatore nel cuore della pratica di Cucullu.
L’espressione centrale, «OH NO OKAY», si staglia come un simbolo di quella precarietà fluida e dinamica tra interruzione e adattamento, tra il caos potenziale e la capacità di riorientarsi istintivamente. Cucullu stesso descrive questo processo come un atto di resilienza creativa, una sorta di bricolage esistenziale: «è come quando qualcosa si rompe e allora lo rimetti a posto alla meglio per farlo funzionare di nuovo…quando improvvisi una soluzione alla situazione».
La mostra è una testimonianza della filosofia che anima spazi come Flip Project, realtà dinamiche e sperimentali capaci di generare allestimenti inaspettati che si evolvono attraverso il dialogo, l’improvvisazione e una vibrante energia creativa. Statt’ Chiù Sciolto è nata proprio da questa sinergia, da un incontro fortuito e dalla volontà di cogliere un’opportunità, resa possibile dalla preziosa collaborazione con la Galleria Umberto Di Marino, che rappresenta l’artista.
Lo spazio espositivo è animato non solo dal wall painting ma anche da una varietà di opere che dialogano tra loro e con il contesto: una scultura metallica essenziale che sorregge un disegno bifacciale, quasi un objet trouvé che assume un nuovo significato nello spazio artistico, e una serie di opere grafiche che intrecciano geometrie moderniste informali con frammenti di linguaggio – conversazioni fugaci captate al volo, citazioni letterarie, brevi narrazioni – riplasmati e decontestualizzati in composizioni essenziali. Oh No OKAY si manifesta così non solo come un’espressione verbale ma anche come un metodo di lavoro, un approccio pragmatico che accetta le circostanze per poi piegarle e renderle funzionali alla creazione artistica.
La mostra, lungi dall’essere una semplice giustapposizione di opere, celebra la capacità di Flip Project di dare spazio a gesti contingenti, presenze inattese e risposte urgenti e autentiche al contesto, riflettendo la vitalità e l’effervescenza della scena artistica contemporanea napoletana e non solo.
Frammenti contemporanei e virtuosismi antichi: Santiago Cucullu al Museo Filangieri
Parallelamente, il Museo Civico Gaetano Filangieri ha inaugurato These Fragments I Have Shored Against My Ruins, una collaborazione significativa tra la Galleria Umberto Di Marino e il museo stesso. Questa mostra crea un dialogo affascinante e stimolante tra le ceramiche contemporanee di Santiago Cucullu e le preziose porcellane antiche della collezione museale, mettendo in relazione due modalità distinte di narrazione attraverso il medium ceramico, un materiale che si fa portatore di storie e memorie.

Cucullu ha iniziato a esplorare le potenzialità espressive della ceramica con la mostra The New Old Days (2018) e ha continuato a utilizzarla con successo per dare forma a frammenti dell’immaginario urbano e uderground, esplorando le tensioni tra individuo e società. Il suo processo creativo si basa sulla trasformazione degli oggetti in dispositivi che ricompongono la memoria, mediando tra la distanza spaziale, il tempo che scorre inesorabile e l’imprevedibilità degli eventi che plasmano la nostra esistenza.

Elementi minimi e apparentemente marginali, spesso trascurati nella frenesia della vita quotidiana, si caricano di nuova vitalità e significato, inseriti in una narrazione aperta e soggettiva, lasciando spazio all’interpretazione dello spettatore. La lavorazione ceramica di Cucullu accoglie con consapevolezza l’imperfezione delle cotture, le rotture accidentali e gli “errori” tecnici, trasformandoli da inconvenienti in elementi espressivi che contribuiscono alla ricchezza del racconto.

In netto contrasto con questa estetica dell’imperfezione, le porcellane del Museo Filangieri, provenienti da prestigiose manifatture come Meissen e la Real Fabbrica di Capodimonte, incarnano la perfezione formale e stilistica, l’apice dell’artigianato e i valori di ordine e continuità che caratterizzavano le epoche passate. Queste opere, perfette e “compiute” nella loro esecuzione impeccabile, riflettono una visione del mondo ancorata nella stabilità della società settecentesca, dove la realtà quotidiana è spesso sublimata e idealizzata in scene idilliache, mitologiche o decorative di grande impatto narrativo. Oggi, queste porcellane si offrono a noi come testimonianze preziose di un passato da reinterpretare attraverso la sensibilità e le inquietudini del presente.

Il titolo della mostra, These Fragments I Have Shored Against My Ruins – Questi frammenti ho puntellato contro le mie rovine – tratto da un verso celebre di T.S. Eliot nel suo poema The Waste Land, diventa un invito a esplorare un dialogo fecondo tra queste due prospettive apparentemente distanti. La mostra suggerisce di considerare anche la tradizione di Capodimonte non come un blocco monolitico e immutabile ma come una giustapposizione di frammenti, schegge di un’epoca che possono essere rilette e reinterpretate alla luce delle nostre contemporanee “rovine” culturali e sociali. In questa prospettiva, le porcellane antiche possono essere viste, al pari delle ceramiche di Cucullu, come tracce di una cultura che pensiamo di conoscere oggettivamente, ma che in realtà necessita di essere costantemente riscoperta e interrogata.

These Fragments I Have Shored Against My Ruins invita quindi a una riflessione profonda e articolata sul modo in cui passato e presente, perfezione e imperfezione, frammento e monumento possono concorrere a una narrazione più ampia e inclusiva, celebrando la discontinuità, la frammentazione e la capacità universale della ceramica di raccontare storie umane attraverso i secoli e le geografie.