03 agosto 2015

Se la periferia diventa centro

 
Al via la seconda edizione della rete per l’arte che lega Abruzzo e Marche. Fuori dai localismi, per creare un unico percorso scandito da tanti artisti

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Si è da poco inaugurata la seconda edizione di Arte in Centro, la rete nata nell’estate 2014 fra Marche e Abruzzo per diffondere tra le due regioni l’arte contemporanea. Un circuito culturale che, all’insegna della condivisione e di una attiva sinergia fra gli Enti promotori, punta al superamento dei campanilismi per mettere al “centro” il contemporaneo nelle sue molteplici forme espressive. Anche quest’anno torna a farlo grazie all’esperienza consolidata dell’Associazione Arte Contemporanea Picena di Ascoli Piceno, della Fondazione Malvina Menegaz per le Arti e le Culture di Castelbasso e della Fondazione Aria di Pescara. Importante è la novità presentata per l’anno 2015: un’unica grande mostra (visitabile fino al 6 settembre), a cura di Andrea Bruciati, distribuita nelle tre sedi di un percorso espositivo diffuso: la Galleria d’arte contemporanea Osvaldo Licini di Ascoli Piceno, Palazzo Clemente e Palazzo De Sanctis di Castelbasso, il Museo delle Genti d’Abruzzo e lo spazio Matta di Pescara. 
Dunque, un ambizioso progetto nel cuore dell’Italia – lungo la direttrice adriatica – a cui il curatore Andrea Bruciati avvicina la forza della parola poetica, subito rintracciabile nel titolo “Qui non si canta al mondo delle rane”, liberamente desunto dal celebre passo di Acerba Aetas, il capolavoro incompiuto del poeta e filosofo Cecco D’Ascoli. Omaggiando l’anelito di ricerca di chi nel 1327 pagò con la vita la libertà di pensiero e di espressione, Bruciati dà origine ad un progetto di grande interesse che mira ad indagare ulteriormente le personalità di alcuni grandi maestri del ‘900 e ad osservare quelle “tracce” della loro ricerca che hanno lasciato un segno “periferico”, ovvero differente nella storia dell’arte italiana per forte identità. 
Arte in Centro, Luca Trevisani, Francesca Grilli, Ascoli Piceno, foto Pierluigi Di Giorgio
Ecco allora la scelta di portare negli spazi espositivi di Arte in Centro le opere di Gina Pane (Biarritz,1939 – Parigi, 1990), Gino De Dominicis (Ancona, 1947 – Roma, 1998) e Pino Pascali (Bari, 1935 – Roma, 1968). L’estro e la creatività di figure storiche del panorama artistico che dialogano con le opere di quindici artisti italiani contemporanei, molti dei quali già conosciuti a livello internazionale: Yuri Ancarani, Rosa Barba, Simone Berti, Rossella Biscotti, Thomas Braida, Pierpaolo Campanini, Francesca Grilli, Diego Marcon, Invernomuto, Luigi Presicce, Agne Raceviciute, Moira Ricci, Federico Tosi, Luca Trevisani, Luca Vitone. Assecondando le consonanze che legano poeticamente i grandi maestri e i giovani talenti, il curatore allestisce gli spazi espositivi nel rispetto delle caratteristiche storiche, architettoniche e paesaggistiche di Ascoli Piceno, Castelbasso e Pescara, dotando la grande mostra di tre ritmi differenti in cui si impongono: la potenza vibratile dell’affondo nella carne di Gina Pane, presente alla Galleria Osvaldo Licini di Ascoli Piceno; l’austerità e l’eleganza misterica di Gino De Dominicis, che domina le sale di Palazzo Clemente in Castelbasso; il segno sempre attuale di Pino Pascali al Museo delle Genti d’Abruzzo, che dialoga con il moderno spazio Matta situato nel cuore di Pescara dove, il gioco sapiente delle luci conferisce un movimento tipico delle rappresentazioni teatrali e lo stupore degli occhi è ciò che resta.
Arte in Centro, Castelbasso, foto di Gino di Paolo
Lo scavo nel gesto artistico qualitativamente “diverso” sembra essere la caratteristica di questo progetto. A confermarlo sono le parole del curatore: «L’arte contemporanea permette di sviluppare un pensiero differente. Ho fatto questo progetto perché credo che nelle aree di periferia – cioè nei territori che non sono abbracciati dalle grandi metropoli e dai grandi musei di arte contemporanea – possa esserci qualcosa di diverso e che anche la sperimentazione e la ricerca possano essere più libere». 
Tre esposizioni, quindi, che invitano i visitatori non soltanto ad una mera osservazione delle pitture, sculture e video-installazioni, ma piuttosto tre esposizioni che nelle loro specificità offrono l’esperienza dell’ascolto musicale e poetico di una rara melodia: quella che si cuce fra la ricerca dei maestri e l’eredità che di essi si rintraccia negli artisti contemporanei.
Pino Pascali, Baco da setola, 1968
«I maestri hanno gettato dei ponti sulle generazioni successive di artisti italiani», afferma Andrea Bruciati. E sulla base di questo assunto si delineano le rime e i contrappunti delle scelte.  Ascoli Piceno accoglie la forza rivoluzionaria delle Actions di Gina Pane, la fragilità che si traduce in pelle erosa e la rosa simbolo di innocenza e maternità. Al suo fianco il videomaker Yuri Ancarani che, con una sensorialità materica  accarezza l’immagine spesso rappresentata nella sua crudezza sociale; Francesca Grilli che crea un innesto di materiali incongrui per cercare il sensibile con attenzione all’atto performativo; Diego Marcon e Moira Ricci che, nelle immagini video e fotografiche, associano la delicatezza alla forza per descrivere le emozioni più intime; Luca Trevisani che espone fotografie in cui sperimenta una materia leggera, organica e sensuale. Castelbasso presenta l’immortale Gino De Dominicis e la sua ossessiva ricerca dell’eternità, collegandolo alla pittura visionaria di Thomas Braida, mossa da un profondo senso di mistero; alle performance di Luigi Presicce, in cui la cultura religiosa si intreccia al simbolismo esoterico; al neoconcettualismo iconico e sintetico di Luca Vitone, le cui opere traducono la più alta e poetica riflessione sul luogo dell’arte; alle opere di Rosa Barba e Agne Raceviciute che indagano lo spazio in senso antropologico, mettendone in risalto movimenti e mutamenti. Infine Pescara, che presenta il disegno virtuoso di Pino Pascali insieme agli equilibri compositivi di Pierpaolo Campanini; ai lavori di Federico Tosi che, attraverso l’uso di materiali diversi, genera variopinte composizioni e paesaggi inaspettati; alle immagini di Invernomuto, segno evidente di una critica dissacrante e pungente; alle “creature” di Simone Berti che vivono su un calibrato gioco fra assonometria e prospettiva; allo scavo nella storia di Rossella Biscotti, definita più volte «archeologa della memoria e del contemporaneo».
Alessandra Angelucci

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