08 novembre 2005

Triennale 4X4

 
Torino ha sempre un asso nella manica. Ed è riuscita a mobilitare forze di cui nessuna altra città italiana dispone, ossia una rete “museale” impareggiabile. Per dar vita a una Triennale che si preannuncia importante. Triennale Torino Tremusei presentata dai protagonisti...

di

Torino è una fucina di idee, è indubbio. Talora è anche pasticciona. Ma, quando mette in campo le proprie risorse istituzionali, riesce a dare una sonora lezione a tutte le altre città italiane. Come in occasione di T1, organizzata dal Castello di Rivoli, dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e dalla Gam sotto l’egida della Fondazione Torino Musei, e ospitata fra l’altro anche dalla Fondazione Merz. Proprio mentre la Fiat si appresta a commercializzare il suo nuovo 4×4, abbiamo rivolto quattro domande ad altrettanti interlocutori, per risposte di quattro righe. Francesco Bonami e Carolyn Christov-Bakargiev in qualità di curatori, Giovanna Cattaneo Incisa, presidente della Fondazione Torino Musei, e Beatrice Merz, presidente della Fondazione Merz.

le domande
1. Se dovessi presentare la Torino Triennale Musei a un neofita delle vicende piemontesi (da Big in avanti)?

2. Il gigantismo di Pantagruel: un commento.

3. Come convinceresti un globetrotter dell’arte contemporanea a venire alla Triennale torinese?

4. Torino e l’arte contemporanea: quali scenari prospetti?



Francesco Bonami

1. Torino e il Piemonte vogliono consolidare la loro politica culturale sull’arte contemporanea intorno a un evento unico e nuovo. La Triennale quindi è un nuovo strumento per sottolineare l’investimento non solo in progetti separati, ma in una visione unitaria legata alla Un ritratto di Francesco Bonami contemporaneità.
2. È la realtà che ci circonda. La mostra è quindi una risposta, ma anche un antidoto alla sindrome della voracità contemporanea.
3. Chi desidera ritrovare il sapore dell’underground e della novità, ma accanto a proposte come Salcedo e Murakami, lo può trovare solo a Torino. In più T1 è un progetto nuovo e anomalo, nato dalla città e nella città, con istituzioni e curatori della città. Un progetto che finalmente non è legato al nomadismo curatoriale.
4. Se continuerà a credere nel suo ruolo di capolista nell’arte contemporanea, che ha investito sia in progetti temporanei che in strutture permanenti, sarà difficile fare meglio in italia.

Giovanna Cattaneo Incisa

1. Questa Triennale, anche se in molte occasioni è stata indicata come l’erede di BIG, in realtà nasce con un programma completamente innovativo. Innanzitutto sono le tre istituzioni culturali più attive sul piano dell’arte contemporanea a Torino che, su invito della Città di Torino, della Regione Piemonte, della Provincia di Torino e con l’aiuto della Fondazione CRT e della Compagnia di San Paolo, si fanno promotori e organizzatori della manifestazione. E questo non era mai accaduto prima. L’esperienza dei tre Musei e la grande professionalità dei due curatori sono la garanzia di una particolare cura scientifica e organizzativa.
Un
2. È significativo che la prima edizione di “T” abbia questo titolo. Come sostengono i curatori, riflette il gigantismo onnivoro che riguarda tutta o quasi tutta l’arte contemporanea. Ma anche il fermento che si respira nella nostra città di questi tempi pre-olimpici mi sembra possa definirsi pantagruelico: tutto freme, tutto si moltiplica, l’attesa e le aspettative sono enormi, tra pochi mesi ormai ci sarà l’arrivo di migliaia di persone di nazione e di lingua diversa, tutta l’opinione pubblica sarà concentrata a Torino, sarà come essere una grande, quasi gigante città al centro del mondo.
3. L’appuntamento con la Triennale coincide con una serie di grandi avvenimenti legati all’Arte Contemporanea. Per questo Torino sarà, soprattutto nel mese di novembre, il centro nevralgico e la meta immancabile per gli amanti del genere ma non solo. Artissima 12 è ormai connotata come la più contemporanea delle fiere d’arte italiane, si accendono come ogni anno le luci d’artista, e molte altre iniziative ruotano attorno all’idea di Torino Contemporanea. Semplicemente non si può mancare.
4. Torino è una città in cui l’arte contemporanea ha sempre avuto una grande importanza: si pensi all’Arte Povera che è nata qui e agli artisti che hanno continuato a vivere e lavorare a Torino. Non si può dimenticare la grande rete rappresentata dalle numerose gallerie e dagli importanti collezionisti. I musei come il Castello di Rivoli, la Gam, la Fondazione Sandretto e anche la Fondazione Merz continuano a lavorare in questa direzione, diventanto un punto di riferimento per il futuro.

Carolyn Christov-BakargievCarolyn Christov-Bakargiev, curatrice della mostra insieme a Bonami

1. Torino è da sempre una città proiettata all’esterno, che tende a “scavalcare le Alpi”. È aperta e curiosa. La nuova triennale di Torino, T1, esprime la volontà di proseguire nella via di trasformarsi da una città solo industriale a una città che accoglie e produce ricerca, innovazione e idee. Una città internazionale, ha musei e fondazioni che si dedicano all’arte contemporanea con la massima professionalità, istituzioni note nel mondo intero. Con la Triennale queste istituzioni collaborano assieme per creare un network ancora piu significativo e flessibile, adatto ai nostri tempi di grandi mostre internazionali periodiche dislocate su ogni continente.
2. Pantagruel è un gigante nato dalla penna di Rabelais nel Cinquecento. Figlio di Gargantua, è infinitamente curioso, un grande viaggiatore e un grande bevitore. Le sue intenzioni sono buone ma ogni tanto non gli riesce qualcosa: da neonato viene allattato da una mucca e succhiando avidamente per errore finisce per sbranare e mangiarsi l’intera bestia; da giovanotto è studente di Legge alla Sorbonne ma non trova nulla di legale nel mondo; mangia troppo e ogni tanto si ammala. È dunque una buona metafora della megalomania e presunzione, da un lato, e della estrema fragilità, dall’altra, che caratterizzano il mondo globalizzato oggi, tra incredibili progressi scientifici e tsunami, uragani e terremoti.
3. Non c’è bisogno di convincere i globetrotter perché sono le opere e le mostre stesse di T1 che li convincono: quando si invitano artisti che sono bravi, interessanti ed emergenti, i globetrotter vogliono vedere le loro opere, e T1 presenta molte opere nuove, inedite ed importanti. Un progetto come Abyss di Doris Salcedo, per esempio, è monumentale e commovente – è l’opera stessa, di cui si parla gia’, che deve essere vista, perché ci cambia e cambia il nostro modo di vedere il mondo. Non si può mancare, semplicemente. C’è anche un buon numero di giovani artisti italiani in mostra, Un e questo è un aspetto che rende l’iniziativa interessante anche per chi è stanco di vedere sempre la solita lista di nomi jet set, che girano da una biennale a l’altra.
4. Penso che grazie alle iniziative crescenti, alla buona qualità della vita, e al decentramento dalle grandi metropoli che prima o poi accadrà, altri giovani menti e artisti innovativi potrebbero venire a vivere presto a Torino, trasformando la città in un nuovo centro per la cultura, com’è successo a New York nel 1945-46, o com’è successo a Berlino dopo il 1989. È necessario agganciarsi alla rete di città emergenti nel mondo, anche fuori da Europa e Usa, con una prospettiva globale.

Beatrice Merz
[ha preferito rispondere a tutte le domande con un’unica risposta]

Presenterei la Triennale come una buona occasione per venire o tornare a Torino, concentrando la propria attenzione su un positivo e accurato “fenomeno di gigantismo” pantagruelico d’arte contemporanea, il tutto condito da uno “scenario collaborativo” che forse, in Italia, solo qui è possibile fruire.

a cura di marco enrico giacomelli


Triennale Torino Tremusei
dal 10.XI.2005 al 19.III.2006
T1 – La sindrome di Pantagruel
a cura di Francesco Bonami, Carolyn Christov-Bakargiev
Rivoli: Castello, Chiesa di Santa Croce, Casa del Conte Verde
Torino: Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Fondazione Merz, Gam
www.torinotriennale.it


[exibart]

16 Commenti

  1. indubbiamente essere a torino adesso dà un’energia introvabile altrove, lo sto sperimentando davvero. se poi si pensa che in questa città ci sono degli affitti ancora incredibilmente bassi, conviene da artisti approfittarne.

  2. Torino è una citta che c’ha messo 50 anni per togliersi da dosso l’eredità di Casorati e ce ne vorrano almeno altrattanti per liberarsi di quella dell’Arte Povera.

    A conferma vedere per esempio:
    1) Artissima che è una fiera torinese e poco internazionale (le gallerie straniere difficilmente ci vanno x 2 anni di seguito).

    2) Castello di Rivoli che è un museo che (salvo rarissime eccezioni) accetta nella propria collezione solo oggettistica “minimal-concettual- poveristica”

  3. Pantagruel è un alibi per mascherare la totale mancanza di idee della MAFIA torinese (come chiamare altrimenti chi usa fondi pubblici per interessi privati), così dopo la dittatura dello spettatore ci tocca assistere a un’altra accozzaglia di terzomondisti senza capo nè coda…oh ma finiranno i soldi delle olimpiadi…

  4. sto concludendo l’accademia qui a to, devo dire che i poveristi noi non li pensiamo neanche più, se non come sfondo storico, ormai non più suscettibile di offrire nuovi spunti. a torino c’è la possibilità di essere sempre ben aggiornati e tra gli artisti della città vi è un buon dialogo e scambio.

  5. brucia e l’invidia morimura? un altro artista frustrato in circolazione? o un critichello? attaccati alla bottiglia di vino che è meglio!

  6. ci tengo a sottolineare che dell’idiota a boris non sono stato io a darglielo…invece gli chiedo , invidia di cosa? di un non sequitur come la Biennale del 2003? o del fatto che è proprio grazie a rassegne così pompose ma vuote che nella lista dei 100 dell’arte (vedi speednews di qualche giorno fa) di italiani appaiono solo un architetto che fa musei non in Italia e Prada? invece perchè non ti leggi i bilanci di una certa fondazione torinese e non vedi con i tuoi occhi da dove vengono i soldi che la sostengono e in cosa vengono spesi…

  7. Caro Carlo, tu non penserai più ai “poveristi” e fai bene, ma stai certo che loro continuano a pensare a te ed a tutti noi…

  8. gente guardate che il bilancio sandretto è pubblico da due anni, certificato da ernst & young e accessibile a chiunque. è l’unica fondazione italiana che lo renda pubblico. io credo sia ottimo scambiare opinioni anche severe, ma parlare di mafia evidentemente non ha senso alcuno, è chiacchiera da bar. ciò che vien così definito alludendo a mosse oscure è il piano strategico di torino, giunta alla formulazione del suo secondo documento. anche queste carte sono tutte pubbliche ed esplicitano a chiare lettere tutto ciò che a torino sta avvenendo. quanto al fatto che poi i musei italiani siano inclini a omaggiare le solite gallerie, questa è una nota dolente che riguarda tutto il territorio nazionale. non capisco dunque l’accanimento antipiemontese. onestamente, se non argomentato, mi pare in mala fede

  9. perdonami, ma il bilancio l’ho visto e per questo obbietto, ma secondo te usare fondi pubblici per mostrare la propria collezione come lo chiami? quello che effettivamente si può dire è che hanno una faccia tosta e una mancanza di vergogna più unica che rara

  10. dissento. una collezione privata può diventare un fatto pubblico di straordinario interesse. credi che abbia danneggiato il pubblico dell’arte o i giovani artisti del territorio e non poter vedere delle opere fondamentali del contemporaneo? evidentemente, tutt’altro. questo accanimento nel distinguere pubblico e privato è un fatto vecchio. la capacità di generare interesse e innovazione non può che nascere da un connubio dei due elementi. ripeto, è quello che viene precisamente tematizzato nel piano strategico di torino, sostenuto da tutte le forze e gli attori regionali (non da ultimo da chi li vota, dunque perchè non rispettare la volontà di un’intera regione?). secondo me sbagli obiettivo. non è il metodo economico imprenditoriale a dover essere criticato, ripeto, ma semmai il coraggio in certe scelte, la capacità di aumentare la propositività, ecc. tutti abbiamo sotto questo aspetto le nostre critiche.

  11. Manuele guarda che non metto in dubbio che una collezione privata possa avere rilevanza, contesto che il denaro pubblico venga utilizzato per promuovere un interesse privato.

  12. morimura, ma c’è sempre l’interesso privato, in qualsiasi azione di arte “pubblica” o che passa per i musei. dall’autopromozione dell’artista alla gratificazione del collezionista che presta le opere e le fa assicurare x un botto in maniera da aumentarne il valore. personalmente non ritengo questo sia uno scandalo, anzi: la leva economica (come diceva il buon carletto marx) muove il mondo, e anche quello dell’arte non fa eccezione.
    il proplema piuttosto è l’interesse di taluni (critici, galleristi) di occupare gli spazi grazie ad amicizie ed intrallazzi…
    x es.può farti anche ribrezzo, ma a me la fondaz.baudengo sembra invece una occasione in più. ce ne fossero…

  13. Non è un problema se esistono numerose istituzioni museali, semmai lo è la loro programmazione, assolutamente omologata sulla linea di Rivoli che, quanto meno, è sorto con un preciso obiettivo e lo persegue con coerenza. La Fondazione Sandretto si muove sulla medesima falsariga, la GAM, con la gestione Castagnoli è completamente sparita dall’orizzonte programmatico del contemporaneo, fatto salvo l’allestimento di alcune personali di matrice anch’essa “rivolese” ( tra l’altro sono otto anni che nessun critico torinese cura alcunchè per questa istituzione). La Sandretto, per non parlare di Artissima, sono realtà private comunque supportate massiciamente da denaro pubblico al contrario di altre sorte prima come il Castello di Rivara, dove peraltro la Sandretto ad inizio anni ’90 ha acquisito il primo nucleo della sua collezione, che non hanno mai goduto di analogo sostegno nonostante la qualità e varietà di programmazione ; potrei citare infiniti esempi di palese sottovalutazione ed oscuramento. Quello che manca a Torino non sono le strutture ma il pluralismo della proposta, male peraltro condiviso con l’intera realtà nazionale. Dopo le Olimpiadi occorrerà razionalizzare gli interventi e porre rimedio a questa carenza : ad onor del vero qualche indizio positivo sembra intravedersi…

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