24 settembre 2012

Una palma contro

 
La mostra dell'artista franco-magrebina Yto Barrada, appena inaugurata al Macro di Roma, è un tagliente atto d'accusa contro la commercializzazione dell'esotismo. E dal Marocco in versione prêt-à-porter, il suo racconto per immagini si allunga verso i paesaggi urbani, coinvolgendo la storia di questo Paese, con i suoi conflitti e le sue stranianti accelerazioni. Che si intrecciano al vissuto dell'artista

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All’entrata della Sala Bianca del Museo Macro di Roma una palma stilizzata e fluorescente di lampadine colorate accoglie il visitatore, Palm Sign del 2010 è il biglietto da visita fintamente allegro che Yto Barrada, affascinante artista franco-magrebina, espone come fosse un manifesto politico. Raccontare storie fa parte del lavoro di questa giovane pasionaria che, soprattutto attraverso la fotografia e il video, ci introduce in quel mondo per noi affascinante ed esotico che è il Marocco. La palma luminosa, ridondante e un po’ kitsch, è la polemica messa in scena dell’attuale commercializzazione selvaggia del Paese venduto agli occidentali come mera meta esotica e il conseguente sconvolgimento del suo paesaggio urbano e botanico.

La ricerca artistica della Barrada è politicamente scomoda, l’arte è un mezzo per raccontare non troppo velatamente il saccheggio delle aree verdi e la sistematica distruzione della natura messa in atto per favorire un’onnivora industria turistica in rapida ascesa. La palma, albero simbolo di quell’area geografica, rappresenta quindi un esempio di resistenza contro il processo di cementificazione devastante per l’ambiente. Questo concetto viene riproposto anche nel video Beau Geste (2009) che ci racconta la storia di una palma-simbolo, ovvero come un piccolo gruppo di temerari riesce a salvare la vita di una palma che stava per essere abbattuta per rendere edificabile un’area verde. Gli scatti di Yto Barrada sono intensi, profondi, arditi e ci parlano di un mondo in evoluzione segnato da profondi contrasti sociali e culturali, senza però mai scadere nel melodrammatico o nella facile spettacolarizzazione della povertà.

Il titolo della mostra “RIFFS” (fino all’11 novembre) è anch’esso un riferimento alla geografia del Marocco e alla sua storia, la parola richiama la catena montuosa del Rif, nel nord del Paese, dove dal 1921 al 1926 fu combattuta una sanguinosa guerra coloniale che contrappose le tribù del luogo agli eserciti francesi e spagnolo. Le Rif è anche il nome della Cinémathèque de Tanger, un luogo speciale di archiviazione, di memorie, incontri e produzione culturale fondato e diretto da Yto Barrada nel 2003, ma “riff” è anche, e soprattutto, una frase musicale, cioè una successione di note con una propria identità espressiva che si ripete frequentemente all’interno di una composizione e che viene utilizzato di solito come accompagnamento. Ovvero un “refrain” e infatti proprio come un “refrain” i temi sociali, narrativi, seri o ludici, reali o sospesi fra immaginazione e verità, che come linfa nutrono il lavoro di Yto Barrada, si ripetono alternandosi ritmicamente lungo tutte le opere in mostra.

Realtà, immaginazione, miti e credenze popolari si mescolano e si fondono per mettere in scena un mondo complesso in cui i paesaggi urbani si sovrappongono a quelli naturali e in cui le memorie intime e personali dell’artista si incrociano con la storia di un Paese che è ancora in fieri. La serie di foto Murs rouges del 2006, presenta degli scorci geometrici di case popolari imbiancate a calce o fatte di mattoncini rossi che nella loro irreale e geometrica perfezione ricordano le costruzioni colorate di legno dei bambini che, in grande scala, l’artista propone anche come installazione ambientale (Lyautey Unit Blocks, 2010), un’opera che a sua volta richiama i disegni realizzati nel primo decennio del Novecento dal generale Louis Hubert Gonzalve Lyaute per favorire l’urbanizzazione del Paese senza stravolgere l’identità culturale e geografica di un territorio incastrato fra il mare e il deserto.

La mostra presenta tanti frammenti di un mondo bloccati dallo scatto fotografico nella loro intrinseca unicità, bambini immersi nei giochi di strada, una realtà anacronistica per le megalopoli occidentali, ma che ancora resiste nelle strade di Tangeri, una montagna di mattoni che attende di assumere la forma di una casa, particolari della natura rigogliosa e selvaggia, piccole schegge di un mondo antico che oppone una sorta di resistenza passiva, ma inesorabile, alla realtà del processo violento e apparentemente inarrestabile dell’omologazione. La felice sovrapposizione di racconti familiari, favole e credenze popolari con la Storia, quella con la s maiuscola ma riferita ai vinti e a tutti quelli che normalmente non hanno voce in capitolo nei libri di testo, la troviamo perfettamente realizzata nel video del 2011 Hand-Me-Downs, un collages di filmini amatoriali in super 8 trovati negli archivi della Cinemathèque, che riarticola luoghi, suoni, immagini e significati in una sorta di onirico mémoir autobiografico.

La Memoria e l’oblio, la storia e le mitologie, i dettagli banali della vita quotidiana e i superbi scorci di una natura ancora incontaminata si intrecciano, si frammentano e si rifrangono nei lavori di Yto Barrada che, nella loro visione d’insieme, trasformano la mostra in una sorta di grande caleidoscopio ricco di suggestioni, di stimoli intellettuali e di riflessioni sociali.

Yto Barrada è la vincitrice del premio “Deutsche Bank’s Artist of the year 2011” un importante riconoscimento per i giovani artisti che si sono distinti sulla scena globale per l’incisività e l’originalità del loro lavoro, che deve essere ispirato a tematiche di tipo sociale e che privilegi come medium espressivo le opere su carta. Penso che questo premio sia davvero speciale perché non è solamente un mero riconoscimento economico ma, soprattutto, offre la concreta possibilità al vincitore di inserirsi nel sistema dell’arte contemporanea internazionale con l’organizzazione e la produzione di una importante personale che inaugura al Deutsche Guggenheim di Berlino e che poi viene ospitata e ripensata in altre istituzioni museali internazionali. La mostra è ovviamente accompagnata da un catalogo editato in edizione speciale e, last but not least, una ricca selezione dei lavori in mostra vengono acquistati dalla Banca per arricchire la collezione Deutsche Bank. Insomma, il sogno di ogni giovane artista. Grazie alla partnership cominciata quest’anno fra MACRO e Deutsche Bank, per presentare nel nostro Paese degli importanti artisti internazionali, la mostra di Yto Barrada è stata portata per la prima volta in Italia.

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