27 giugno 2019

Arte contemporanea con Chianti classico. Yahon Chang ci parla di Art of the Treasure Hunt

 

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Giunto alla quarta edzione, “Art of the Treasure Hunt”, progetto espositivo a cura di Maria Rus Bojan e con il titolo “From Where Comes Your Voice?”, ha portato diversi artisti provenienti da sette Paesi in alcune delle più prestigiose cantine del Chianti Classico: Castello di Brolio, Castello di Volpaia, Borgo San Felice, Colle Bereto, Felsina e Villa di Geggiano. Fino al 15 ottobre, questi gioielli tra le colline toscane ospiteranno le opere di Eric Baudart, William Brickel, Edson Chagas, Yahon Chang, Martin Creed, Liz Deschenes, Mark Handforth, Richard Long, Nathalie du Pasquier, Olympia Scarry, Augustas Serapinas, Raqib Shaw, Lucy Stein, Su-Mei Tse, Luc Ming Yan, Yan Pei-Ming e Zheng Zhou.
Aperta dal primo giugno, “Art of the Treasure Hunt” sarà inaugurata ufficialmente oggi, alle 17.30, con le performance di Yahon Chang a Palazzo Strozzi. Si continuerà domani, con l’intervento della Joan Baixas Company di Barcellona, a Castello di Brolio e Colle Bereto.
Di Yahon Chang, oltre alla performance, potremo vedere anche una mostra, sempre a cura di Maria Rus Bojan, a Castello di Brolio e Felsina, per approfondire la sua ricerca. Abbiamo raggiunto l’artista taiwanese, nato nel 1948, per farci raccontare la sua performance e la sua ricerca.
Perchè ha deciso di partecipare a “Art of the Treasure Hunt”?
«La mia partecipazione a “Art of the Treasure Hunt” deriva dal fatto che mi piace fare mostre e performance in spazi imprevedibili. Il mio lavoro è, per natura, site specific e, in contrasto con lo spazio sterile di una galleria, Palazzo Strozzi e le cantine della regione del Chianti offrono uno sfondo ricco di pathos e di storia. Gli interni del Castello di Brolio, la più antica cantina d’Italia, e Felsina, un luogo di riposo per i pellegrini risalente al Medioevo, offrono un’entusiasmante opportunità per l’installazione del mio lavoro.
Gli spazi, collocati nell’aperta campagna toscana, permettono alle opere di respirare, e la tranquilla ambientazione permette al pubblico una riflessione filosofica, un elemento a cui ambisco sempre nel mio lavoro. Sono molto emozionato per questa partecipazione, in cui i miei lavori saranno esposti assieme a quelli di artisti di livello mondiale, come Martin Creed, Richard Long, Raqib Shaw e Yan Pei-Ming ».
Che lavoro presenterà a Palazzo Strozzi e su cosa sarà incentrato?
«Come in tutti i miei lavori performativi, la mia performance a Palazzo Strozzi mira a sfidare e reinterpretare le convenzioni della pittura. Dipingendo in un modo altamente gestuale, lavorerò direttamente su tele adagiate sul pavimento. Utilizzerò pennelli larghi e le mie pennellate saranno unite a movimenti dell’arte marziale Tai-Chi e, come sempre, lavorerò in modo rapido. I miei lavori sono sempre spontanei e site specific, così, fino a quando inizio a dipingere, non posso prevedere con esattezza l’esito finale, ma spero che per il pubblico sia proprio questo l’elemento interessante».
Può sintetizzarci la sua ricerca?
«Al centro del mio lavoro c’è il mio desiderio si esplorare la natura umana, senziente, e la ricerca della più alta spiritualità. Questo fa eco alla filosofia di vita della dinastia Song e della letteratura del periodo, che hanno sempre ispirato la mia ricerca. Ho studiato molti maestri della calligrafia corsiva delle dinastie Song e Tang, che continuano a ispirare la mia pratica. Sono profondamente ispirato anche dalla fede cristiana, che mi ha insegnato a godere la vita in modo più aperto rispetto a quanto io facessi precedentemente.
Invece che impegnarmi in ricerche attive, spesso mi siedo tranquillamente nel mio studio, ispirato dal Tai-Chi. Le mie pennellate includono movimenti delle arti marziali per poter far fluire il “chi” (la morbidezza senza rigidità, la morbidezza con la resistenza). In questo modo la mia ricerca dà forma alla mia filosofia e alla mia pratica, ma in ultimo è la spontaneità a dare forma alla mia arte». (Silvia Conta)

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