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In attesa di un commento sull’elezione del conservatore Boris Johnson come Primo Ministro della Gran Bretagna, Banksy dovrà vedersela contro una denuncia penale per imbrattamento. A finire sotto accusa, il suo murales realizzato a maggio, a Venezia, sulla parete di un palazzo disabitato e affacciato su Rio Novo, a San Pantalon, a due passi da campo Santa Margherita.
L’edificio è di proprietà privata ma, come molti edifici in Laguna, è vincolato dalla legislazione storica e artistica. E così la Soprintendenza non ha potuto fare a meno di denunciare l’episodio, come da prassi regolare. D’altra parte, la legge deve essere uguale per tutti.
La paternità dell’opera fu rivendicata sulla pagina Instagram ufficiale dello street artist anonimo più famoso al mondo – e considerato ufficialmente l’artista più amato dagli inglesi – in contemporanea con la performance organizzata nel bacino di San Marco, la bancarella senza permesso di esposizione, poi fatta sgomberare dalla polizia. Il murales rappresenta un bambino con un giubbotto salvagente e i piedi immersi nell’acqua, con in una mano un razzo segnaletico. Immediatamente l’agenzia immobiliare Engel&Volkers, proprietaria dello storico palazzetto, aggiunse sul suo sito internet le fotografie dell’opera, insieme all’annuncio di vendita, al modico prezzo di quattro milioni e mezzo di euro.
La denuncia è partita nei giorni immediatamente successivi alla comparsa del murales, presentando alla Procura di Venezia un fascicolo contro ignoti – cioè Banksy – per violazione del decreto 42/2004, che impone la richiesta di un’autorizzazione per intervenire, con decorazioni pittoriche, sulle pareti dei palazzi vincolati. Ma è la stata la stessa Soprintendenza a specificare che si tratta di opera d’arte e non di un episodio di vandalismo, al punto che se il proprietario del palazzo volesse effettuare dei lavori sulla parete, dovrebbe prima fare in modo di tutelare il murales. Sembra un paradosso burocratico ma, volendo essere ragionevoli, si tratta di passaggi legislativi necessari.
E così, a seguito della valutazione artistica dell’opera, oltre che dell’impossibilità di risalire all’identità di Banksy, la procura di Venezia, con il pm Federica Baccaglini, ha già chiesto l’archiviazione del caso, anche se l’ultima parola spetterà al giudice per le indagini preliminari.