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Lo spirito del luogo è l’indizio primario con cui leggere Palmi ra, nuova opera di Flavio Favelli che, dopo i manifesti dei Campioni al Porto Fluviale di Roma torna a lavorare su un muro.
Siamo in Sardegna, a Iglesias, dove l’artista nato a Firenze nel 1967, ha tenuto un seminario come visiting professor alla Scuola Civica d’Arte Contemporanea, e il risultato – in collaborazione con gli studenti del Summer Program, coordinati dal Collettivo GiuseppeFrauGallery – è una nuova opera pubblica: un wall painting sul muro del Mercato Civico, luogo che soffre sia la concorrenza di altri centri commerciali, che un inarrestabile degrado urbano.
Il soggetto? Il marchio del tonno Palmera – fino a poco tempo fa prodotto proprio in Sardegna – e che ha trovato forma attraverso una lunga striscia rossa (come la carta che avvolge una scatoletta) il claim “Fatto come piace a noi italiani” e, appunto, il logo lievemente cambiato: la E è diventata una I, e così Palmera diviene Palmi ra.
Ancora una volta uno scardinamento di linguaggio attraverso un semplice segno, e una memoria collettiva che viene trasmutata e cortocircuitata con le tensioni del presente: uno slittamento quasi drammatico, mitigato dallo slogan che, come fondamentalmente tutti gli slogan, non ha un vero e proprio senso, ma accompagna il prodotto.
«Conoscendo bene la pubblicità, non potevo non cogliere la relazione fra Palmera e Palmira, visto che la seconda, dallo scorso maggio, è su tutti i giornali. Come studente di Storia Orientale all’Università di Bologna, andai nel 1988 in Siria e visitai Palmira: allora in Italia pochi sapevano cosa fosse l’Islam, la Siria e soprattutto, a parte i seguaci di Sabatino Moscati, grande divulgatore dell’archeologia, Palmira. Ora, che il distratto Occidente, in pochi giorni, abbia assunto Palmira, un sito archeologico remoto da turismo e interesse, come caposaldo della nostra civiltà e memoria, l’ho trovato strano e bizzarro. D’altra parte sui nostri media ad ogni terremoto leggiamo prima la lista della perdita dei monumenti che quella delle persone. E quante volte sulla crisi greca sono state accostate immagini di vasi antichi e la facciata del Partenone. Palmira, quindi, da un ammasso di pietre polverose e qualche colonna, nel deserto siriano, si trova improvvisamente in prima pagina sui nostri giornali. Spontaneamente ho associato i due nomi, così simili, e cosi diversi, ma che entrambi fanno parte da decenni della mia cultura personale, del mio immaginario, della mia esperienza», spiega l’artista.
Un’opera pubblica, a 50 anni dal murales di Aligi Sassu, che è divenuta anche rito collettivo, con studenti dell’accademia di belle arti, disoccupati, casalinghe e artigiani all’opera per contribuire a dare un piccolo volto nuovo a Iglesias. E per avere sotto gli occhi un’altra immagine del proprio presente.