07 settembre 2018

Contratti poco chiari e paghe basse. Polemica sulla mostra di Marina Abramovic a Palazzo Strozzi

 

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In questi giorni, Marina Abramović è tra gli ospiti illustri del Lido di Venezia, in occasione della presentazione del documentario di Hermann Vaske, Why Are We Creative?, ma sembra che una marea di polemiche si stia sollevando intorno a Palazzo Strozzi, sede della sua attesissima mostra, “The Cleaner”, in apertura il 21 settembre. In un articolo pubblicato giovedì, 6 settembre, da Linkiesta, si racconta infatti della situazione contrattuale poco chiara nella quale versano danzatori, attori e performer, selezionati a fine agosto per il reenactment delle azioni più famose della pioniera della performance art. 
Si tratta di lavori che richiedono concentrazione e resistenza e, in molti casi, della durata di diverse ore ma, secondo quanto riportato da Linkiesta, la retribuzione per tali prestazioni sarebbe sproporzionata al ribasso. Per esempio, per Luminosity, performance del 1997, in cui Abramović siede in precario equilibrio su un sellino da bicicletta all’interno di un quadrato luminoso per trenta minuti, il pagamento proposto ammonterebbe a 30 euro lordi, mentre per Cleaning The Mirror, del 1995, durante la quale uno scheletro umano viene meticolosamente pulito per quattro ore, sono previsti 72 euro lordi. 
Ma i problemi sarebbero iniziati già a monte, a partire dalle selezioni. La call per il casting è stata lanciata lo scorso maggio e i provini, ai quali hanno partecipato performer provenienti da tutta Europa, sono durati tre giorni, dal 20 luglio, alla presenza dell’assistente personale di Abramović, Lynsey Peisinger. «Dopo numerosi rinvii – scrive Lidia Baratta, autrice dell’articolo – l’esito della selezione dei 35 performer viene comunicato solo il 26 agosto, a meno di un mese dall’apertura ufficiale della mostra e delle preview per stampa e operatori. Di paghe e monte orario si comincia a parlare solo a questo punto in un’email – che abbiamo avuto modo di visionare – in cui la Fondazione Palazzo Strozzi elenca le cifre previste per ciascuna performance. Senza specificare forme contrattuali, e senza prevedere diaria, rimborsi spese per il viaggio, né alcuna indennità». 
Le discussioni sulle condizioni contrattuali vanno avanti sempre via mail, con gli artisti che, a fine agosto, inviano anche una lettera collettiva nella quale sono specificate le loro richieste: «Ci saremmo aspettati che il totale netto mensile per ciascun performer impegnato raggiungesse i 1000 euro». Domenica, 2 settembre, la Fondazione comunica di aver deciso di concedere un rimborso spese mensile di 30 euro, «dando però un ultimatum agli artisti: la fondazione avrebbe escluso chi non rispondeva con una email di conferma entro le 18 di quel giorno», continua l’articolo. Ma una comunicazione del 4 settembre cambia ancora le carte in tavola: «Dopo aver analizzato le vostre richieste sotto l’aspetto della sostenibilità economica, essendo la Fondazione Palazzo Strozzi tenuta a rientrare all’interno di budget di spesa allocati, non possiamo purtroppo condividerle. Pertanto abbiamo ritenuto opportuno estendere l’applicazione del nostro contratto collettivo del Settore Terziario nelle forme del contratto a chiamata». 
Si cambia anche per il rimborso viaggio, ritirando l’offerta precedente di 30 euro e avanzando un pagamento una tantum, a seconda che si arrivi dall’estero, dalla Toscana o da fuori regione. E a questo punto, non potendo assumere tutti gli artisti, c’è bisogno anche di una nuova scrematura e i 35 selezionati sono ancora in attesa di capire se dovranno presentarsi l’8 settembre a Firenze, per cominciare la settimana di training prevista prima di dare avvio alle prove. 
«Abbiamo partecipato al casting non per arricchirci, ma soprattutto per motivazioni umane e professionali», hanno dichiarato gli artisti a Linkiesta. «L’opportunità di ricevere come patrimonio l’esperienza di Marina Abramovic è incommensurabile, per questo abbiamo chiesto anche solo la paga minima. Ma siamo tutti professionisti, questo è il nostro lavoro e va rispettato. Di certo non è il clima che si saremmo aspettati per un’esperienza del genere, considerata la portata internazionale del progetto e il coinvolgimento di una fondazione che dichiara come sua mission quella di diffondere l’arte e la cultura. A quanto pare sulla pelle di chi la fa». 
Abbiamo contattato la Fondazione Palazzo Strozzi e siamo in attesa di una replica.

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