14 ottobre 2010

Da Londra: il sesso in prima fila di Christoph Buchel per Hauser & Wirth

 

di

Christoph Buchel - Consumed by Desire
Cosa ci fanno quelle riviste pornografiche vintage “sbattute” in piena faccia alle migliaia di persone che entrano alla preview di Frieze Art Fair? Hauser & Wirth non fa sconti e pone in posizione avanzata l’opera Consumed by Desire di Christoph Buchel, incentrata sulla mercificazione dei corpi, il sesso come tabù, come feticcio, come epifenomeno della violenza di un Occidente represso e pronto a scoppiare in nuovi travolgenti edonismi.
L’installazione è di quelle che non passano inosservate e magari segnano un nuovo confine, sempre più spostato verso l’osceno. Abbiamo giudicato “spinto” il Richard Prince degli amplessi, così come i Nudes di Thomas Ruff. Sappiamo di quella famosa masturbazione di Vito Acconci e della mise en scene del sesso da parte della Valie Export di Genital Panic. Anche i Bush sodomiti-sodomizzati di Paul McCarthy, però, perdono “rigore” di fronte alla pura semplicità dell’opera di Buchel, rispetto a cui il Mapplethorpe diabolico dell’autoritratto con frusta, piantata lì dove non batte il sole, in fondo va catalogato sotto la categoria di classicismo (di genere, certo!), mentre i Gelitin che si “orinano” addosso al Teatro Regio di Torino (2009) si rivelano per quel teatro dell’assurdo che sono, lasciando che sia il film Blow Job di Warhol a rappresentare una delle punte estreme del sesso nell’arte (ma in modo anti-pornografico).
L’opera di Buchel invece denuncia la crudezza del proprio desiderio mercificato e mercificante. La sua collezione di riviste pornografiche e messa in bella mostra senza censure e senza pudore, senza avvisi e senza filtri, a rappresentare il suo essere “vittima del desiderio”. Ma la cosa più curiosa è la non-reazione del pubblico. L’arte contemporanea si evolve, le emozioni si chetano. Questo Circo Barnum in cui tutto è permesso, ha valore proprio per ciò che ai più sembra il motivo per denigrarlo, per non volerlo capire. Da qui deriva il suo aspetto più lascivo, goliardico. È su questa totale libertà infausta, insensata, impudica e bislacca, che questi reperti vintage della pornografia mondiale, collezionati dall’artista, finiscono per somigliare un po’ a quei corner nei giardini dove a turno tutti sono liberi di pontificare da un piccolo palchetto improvvisato.
Frieze sembra lasciare questo spazio, la scena è di coloro che vogliono prendersela. Segno di grande liberalità, e di una certa voglia di provocare. Alcuni anni fa furono alcuni cavalli impagliati, con falli eretti e donne in pieno deliquio orgiastico, ad inscenare l’osceno, poi venne (meno pornografico, o forse molto di più!) un bellissimo video dedicato alle mogli vecchie, rifatte e felici dei grandi produttori hollywoodiani. Infine questa “consunzione nel desiderio” di Buchel, che sbatte in piena mostra pratiche sessuali sconcertanti ed estreme, ospitate in pole position (niente retrovie o stanze appartate) da una delle maggiori gallerie di Londra. La facilità d’accesso a questo osceno neutralizza però l’”effetto pruderie”. Illuminata con fari potenti, la pornografia diventa un elemento costituente del panorama visivo contemporaneo. Non occorre parlare di sdoganamento, qui siamo in piena banalizzazione, al limite del purovisibilismo, se non fosse per quel titolo che tradisce un’intenzione simbolico-concettuale di trasformazione della materia visiva, il sesso come performance, in simulacro di un desiderio etero-guidato che però non “epate” più “les bourgeois”. Anzi, questi si avvicinano al tavolo di lavoro dell’artista con compiaciuta indifferenza, con una sazia curiosità.
L’arte, forse, non scandalizza più, almeno fino a quando non si sorpasseranno altre frontiere, ma per allora, credo, la realtà che sempre minaccia quel fortino sgangherato che è l’arte contemporanea, avrà provveduto ad anticipare ogni cosa, neutralizzando l’impatto e lasciando che il pubblico vaghi intorno all’osceno come colorati pesci in un acquario che è sempre più vasto, ma ripetitivo. (nicola davide angerame)

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6 Commenti

  1. “Dove non batte il sole”: espressione da maestra elementare di un secolo fa. Ovvero, parlare di pornografia, di sesso banalizzato, con linguaggio da oratorio.

  2. Mercificazione ad una fiera di arte, mi sembra normalissimo,

    poi il problema non e’ la mercificazione,

    tutto ha un prezzo, poi non e’ forse la piu’ antica transizione socioculturare fra uomo e donna?

    il problema e’ che il sesso rende felici e al potere/religioni la liberta’ di essere felici non va molto a genio …

  3. E perchè dovremmo “scomporci” o emozionarci di fronte a questa “presunta opera d’arte”?
    Veline, Escort, Grande Fratello, ecc……..
    ci hanno oramai abituati all’indifferenza, ed
    haimè alla VOLGARITA’.

  4. la pornografia è il tema primario dell’oggi…parlo in particolare di quella subdola, strisciante, unta, che avvolge come una pellicola tutto il vasto mondo delle immagini in cui siamo immersi…l’arte e la filosofia ne hanno preso atto da tempo

  5. la pornografia (quella standard dei giornaletti del tipo lilli carati li rende svuotati) è vista essenzialmente da gente che non scopa o che quando scopa lo fa male, ma anche dai 13enni volendo. quindi chi l’ha esposta alla fiera non può che rientrare in una delle categorie sopracitate, quasi sicuramente è un suoro inconsapevole o una pretessa con un cervello monocellulare. la terza ipotesi è che sia un fake come cattelan che si diverte a far qualcosa per vedere la reazione della gente, tipo un coglione che lancia i sassi dal cavalcavia e Torna Subito dopo che il cadavere è stato portato via.

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