26 ottobre 2014

Fondation Louis Vuitton. Porte aperte sull’arte, nel mastodontico edificio progettato da Gehry. Vi portiamo in visita

 

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Iwan Baan for Fondation Louis Vuitton ©Iwan Baan 2014

Il grande vascello dell’architetto Frank Gehry ha spiegato le vele, la Fondation Louis Vuitton o più chiaramente Fondazione per l’Arte Contemporanea ha aperto le sue porte durante il fine settimana della art week parigina con grande successo di pubblico. Voluta da Bernard Arnault presidente e CEO della LVMH luxury group, l’architettura è composta da quattro terrazze e giardini pensili, undici gallerie, uno studio, una libreria, un auditorium, una cascata con passeggiata e un ristorante, il tutto immerso nel Bois de Boulogne, a Neully sur Seine, terra di Impressionisti e dove tempo addietro i reali francesi cacciavano. Un’enorme nave di vetro che riflette l’ambiente verdeggiante che la circonda, e che conta 19mila pannelli e 3mila 600 vetri, con giunture e travi a vista, blocchi bianchi rivestiti di fibra. Gehry (1929, Toronto) è una delle figure  maggiormente innovative nel campo dell’architettura contemporanea, e tra i suoi lavori basta ricordare il Guggenheim di Bilbao e il Disney Concert Hall a Los Angeles, e non è un caso che attualmente il Centre Pompidou lo consacra con una mostra aperta fino al 26 gennaio. I progetti culturali della Fondazione Louis Vuitton sono molteplici, molta arte contemporanea ma non solo, anche concerti e quant’altro. Per l’apertura della Fondazione LV le undici gallerie accolgono opere di nomi noti, che vanno da Ellsworth Kelly con le sue magnifiche opere coloratissime che riempiono l’auditorium, accompagnate dai suoni elettroacustici di Florian Hecker, con l’effetto garantito soprattutto grazie alla grandiosità dello spazio architettonico. Interessante il lavoro di Taryn Simon A Polite Fiction (2014): tra testi, fotografie ed oggetti quest’opera di carattere antropologico, sviluppa la memoria del cantiere di Frank Gehry attraverso quelli che hanno partecipato ad edificarlo. Ma ecco il caleidoscopio gigante di Olafur Eliasson, Inside the Horizon (2014), composto da 43 colonne di forma triangolare, di cui due facce sono specchi mentre la terza è di color giallo, tra gioco di luci e riflessi lungo il corso d’acqua che accompagna il colonnato. Da non perdere di certo la mostra sul progetto della Fondazione, dove sono presenti modellini e documenti vari. Tra le gallerie incontriamo anche diverse opere di Gerhard Richter tra cui Strips (2011), parte di una serie di lavori tra foto e pittura. Seguono Bertrand Lavier, John Giorno e Pierre Huyghe con il video A journey that wasn’t, 2005: qui siamo nell’Antartico dove l’artista filma lo scioglimento dei ghiacci per mostraci lo sconvolgimento della fauna. Infine Christian Boltanski, con 6 Septembres (2005), data di nascita dell’artista, che diventa in questo caso filo conduttore per rilegare insieme eventi disparati, politici e di società, che vanno dal 1944 al 2004. Questi sono visti attraverso una tripla proiezione e 3 pulsanti di telecomando, grazie ai quali si può interrompere il susseguirsi frenetico di immagini perlopiù tratte da telegiornali e da filmati storici. La Fondazione Louis Vuitton rinforzerà ed accrescerà la vivacità culturale, innescando nuove prospettive nel presentare l’arte? Questo è ancora tutto da vedere. (livia de leoni) 

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