02 aprile 2019

Giacomo Leopardi in Vico Pero, Napoli. L’Artista Abitante, nelle parole di Eugenio Giliberti

 

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C’è una strada di Napoli, non troppo ampia o luminosa, intitolata a un albero che adesso non c’è più. Ma quando Giacomo Leopardi vi trascorse gli ultimi due anni della sua vita, dal 1835 al 14 giugno 1837, vico del Pero era circondato da campi e orti e il traffico veicolare non poteva ostruire la regale via che conduceva alla maestosa Reggia di Capodimonte. Possiamo comunque immaginare via Santa Teresa, tutto il Quartiere Stella, la Sanità, come aree piuttosto affollate anche in quei tempi senza doppie file e semafori, ricche di voci e accadimenti eclatanti e minuti, dolcissimi e asprissimi, che non potevano sfuggire al grande scrittore, eccellente osservatore della vita. Eugenio Giliberti, che in vico del Pero – o vico Pero, che in effetti suona meglio – vive ormai da diversi decenni, ha ascoltato queste storie e, partendo dalla persistenza leopardiana nella memoria della strada, ne ha rintracciato le radici in un tempo distante e che continua ad agire imperterrito nei modi e nei pensieri degli abitanti quotidiani. Nasce così, da una gestazione paziente, eventualità oggi piuttosto rara, quindi preziosa, il Progetto Artista Abitante, del quale Giliberti, da sempre impegnato in progetti ad alto gradiente civile, ci ha descritto antefatti e speranze. 
Il progetto Artista Abitante si è sedimentato nella tua ricerca, nel corso di diversi anni. Quali strade ha percorso e come si è sviluppato? Che forme assumerà nei vari appuntamenti? 
«Per un certo periodo, nei primi anni del nuovo secolo, esaurita l’esperienza dello studio comune con il mio vecchio amico Sasà Giusto, la mia casa di vico Pero ritornò ad essere anche luogo di lavoro e, come all’inizio del mio percorso di artista, si impose come soggetto di opere. Non più come luogo fisico ma come parte del piccolo sistema urbano nel quale si trova, in cui si incrocia la vita anonima della città e quella appartata e comunitaria del vicolo, le memorie e i talenti delle persone. Sapevo che diverse delle famiglie abitanti erano radicate lì da diverse generazioni e che alcuni conservavano qualche ricordo indiretto degli anni di permanenza di Antonio Ranieri e Giacomo Leopardi nel modesto appartamento di Vico Pero. Cominciai a leggere biografie – prima di tutto “sette anni di sodalizio” di Antonio Ranieri – a cercare di riconoscere luoghi, ad immaginarli. Mi interessai alla ricostruzione della vita materiale di Leopardi nei suoi due anni di permanenza. Pensai che sarebbe stato interessante renderne partecipi gli altri abitanti attraverso un’azione eclatante che portasse loro e il loro luogo al centro dell’attenzione cittadina, così immaginai la trasformazione della brutta e malridotta facciata del palazzo in un enorme manoscritto. 
Per molto tempo il progetto sembrava non riuscire a trovare una via di realizzazione. Ormai quando non mi aspettavo più che potesse interessare a qualcuno, si è aperto prima uno spiraglio e ora siamo al lavoro. Abbiamo cominciato con un incontro a numero chiuso che è servito a notificare a un piccolo gruppo di amici l’inizio delle operazioni. Seguirà a brevissimo una mostra presso Intragallery poi, mentre si metteranno a posto gli aspetti amministrativi con gli enti finanziatori, si intraprenderanno le varie attività necessarie: filmare interviste con le persone del luogo, avviare i lavori della redazione del libro destinato agli abitanti del circondario ecc. quindi si passerà alla realizzazione del “manoscritto” sulla facciata del palazzo prospiciente Via Santa Teresa e alla creazione della segnaletica virtuale tra i “luoghi leopardiani”. La presentazione dell’opera sarà una festa accompagnata dalla recitazione di lettere di argomento pratico e familiare scritte durante il suo soggiorno napoletano». 
Hai già lavorato in altre occasioni sulla figura di Giacomo Leopardi? Quanto è attuale il suo pensiero e quanto ha influito nel tuo percorso artistico e di vita? 
«Ci sono state altre occasioni in cui il mio lavoro “con” Leopardi ha avuto momenti di pubblicità: dalla prima pubblicazione su Artalgia, rivista tascabile di Mauro Pansera, alla presentazione pubblica in Castel Nuovo nel 2007, alle mostre “Due pesi gemelli” del 2010 (Palazzo Bagnara, Fondazione Morra); “Le stanze di Aurelia” (curata da Angela Tecce nel Palazzo ducale di Martina Franca) del 2012, “ho le mani impegnate sto pensando”, antologica del 2013 (curata da Claudio Libero Pisano nel Castello di Genazzano) e altre. Insomma c’è un capitolo della mia biografia artistica che ho dedicato a Leopardi, si chiama “progetto di artista abitante” e accompagna l’evoluzione del mio lavoro senza soluzione di continuità Mi colpisce particolarmente come il pensiero e la biografia dello scrittore, ci raccontino di un tempo lontano 200 anni in cui possiamo specchiarci come fosse ieri. Colpisce che la posizione dell’artista e dell’intellettuale nella società si perpetui nelle medesime sofferenze e contraddizioni e come il pensiero laico razionale e indipendente sia sempre insidiato e ostacolato. Non so dire se l’incontro con Leopardi mi abbia cambiato. So che mi ci sono dedicato affettuosamente». 
Il progetto coinvolge realtà diverse del mondo della cultura e dell’arte a Napoli, inoltre prevedrà un fitto dialogo con il contesto di riferimento, l’area compresa tra vico Pero e via Santa Teresa degli Scalzi, nel quartiere Stella, che è tra le zone più vivaci – e da scoprire – della città. In che modo dialogheranno questi ambiti? 
«Il dialogo tra i molti soggetti diversi sarà una conquista del giorno per giorno. Il suo svolgersi è parte dell’opera che è sostanzialmente un’opera di processo – per questo confido molto nella collaborazione di Mario Kontrolab che ha già avviato il lavoro di documentazione. In questa fase il coordinamento è svolto dalla direzione di Intragallery, ma la complessità del progetto impegnerà tutti. La Fondazione Morra che ha una forte vocazione alla “politica” del territorio, sarà elemento di collegamento con le istituzioni; Dafna, che ha sede nel Palazzo di fianco al civico 2 di Vico Pero è il luogo dove è naturale che si coordino le operazioni al momento della realizzazione dell’opera sulla facciata del palazzo e delle iniziative collegate all’inaugurazione. La ricerca che è parte integrante del progetto e che sarà pubblicata nel libro coinvolge studiosi di vari ambiti, gli abitanti, il condominio del civico 2. Non sarà semplice ma l’entusiasmo delle persone che stanno offrendo volontariamente la loro collaborazione e delle Istituzioni che a vario titolo stanno aderendo (Museo di Capodimonte, Museo Archeologico, Soprintendenza del Polo Museale, Suor Orsola, Regione, Comune) mi conforta. Insomma, ci sarà del lavoro». (mfs)

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