10 luglio 2008

La Wunderkammer, oggi. A Rovereto spazio a otto giovani artisti…

 

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Una sala del museo di RoveretoI latini parlavano di mirabilia, cioè di “cose degne di essere ammirate”, quando – Plinio docet – si imbattevano in fenomeni naturali come montagne altissime, grandi terremoti o eruzioni vulcaniche, ma anche volevano raccontare esseri immaginari o mitici come la chimera o la fenice. Per i cristiani, i mirabilia – guarigioni, catastrofi atmosferiche, visioni e quant’altro – diventarono miracula e furono attribuiti all’intervento divino oppure dei santi. Anche gli alchimisti parlavano di mirabilia commentando le trasformazioni della materia alla ricerca della pietra filosofale, come dimostra anche la celebre iscrizione Tria sunt mirabilia: Deus et Homo, Mater et Virgo, Trinus et Unus (Tre sono le cose miracolose: Dio e Uomo, Madre e Vergine, Trino e Uno) che compare sul rosone della cosiddetta “porta alchemica” di Villa Palombara, a Roma, a due passi da piazza Vittorio Emanuele II. In ogni caso, sempre si definiva con quel termine i portenti difficilmente o per nulla spiegabili razionalmente o, come si suol dire, “all’attuale stato delle conoscenze”. Sotto il nome di mirabilia finirono, per dire, la masticatio mortuorum – curioso fenomeno studiato nel Settecento dopo che alcuni cadaveri, dissepolti nell’Europa orientale, furono sospettati di aver eroso a morsi il loro sudario – e il vampirismo. Tuttavia, morbosità a parte, i mirabilia mantennero quasi sempre un’accezione positiva. La stessa che, nelle zone di lingua tedesca, ebbero le Wunderkammern, camere delle meraviglie, ricettacoli di oggetti strani e inusuali che si diffusero a macchia d’olio a partire dal Cinquecento e possono essere considerate le antenate degli odierni musei. Denti e ossa di drago (in realtà, fossili preistorici), rocce o pietre rare, strani animali imbalsamati, frutti esotici, reperti archeologici di civiltà di cui si erano perse le tracce: tutto questo confluiva nelle Wunderkammern di ricchi e potenti di mezza Europa. Celebri quelle di Rodolfo II d’Asburgo, di Federico Augusto di Polonia, persino di qualche monastero specializzato in “reliquie”. Una vera e propria “mania” che si nutrì nel Seicento del decadentismo barocco, horror vacui misto a memento mori, e nel Settecento dello spirito dei Lumi teso alla conoscenza e all’esplorazione scientifica. A queste suggestioni mitteleuropee si ispira la mostra “Cabinet of Curiosities”, a cura di Marta Casati, allestita al Museo Civico di Rovereto come parallel event di Manifesta 7. Una rassegna che raccoglie nelle sale dedicate alla Zoologia le opere di otto artisti tra loro assai diversi, spingendo la Wunderkammer verso la sua derivazione colta ed estetica, la Kunstkammer, ovvero la stanza dell’arte. Maria Benjamin, Sema Bekirovic, Lorenza Boisi, Henry Coombes, Peter Donaldson, Andrea Dojimi, Davide Rivalta e Christian Schwarzwald – il più giovane è nato nel 1980, il più “vecchio” nel ’71 – giocano così con la natura delle cose, mischiando tecniche classiche (scultura, pittura, disegno) a linguaggi contemporanei (video, installazioni, fotografie). Il risultato è la giustapposizione, per affinità o per contrasto, di veri e propri “mostri” (nel senso latino di monstrum, da moneo, ammonire) che suscitando meraviglia tendono sempre a insegnare e ad ammaestrare. Come le parabole, o meglio ancora, trattandosi di giovane arte, le fiabe. (elena percivaldi)






Inaugurazione: venerdì 11 luglio 2008 – ore 17.00
Dall’11 luglio al 27 settembre 2008
Museo Civico di Rovereto
Borgo S. Caterina 34 – Rovereto
Info: 0464439055 –
museo@museocivico.rovereto.it
Web: www.museocivico.rovereto.tn.it

[exibart]

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