11 febbraio 2019

Notte da leoni con Laurina Paperina e Albert Pinya. Che ci raccontano com’è andata la storia

 

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A fine mese si chiude la bi-personale di Laurina Paperina e Albert Pinya da Martina’s gallery, e sabato, 23 febbraio, verrà presentato il catalogo. I due artisti sono stati invitati a intervenire per la prima volta insieme in Italia, per una visione inedita e sorprendente, su opere realizzate a quattro mani, sia tele che carte, dove hanno giocato con serietà adempiendo a una sfida. Ecco com’è andata. 

Artefiera Bologna nel 2009 ha rappresentato un momento ormai quasi da storicizzare: c’è stato il vostro primo incontro. Come è avvenuto? 
LP «La memoria non è proprio il mio forte, quindi provo a collocare di preciso il primo incontro con Albert. Ricordo che all’epoca, 2009 circa, il mio gallerista Andrea Peruggi mi parlava di un giovane artista spagnolo che aveva visto dei miei video a Berlino e voleva incontrarmi. Il primo incontro ufficiale penso sia stato nel 2010 ad Artefiera Bologna, dove entrambi esponevamo, io con la Galleria Perugi e Pinya con AMT Gallery. Poi ci siamo rivisti l’anno successivo, sempre lì, dove abbiamo passato una serata in stile ‘Una notte da leoni’ assieme ad altri amici. Di quella serata ricordo solo che vagavo per Bologna con dei baffi disegnati sotto il naso…ricordi?» 
AP «Sì, un momento divertente. Non ricordo esattamente tutto, ma in serata eravamo sbronzi in giro per Bologna, celebrando la vita come se ci conoscessimo da sempre». 
Vi conoscevate già come artisti? 
AP «Sì. L’anno prima, mentre vivevo a Berlino, ho visto delle opere della Paperina nella fiera Art Forum Berlin 2008. Da questo momento non mi sono più sentito solo. Il primo gallerista con cui lavorai in Italia, Alberto Matteo Torri, mi mise in contatto con la galleria di Laurina di allora perché anche lui pensava che dovessimo incontrarci». 
LP «Ho iniziato a scoprire il lavoro di Pinya dopo la prima volta che ci siamo incontrati. Trovare delle affinità con altri artisti era difficile per me in quegli anni, il mio lavoro era un miscuglio di riferimenti culturali pop tradotti attraverso disegni in stile ‘cartoon fatto male’, non proprio in linea con quello che si vedeva in Italia o in Europa in quel periodo. Dopo aver conosciuto il lavoro di Albert, all’interno di questo sistema, mi sono sentita meno sola». 
Albert, perché hai deciso, come primo passo verso una collaborazione con Paperina, di curarle una mostra e non di fare una bi-personale, presso la galleria di Ferran Cano? 
AP «Mi pareva più sorprendente presentare un’artista che nella mia città non si conosceva ancora, e che lavorasse con paradigmi simili ai miei, con un impianto formale e delle intenzioni simili, in modo da rinforzare con più solidità le mie teorie su una linea di investigazione che stavo sviluppando in quel momento, vicina alla tragicomedia, a la pittura bastarda e all’arte brutta. Era necessario prendere le distanze dal mio lavoro e presentare l’opera di Paperina da sola». 
Laurina, eri d’accordo nel farti guidare da Pinya per la tua personale? Come è stata la prima collaborazione? 
LP «Era da anni che progettavamo di fare qualcosa assieme, inizialmente pensavamo a una doppia personale, ma poi Albert mi ha proposto di curare una mia mostra in Spagna e abbiamo iniziato a ideare un progetto per la Galleria Ferran Cano di Maiorca, storica galleria con cui Albert ha collaborato per molti anni. Così, nel 2013 è nata la nostra prima collaborazione ufficiale con la mostra Spaceballs». 
Sono passati dieci anni e siete stati chiamati da Martina’s gallery a sviluppare una mostra insieme. Quali evoluzioni – sia stilistiche, che umane – ci sono state all’interno del vostro lavoro? 
AP «Penso di essere un altro pittore. Non lavoro con la memoria, non sono autobiografico, né racconto mie esperienze o dialogo col passato. Sono il pittore della “inexperiencia”. Rimango aperto alla possibilità e all’incerto come principio del possibile. Con uno sguardo verso il futuro, sempre ponendomi domande, come se il lavoro fosse liquido, mai statico». 
LP «Dopo l’esperienza in Spagna, volevamo fare un progetto assieme anche in Italia e l’occasione è giunta facendo conoscere il lavoro di Albert alla Martina’s Gallery. Nel corso degli anni entrambi siamo cresciuti, la nostra ricerca artistica è maturata, io sono diventata più rigorosa e più precisa, lasciando un po’ da parte quella vena grafica ‘sporca e punk’ che contraddistingueva i miei lavori su carta di qualche anno fa. Ora ho la necessità di confrontarmi con lavori più complessi che richiedono molto tempo per essere realizzati. Dal canto suo, Albert sta seguendo una linea quasi più astratta rispetto al passato, lavorando anche con la scultura e l’installazione. E il punto d’incontro lo abbiamo trovato con questa mostra, dove abbiamo voluto sperimentare lavorando assieme a quattro mani su tela e carta, una vera e propria ‘fusion’ visionaria, in cui viaggiano e si uniscono i nostri personaggi, trasformandosi e mutando all’interno di un ‘Wormhole’ supercolor». (Rossella Farinotti)

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