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Maurizio Cattelan, in gessato, ieri sera è stato protagonista di uno degli opening più esclusivi della settimana dell’arte parigina, a cui ovviamente è seguita una serata a passo di champagne su una peniche attraccata proprio sotto Pont Neuf. La sua personale “Not afraid of love” è in scena alla Monnaie de Paris, curata da Chiara Parisi, e ripercorre i capitoli della sua carriera con poche installazioni, splendidamente allestite, e che trovano nello spazio una dimensione drammatica, ben lontana dall’idea di chi ancora pensa che Cattelan sia tutto colore e scherzetti, come si dipinge attraverso le pagine di Toilet Paper.
Qui La nona ora, Charlie don’t surf, Him, All, e non troppe altre celeberrime opere, dialogano con lo spettatore avendo ampio spazio a disposizione: non un affastellamento da cascata come era stato al Guggenheim di New York, la mostra del pensionamento di Cattelan, ma con tutta l’ariosità di uno show che – come l’ha definito lo stesso artista – è un post requiem.
E nonostante la mondanità, la folla di italiani accorsi a vedere la performance del nostro connazionale più illustre, tra artisti, direttori di musei e fiere in trasferta parigina, non è facile non essere attraversati da un senso di inquietudine, di disagio, fintanto di morte, attraversando attentamente le sale, e slegandosi dalla conoscenza del “personaggio”.
Cattelan, in questo, è maestro e la Monnaie non fa che esaltare il suo lato oscuro. Tra un tappeto rosso e un suono di tamburo, tra la penombra che avvolge Lui, in fondo alla mostra, di spalle. Una bella prova, se ce ne fosse ancora bisogno.