09 gennaio 2019

Per i novant’anni di Ezio Gribaudo. La forza e la tenacia di un artista dai tanti volti

 

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Ezio Gribaudo è una delle personalità più versatili del panorama artistico italiano dalla seconda metà del Novecento in poi. Torinese, pittore, scultore, grafico, editore, animatore culturale, è riuscito sapientemente a miscelare tutti questi aspetti ponendosi quindi come una personalità unica. Oggi, a novant’anni, combattivo e sperimentatore, porta avanti la sua attività artistica nello studio di via Biamonti, un luogo incantato sulle colline della sua città, attorniato da pennelli, colori, tele, oggetti e libri. 
Se, da un lato, Ezio Gribaudo è conosciuto per la sua amicizia con gli artisti che hanno segnato il XIX secolo e per la sua nota attività nel campo della grafica e dell’editoria, dall’altro, è importante sottolinearne la sua produzione artistica in senso puro, dipinti e sculture. Un percorso singolare, scandito da serie e temi, dove l’oggetto e la parola sono talvolta coprotagonisti di una ricerca espressiva, di volta in volta, legata a tecniche differenti che, spesso, hanno a che fare con i materiali e gli oggetti del mondo della grafica, come i flani impressi per la realizzazione delle lastre – che Gribaudo utilizza come supporto per le sue pitture – oppure il polistirolo, il legno, la carta buvard, la lamina metallica e altri. 
Nascono dunque i Logogrifi, il Diario di New York (1961), la lunga serie di Pinocchio, nella quale il burattino viene contestualizzato nelle situazioni più disparate, i Metallogrifi, i Teatri della memoria – dove l’impiego e la tecnica consueta della tipografia è evidente e al contempo uniformemente armonizzata –, i Dinosauri, i Velieri, i Nudi, gli Alberi. E poi le Piramidi, sculture geometriche realizzate dopo il primo allunaggio, le cartelle di incisioni e litografie e i libri d’artista, vere e proprie opere d’arte in esemplari unici. Una commistione di tecniche e materiali che rendono le sue realizzazioni singolari e difficilmente classificabili. Dall’essenzialità delle opere nelle quali il bianco ha un ruolo determinate e dove le forme sono scarne e lineari, si passa a realizzazioni nelle quali animali e forme fantastiche affollano le superfici e il fruitore è trasportato in un’atmosfera giocosa, sognante e piena di colore. Qui viene fuori l’animo “infantile” di Gribaudo, quello di perenne ragazzo, che ha il suo culmine nei Dinosauri e nelle gabbie, opere, quest’ultime, nelle quali antiche gabbiette da uccelli, dalle forme singolari ed esotiche, accolgono al loro interno pesci multicolori o altri piccoli animaletti. 
Da una parte, le opere di Gribaudo risentono dei suoi interessi legati alla grafica, all’editoria e all’architettura e, quindi, di un coté essenzialmente tecnico, dall’altra, invece, l’artista non manca di volgere uno sguardo attento e appassionato alla storia dell’arte, sia a quella antica che a quella coeva, ricavandone profonda fonte d’ispirazione ma anche elementi di partenza per giungere a risultati del tutto personali. La lezione di Goya e di Francis Bacon è, infatti, evidente nelle tre opere di grande formato del 1964, ispirate a episodi della storia italiana dell’Ottocento (le Cinque giornate di Milano, i Martiri di Belfiore e l’impiccagione di Pier Fortunato Calvi) commissionategli dal museo torinese del Risorgimento l’indomani del centenario dell’Unità d’Italia, e che in occasione dei suoi novant’anni, ne rinnova l’interesse con una piccola mostra aperta fino al 27 gennaio. 
Tanti auguri Ezio! (Enrica Ravenni)

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