01 giugno 2018

Poesia radicale. A Ferrara, la retrospettiva che ricorda la ricerca di Ketty La Rocca

 

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Ultimo weekend per visitare, al PAC di Ferrara, la retrospettiva dedicata a Ketty La Rocca, l’evento di punta della XVII edizione della Biennale Donna. La kermesse promossa dalla sezione ferrarese dell’UDI-Unione Donne Italiana nella città emiliana dal 1984 è, oggi, uno degli appuntamenti imprescindibili della riflessione critica sul territorio, vantando il contribuito di tante intellettuali, tra cui Mirella Bentivoglio, Emanuela De Cecco, Anty Pansera, Marisa Vescovo, Marilena Pasquali, Lola Bonora e Silvia Cirelli. 
Nell’ottantesimo anno dalla sua nascita, questa mostra rende omaggio a Ketty La Rocca (1938 -1976), raffinata interprete di uno più importanti periodi della storia dell’arte contemporanea, di quei delicati equilibri che si sono creati a cavallo tra gli anni Sessanta e Ottanta. Ligure di nascita ma toscana d’adozione, poco più che ventenne, La Rocca si avvicina alla Poesia visiva, collaborando con il Gruppo 70 e presentando una ricerca d’avanguardia e radicale, riflettendo sulla donna e sulla sua condizione subalterna in una società di stampo prettamente maschilista. In quella dicitura, “Gesture, Speech and Word” che accompagna il nome dell’artista nel titolo della mostra, si evidenzia come tutto il percorso espositivo sia stato strutturato in una serrata corrispondenza tra parola, gestualità e azione performativa, ovvero, sull’ossatura critica su cui Ketty La Rocca ha costruito la sua ricerca. 
Mai esposti in precedenza, troviamo il video di Verbigerazione (1973), l’opera con cui partecipa alla X Quadriennale di Roma, letta da Giordano Falzoni e l’audio della performance Le mie parole, e tu? (1975), entrambe riflessioni sul linguaggio e le sue insidie. Parola e immagine convivono nelle serie delle Riduzioni e delle Craniologie. Le prime, immagini “trovate” che l’artista ripropone tracciandone il profilo su un foglio attraverso la ripetizione della parola “you” che diventa quasi un mantra del pensiero in questi anni; le seconde, radiografie stampate su lastra in cui inserisce, sovrapponendole, interazioni gestuali (una mano aperta, un pugno o un indice) ancora una volta scandite dalla ripetizione della scritta “you”. 
Al centro della sala, al primo piano, si trova il progetto per In principio erat verbum, una performance mai realizzata da La Rocca, che in questa importante celebrazione ha preso vita grazie agli studenti dell’Istituto d’Arte Dosso Dossi. L’impegno dell’artista è intanto sempre più spostato verso la ricerca di un linguaggio altro alla comunicazione verbale, come è evidente nell’opera Appendice per una supplica (1972), con il quale parteciperà alla Biennale di Venezia di quello stesso anno. 
Un unico rammarico si ha, all’uscita dalla mostra, ed è quello di aver perso il suo talento troppo presto, inducendo a riflettere su come oggi, forse, dovrebbero esserci più occasioni per ricordare una grande artista qual è stata Ketty La Rocca. (Leonardo Regano)

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