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Henry Moore è stato uno degli artisti britannici più importanti del ventesimo secolo, scultore visionario divenne famoso per le sue opere astratte in bronzo e in marmo di grandi dimensioni. L’uomo visse e lavorò a Londra durante la Seconda Guerra Mondiale per poi spostare il suo studio e la sua casa a Perry Green nell’Hertfordshire, ora sede dell’Henry Mooore Foundation.
Scomparso nel 1986, l’artista rivoluzionò la concezione dell’arte che si era affermata in epoca vittoriana, facendo uscire le sue opere dalla cornice e dai rigidi canoni di fine Ottocento.
Mary Moore, figlia dello scultore, cresciuta a stretto contatto con il padre e la sua cerchia di amici artisti, lancia un j’accuse nei confronti di Damien Hirst, capofila degli Young British Artists. Secondo la donna infatti l’eccentrico artista avrebbe riportato l’arte britannica indietro di un secolo, vanificando il difficile lavoro fatto da Moore per stravolgere i classici schemi del passato.
«L’arte ritorna nella cornice, è di nuovo contestuale e narrativa, come era di fatto al tempo dei Preraffaelliti – queste le dure parole di Mary Moore su Hirst, sottolineando inoltre che l’arte del padre – non è narrativa né contestuale, ma riguarda strettamente l’esplorazione dell’oggetto che si ha di fronte».
L’opera di Damien Hirst secondo la figlia di Moore non è dunque frutto di un puro istinto creativo, ma piuttosto di un calcolo ragionato e, per essere capita fino in fondo, deve essere rinchiusa in una cornice e spiegata da un’etichetta. Al contrario il genio di Henry Moore era proprio nella visceralità del suo approccio, che si ribellava alle rigide imposizioni dell’arte vittoriana. Il dibattito tra detrattori e non di Hirst resta aperto, certo è che lo Young British Artist non smette mai di far discutere. (Giulia Testa)