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Lui, Dean Valentine, è uno dei più solidi collezionisti di Los Angeles, con villa a Santa Monica. Il Roosevelt Hotel, invece, uno dei più iconici alberghi della città, nel cuore di Hollywood Boulevard, a due passi dal Teatro Cinese e dal Dolby. Anche la piscina, qui, è stata protagonista: è quella dipinta da David Hockney nel 1987.
Valentine, che ha aperto la sua fiera (creata in collaborazione con i fratelli Morán della galleria Morán Morán) proprio nel giorno del suo onomastico, ha dichiarato che il nome “Felix” è nato per un paio di ragioni: come omaggio a Felix The Cat, il celebre cartone animato muto e in bianco e nero, e al critico e anarchico Felix Feneon, che sosteneva pittori come Paul Signac e che scoprì i post Impressionisti come Van Gogh, Gauguin, Cézanne e Maximilien Luce. E poi perché Felix in latino vuol dire “felice”. E Dean, senza mezzi termini, con l’arte si diverte, specialmente con quella «Non ancora ufficializzata, perché posso partecipare a quel processo di autenticamento».
Ma come è questa prima edizione di Felix? Una fiera d’albergo, ovvero con le camere dell’undicesimo piano e dell’area piscina, al piano terra, usate come booths. Nulla di particolarmente nuovo, visto che dagli anni ’90 sono parecchi gli esempi da una parte all’altra del mondo, di questo modus operandi, che però colpisce. Perché oltre alla location, che dopo un po’ forse risente della claustrofobia di un corridoio d’hotel e di camere che, per quanto grandi, sono pur sempre camerette, i nomi sono ottimi: si passa da Marlborough e White Columns a Kavi Gupta, da CLEARING a Chateau Shatto. Infine, al 13esimo piano, che negli Stati Uniti non si dice (un po’ come in Italia il vecchio 17) c’è una bella selezione di gallerie francesi in trasferta californiana in una sezione curata da Andrew Berardini, tutta giocata sull’idea e il concetto del numero magico.
Peccato che il panorama, tra vecchie vetrate e terrazze, offuschi un poco l’offerta. (mb)