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Nel 1996 erano 174. Erano stati selezionati tra coloro che avevano iniziato a esporre dopo il 1977, e vi era una grande panoramica su quelli che all’epoca erano giovani promettentissimi, sia di Milano, sia della Scuola di San Lorenzo, di Roma: Airò e Bartolini, Cattelan e Toderi, Moro e Beecroft, Bruna Esposito e Gregorio Botta, con Di Fabio e Basilè, Gianni Dessì e Pietroiusti, tra gli altri. Era la Quadriennale di Roma, e il titolo era proprio “Ultime Generazioni” (nella foto sopra il primo piano dell’epoca, all’Ala Mazzoniana della Stazione Termini).
Oggi, alcuni di questi artisti (Airò e Pietroiusti), sono presenti anche in “Altri tempi, Altri miti”, la 16esima Quadriennale il cui titolo è stato raccolto da un episodio delle “zibaldone” di Pier Vittorio Tondelli, Un week end postmoderno: 99 artisti, 150 opere e 10 progetti curatoriali. Come il libro di Tondelli, anche questa Quadriennale è stata concepita come una mappatura mutevole delle produzioni artistiche e culturali dell’Italia contemporanea, approfondendo per ogni sezione un tema, un metodo, un’attitudine, una genealogia del presente, con grande spazio per i giovani artisti.
E allora? E allora cos’è cambiato da vent’anni a questa parte? Come si è evoluta la curatela e cosa può mettere ancora in luce dell’arte contemporanea italiana la Quadriennale? Stavolta, però, nell’appuntamento ideato da Ludovico Pratesi (che si apre domani alle 11.30) non saranno gli artisti a raccontarsi ma, appunto, i curatori a confronto.
Laura Cherubini, Daniela Lancioni, Luca Lo Pinto, Cristiana Perrella, Giorgio Verzotti e Denis Viva (in home page un’immagine della sezione da lui curata), saranno in dialogo nella Sala Cinema di Palazzo delle Esposizioni, per un appuntamento che si pone anche come una riflessione storica del ruolo dei “pensatori” delle mostre.