08 maggio 2017

Venezia/3. Quanto si cammina alla Biennale? Luca Rossi invita al “nomadismo immobile” con la sua opera. Che c’è ma non si vede

 

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Saranno in molti, questa settimana, a spostarsi a Venezia. E, una volta arrivati, presumibilmente, questi molti si muoveranno, attraversando ponti e calli, perdendosi un po’ lungo il dedalo di canali e svolte a gomito, affollando spazi urbani ed espositivi. Ma se tutti rimanessero fermi? A quel punto, il luogo espositivo potrebbe diventare il proprio ufficio, il fantastico mondo sotto le coperte, la cucina, qualche altro ambiente domestico, pubblico, privato, noi stessi. È la provocazione estetica, anche un po’ logistica, per non dire ginnica, che lancia Luca Rossi in occasione della Biennale. L’inno per un «nomadismo immobile», come definito questo insolito esodo nel testo in pdf inviato via mail che, nella logica del passaggio dalla concretezza del monumento alla volatilità del documento, rappresenta il dispositivo artistico attraverso cui attivare la relazione con l’opera. Che, però, esiste anche nella realtà. Nascosta ma presente. Non anticipiamo/spoileriamo nulla. Diciamo solo che si tratta di una piccola scultura, nascosta da qualche parte nei pressi del Padiglione dei Paesi Nordici, in direzione del Padiglione Gran Bretagna, e che è prevista un’interazione silenziosa e multimediale, un passaggio di “equilibri” dalla pietra all’immagine. Per richiedere il documento si può consultare il sito.

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