20 febbraio 2023

In Scena: gli spettacoli e i festival della settimana, dal 20 al 26 febbraio

di

Una selezione degli spettacoli e dei festival più interessanti della settimana, dal 20 al 26 febbraio, in scena nei teatri di tutta Italia

Deleuze Hendrix, Ballet Preljocaj

In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 20 al 26 febbraio.

Danza e teatro

PRELJOCAJ, DELEUZE E HENDRIX
Con questo spettacolo, in prima nazionale al Festival Equilibrio, Angelin Preljocaj testimonia ancora una volta la sua attrazione per la filosofia. Ossessionato da temi legati alla trascendenza dei corpi, prende come pretesto questa volta le registrazioni audio dei corsi tenuti da Gilles Deleuze all’Università di Parigi VIII a Vincennes negli anni ’80, in cui egli affronta con umorismo e attualità le riflessioni di Spinoza sulla questione del corpo e del movimento nel suo libro emblematico “Etica. In questo progetto, la voce registrata di Deleuze si intreccia con la musica potente, sensuale e rivoluzionaria di Jimi Hendrix che entra in risonanza con le spiegazioni su Spinoza. In Preljocaj le voci sono una parte frequente delle sue creazioni, anche se in registri molto diversi; qui esplora un nuovo territorio di ricerca coreografica in cui il corpo, come oggetto universale che tutti conosciamo, diventa un medium che solleva le domande del nostro mondo.

Deleuze Hendrix, Ballet Preljocaj

“Deleuze/Hendrix”, coreografia Angelin Preljocaj, luci Éric Soyer, coreologa Dany Lévêque. Produzione Ballet Preljocaj. Coproduzione Festival Montpellier Danse   2021, Le Centquatre – Paris, Le Rive Gauche – Scène conventionnée Danse de Saint-Etienne-du-Rouvray. A Roma, Auditorium Parco della Musica, il 20 febbraio.

IL BALLETTO ROMANTICO A NAPOLI
Un dittico intitolato “Il Balletto romantico”, che comprende “Les Sylphides” di Michel Fokine con musiche di Fryderyk Chopin, e “Napoli” di August Bournonville su musiche di Gade, Helsted, Lumbye, Paulli. In scena Étoiles, Solisti e Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo diretto da Clotilde Vayer (al Politeama dal 21 febbraio al 28 marzo). Considerato uno dei capolavori del repertorio classico, “Les Sylphides” ha rivoluzionato il mondo della danza mettendo in scena per la prima volta un sogno romantico senza lo svolgimento di una trama precisa. Fokine esplora la bellezza della natura attraverso la rappresentazione delle Silfidi, spiriti dell’aria, e la loro relazione con un giovane poeta.

Nella seconda parte della serata andrà in scena “Napoli o il pescatore e la sua sposa” di Bournonville, uno dei più importanti balletti della tradizione danese. Creata nel 1842, questa coreografia porta in scena la vitalità della città di Napoli con la sua cultura e tradizione popolare, attraverso la storia d’amore tra i due giovani innamorati Teresina e Gennaro. La coreografia di Bournonville è caratterizzata da una combinazione di eleganza e vivacità mentre la musica fornisce un accompagnamento perfetto alle danze caratteristiche della tradizione napoletana, come tarantelle e saltarelli.

 

OUT OF CONTEXT – FOR PINA
Forte, poetico, irrinunciabile, lo spettacolo di Alain Platel è un atto d’amore verso Pina Bausch. Sul palco i danzatori di laGeste, nome nuovo per sottolineare la fusione tra le due compagnie di danza di Gand (Belgio) les ballets C de la B e kabinet k., “Out of context” racconta la fede assoluta nella forza del corpo umano, nel suo patrimonio di limiti, di potenzialità, di ricordi da ricomporre, ricercando la bellezza nascosta nella difficoltà, nel dolore, nella disabilità. Lo spettacolo è un tuffo nei meandri dell’esistenza, alla scoperta di qualcosa che si trova nell’uomo e nell’animale, di un’armonia che supera la dualità tra bello e brutto, individuo e comunità. Una sorta di rituale all’inseguimento di un’essenza introvabile: nel frattempo si vive non di ciò che si cerca, ma di ciò che vale la pena. In una scena semplice, si muove un piccolo cosmo umano, un’umanità disturbata che sembra potersi esprimere solo attraverso gesti malati. Spasmi e smorfie, passi sbilenchi, tic. Nove interpreti che si spogliano dei propri abiti e si vestono con un manto rosso che usano per tutto lo spettacolo. Platel portandoci “fuori contesto”, regala al pubblico nove possibili interpretazioni dei sentimenti umani.

Out context for Pina

“Out of context – for Pina”, danzato e creato da Elie Tass, Emile Josse/Quan Bui Ngoc, Hyo Seung Ye, Kaori Ito, Mathieu Desseigne Ravel, Mélanie Lomoff, Romeu Runa, Rosalba Torres Guerrero, Ross McCormack, ideazione e regia Alain Platel, drammaturgia Hildegard De Vuyst, luci Carlo Bourguignon, sound design & musica elettronica Sam Serruys, tecnico del suono Bart Uyttersprot, costumi Dorine Demuynck. A Reggio Emilia, Teatro Ariosto, il 25 e 26 febbraio.

L’ARTE DELLA FUGA DI SPELLBOUND
Ad aprire la sesta edizione di Danza in Rete Festival Vicenza – Schio è la nuova creazione di Spellbound Contemporary Ballet, firmata da Mauro Astolfi, che interpreta una delle più emblematiche opere di Johann Sebastian Bach: “L’Arte della Fuga”. Partendo dall’interpretazione della celebre Fuga come opera “pitagorica” proposta dal violoncellista, matematico e classicista Hans-Eberhard Dentler, Astolfi si concentra sul concetto di “fuga” nella sua accezione di “volo”, sia in riferimento alle frasi musicali sia come movimento, non tanto di ascesa al Divino ma verso un Altrove. Ma più che in senso metafisico, la creazione di Spellbound Contemporary Ballet si attesta su una dimensione più esistenziale: «Una fuga è “fatta ad arte” se nessuno se ne accorge. Se anziché scappare da qualcosa o qualcuno, mi confondo con gli altri, mi vesto come loro, uso le loro parole. La mia fuga in realtà è un’antifuga, è piuttosto una prospettiva. È il mio bisogno di guardare la vita con altri occhi», sostiene Astolfi.

L’arte della fuga – Spellbound Contemporary Ballet

“L’arte della fuga”, Coreografia Mauro Astolfi, assistente alla coreografia Alessandra Chirulli, musica J.S. Bach, musica originale Davidson Jaconello, disegno luci Marco Policastro, costumi Anna Coluccia. Produzione Speelbound, in coproduzione con Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza e Fondazione Teatro Comunale di Modena. A Vicenza, Teatro Comunale, il 25 febbraio.

IL GABBIANO DI IRINA BROOK
La regista Irina Brook, figlia del maestro Peter Brook e dell’attrice Natasha Parry, esplora la propria biografia di figlia d’arte attraverso le parole di Anton Čechov. I temi e le atmosfere del teatro cechoviano riaffiorano dal vissuto personale della regista, la cui mamma era di origini lettoni-russe, come anche l’atmosfera inglese e americana degli anni ’70, quella dei suoi anni di giovane attrice: la malinconia per un’epoca che tramonta e la tensione verso qualcosa che deve ancora nascere e che fatica ad imporsi, l’eterno conflitto tra giovani artisti e “vecchie glorie”. Con “Seagull Dreams”, Irina porta avanti la sua intensa ed emozionate riflessione sul teatro, inteso come laboratorio dei sentimenti e della vita; come palcoscenico delle dinamiche di una famiglia di attrici e drammaturghi, di una compagnia.

«”Il gabbiano” – spiega la regista – parla del nostro mestiere con tutto l’amore appassionato e la crudeltà disperata che può suscitare. Al centro ci sono i temi ineludibili del successo e del fallimento, la necessità di vivere una vita di creatività, e la più distruttiva delle malattie avvertite dagli artisti: il bisogno dell’approvazione». Pamela Villoresi, nel ruolo di Arkadina e Geoffrey Carey nei panni di Sorin.

Seagull Dreams, prove dello spettacolo © Rosellina Garbo

“Seagull Dreams. I sogni del gabbiano”, da Il gabbiano di Anton Čechov, adattamento e regia Irina Brook, traduzione Alessandro Anglani, con Pamela Villoresi, Geoffrey Carey, Giuseppe Bongiorno, Emanuele Del Castillo, Monica Granatelli, Giorgia Indelicato, Giuseppe Randazzo. Produzione Teatro Biondo Palermo, in collaborazione con Dream New World – Cie Irina Brook. A Palermo, Teatro Biondo, dal 24 febbraio al 5 marzo, prima assoluta.

VAN GOGH CAFÉ
Pièce teatrale ambientata in un café chantant parigino di metà Ottocento, nel quale la musica di un’orchestra dal vivo, il canto, le performance del corpo di ballo prendono vita e colore grazie anche a proiezioni 3D che rendono le opere di Vincent vive e coinvolgenti. “Van Gogh Café” è la storia di uomini e donne, parallele a quella del grande pittore olandese, narrata tra fiducia e cadute, malinconie profonde e gioie debordanti, tra stimolanti amicizie e solitudini feroci. Lo sfondo musicale attraversa il racconto con la personalità dei grandi parolieri e cantanti francesi, Edith Piaf, Charles Aznavour, Mireille Mathieu, Yves Montand per citarne alcuni. È uno spettacolo felicemente intriso dell’animo inquieto, nostalgico e inguaribilmente solitario di Vincent ma è allo stesso modo pervaso di speranza e desiderio, impastato dello stesso colore del suo creatore, spesso e materico, muscolare, carnale nel suo insofferente, ansioso e travagliato desiderio di vivere.

Van Gogh cafè

“VAN GOGH CAFÉ”, commedia musicale, testi e regia di Andrea Ortis, arrangiamento musicale di Antonello Capuano, coreografie di Marco Bebbu, scene di Gabriele Moreschi, sound Designer Francesco Iannotta, light-video Designer Virginio Levrio, costumi di Marisa Vecchiarelli, cast Andrea Ortis, Floriana Monici, Chiara Di Loreto, Giulio Maroncelli, Lavinia Scott, Rebecca Erroi, Lara Ferrari, Lucrezia Zizzo. Produzione MIC International Company. A Roma, teatro Ambra Jovinelli, il 27 e 28 febbraio.

 I NOTTUARI DI THOMAS LIGOTTI
Con rigore scenico e visioni di valore letterario, Fabio Condemi, con lo spettacolo ispirato ai racconti di Thomas Ligotti, tra i maggiori scrittori contemporanei di weird e horror, esplora i lati oscuri del reale facendo sbiadire le linee di confine dal sogno all’incubo in un ipnotico vagare. Per la prima volta la scrittura di Ligotti – fatta di slittamenti sulla soglia tra realtà e veglia per indagare l’esistenza e portarla nel cuore dell’incubo – sale in scena attraverso la cifra drammaturgica e registica di Condemi, che traspone questa “narrativa del mistero” in una sorta di galleria d’arte, alla ricerca della rappresentazione dell’orrore che permea il reale e le esistenze.

Una grande installazione labirintica di spazi mutevoli: teche, dedali, corridoi, ingressi, zone buie, porte segrete, macchine e nastri che scorrono a vuoto, in cui è il nostro rapporto con il mistero a essere messo in mostra. La complessa partitura di architetture e ingranaggi – con le ipnotiche composizioni musicali di Paolo Spaccamonti e l’eclettica drammaturgia dell’immagine di Fabio Cherstich – evocano la sensazione di vivere in un incubo affollato di atmosfere inafferrabili e paesaggi distorti e anamorfici, che la rendono poi un luogo in cui le linee tra il sogno, lo spazio e l’inquietudine si confondono.

Fabio Condemi, Nottuari, ® Claudia Pajewski

“Nottuari”, ispirato alle opere di Thomas Ligotti, regia e drammaturgia Fabio Condemi, scene, drammaturgia dell’immagine Fabio Cherstich, musiche originali Paolo Spaccamonti, sound designer Andrea Gianessi, con Carolina Ellero, Julien Lambert, Francesco Pennacchia. Produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale, LAC Lugano, Teatro Piemonte Europa, Teatro Metastasio di Prato, Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale. A Roma, Teatro India, in prima nazionale, dal 22 febbraio al 5 marzo.

DIALOGHI AL CARBONIO
Un uomo ha avuto un incontro con un’entità extra terrestre. L’alieno ha la particolarità di non essere composto minimamente da molecole di carbonio, la sostanza alla base della vita sulla Terra. L’inaspettato contatto dà all’autore il pretesto per riflettere sulla condizione “predatoria” dell’umano. Nel dialogo serrato tra Lei (Federica Fracassi) – la donna incaricata di verificare la veridicità dell’accaduto – e Lui (Mario Pirrello) – l’uomo che ha vissuto l’esperienza – l’affiorare di dolorosi eventi del passato di Lui porta i due personaggi a contrapporsi: se Lei è piena di dubbi, sospetti e paure, Lui coglie nell’incontro con l’entità aliena la possibilità di abbandonare una vita che porta con sé la memoria di un dolore insopportabile. La vicenda dei due protagonisti fa deflagrare il nostro rapporto con l’infinito, declinato tra gli entusiasmi e le ingenuità dei programmi per la conquista dello spazio concepiti nei primi anni Settanta, quando a bordo delle sonde Voyager, lanciate ad esplorare il sistema solare, furono caricati anche i Golden Record, dischi registrati contenenti immagini e suoni della Terra, oltre a una selezione di brani musicali.

Carbonio, Piccolo Milano

“Carbonio”, scritto e diretto da Pier Lorenzo Pisano, scene Marco Rossi, luci Gianni Staropoli, costumi Raffaella Toni, con Federica Fracassi, Mario Pirrello, una voce Pier Lorenzo Pisano. Produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, testo vincitore del 56° Premio Riccione per il Teatro. A Milano, teatro Studio, fino al 26 febbraio.

IO SONO IL VENTO
Una performance intima e poetica che richiede solo la presenza degli attori, il linguaggio nudo di Jon Fosse – il drammaturgo norvegese tra i più importanti scrittori contemporanei – e l’immaginazione del pubblico. Due uomini senza nome, indicati come l’Uno e l’Altro, si riuniscono dopo anni e navigano insieme in un’immaginaria barca a vela in un viaggio attraverso l’oceano. La loro azione è solo concepita, inventata e non deve essere compiuta ma rimanere immaginaria. I silenzi significano tanto quanto le parole. Ciò che non viene detto è importante almeno quanto le parole e spetta al pubblico e agli attori riempire gli spazi vuoti. In questo dialogo meditativo, gli attori esplorano temi come la solitudine, l’identità, la perdita e, in modo tragicomico, si impigliano nelle filosofie esistenziali e nel testo astratto dell’autore.

IO SONO IL VENTO, ph. Tim Wouters

“Io sono il vento” (Eg er vinden, ik ben de wind), da un testo di Jon Fosse, traduzione Maaike Van Rijn, Damiaan De Schrijver, Matthias de Koning, di e con Damiaan De Schrijver e Matthias de Koning, tecnico Tim Wouters, costumi Elisabeth Michiels. Produzione tg STAN e Maatschappij Discordia. A Perugia, ridotto del Teatro Morlacchi, dal 22 al 26 febbraio.

IL PINOCCHIO DEL TEATRO DEL CARRETTO
La pluripremiata regista Maria Grazia Cipriani adatta il testo di Collodi come un sogno di Geppetto, per uno spettacolo che è un viaggio nelle zone oscure della coscienza. «Geppetto, misteriosamente custodendo nel suo corpo una scelta da adolescente – la regista -, sogna di fabbricarsi un burattino meraviglioso e di girare con costui il mondo: viaggio da clown, da circo, avventuroso e illusionistico. Pinocchio fa suo il sogno di Geppetto. Per realizzare quel sogno, egli dovrà toccare il fondo della sua sventura, fino a quando, trasformato in somaro, sarà Stella della danza nel circo del Paese dei Balocchi e rischierà di diventare una pelle di tamburo per la banda (…) Avventura onirica, notturna, di una notte definitiva, dove il giorno è solo recitato da sarcastici lampi temporaleschi… e il destino del grande burattino si rivela, letteralmente, teatrale».

Pinocchio con Giandomenico Cupaiuolo

“Pinocchio”, di Carlo Collodi, adattamento e regia Maria Grazia Cipriani, scene e costumi Graziano Gregori, attori Giandomenico Cupaiuolo, Elsa Bossi, Giacomo Pecchia, Giacomo Vezzani, Nicolò Belliti, Carlo Gambaro, Ian Gualdani, Filippo Beltrami, suoni Hubert Westkemper, luci Angelo Linzalata. Produzione Teatro Del Carretto. A Terni, Teatro Secci il 21 e 22 febbraio; a Livorno, Teatro Goldoni, il 23.

LE 4000 MIGLIA DI AMY HERZOG
Cosa hanno in comune un ragazzo ventenne con la voglia di girare il mondo e una signora novantenne che vive sola nel West Village? Nel cuore della notte Leo si presenta alla porta dell’appartamento newyorkese di Vera. Lei è un’anziana comunista che vive sola, lui un hippie contemporaneo, rientrato da un viaggio in bicicletta non terminato a causa di un tragico evento. A loro, creando ulteriore scompiglio, si aggiungerà la ex ragazza di Leo. Il testo mostra una profonda comprensione delle idiosincrasie umane. Nonna e nipote per entrare in contatto devono smussare le proprie ideologie radicate: da una parte l’idealismo marxista di Vera, dall’altra uno spirito millennial, smarrito e un po’ new age. Lo spettacolo della drammaturga americana Amy Herzog, mette in scena un mese di convivenza durante il quale questi strani compagni di appartamento, due personaggi agli antipodi in un balletto continuo di parole e di frasi non finite, si provocano, si tormentano e alla fine si trovano a condividere un’inaspettata complicità.

4000 miglia

“4000 miglia”, di Amy Herzog, traduzione Monica Capuani, regia Angela Ruozzi, con Lucia Zotti e con Alessio Zirulia, Lorena Nacchia, Annabella Lu, scene e costumi Stefano Zullo, luci Giulia Pastore, grafica Eva Miškovičová. Produzione MaMiMò, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale. A Bologna, Teatro delle Moline, dal 21 febbraio al 5 marzo, prima assoluta.

I RACCONTI DI KATHERINE MANSFIELD
Dopo le celebrazioni editoriali con pubblicazioni di saggi, riedizioni di opere e dibattiti promossi per il centenario della morte di Katherine Mansfield, avvenuta il 9 gennaio del 1923 presso Parigi a 34 anni per tubercolosi, anche dal teatro arriva l’omaggio alla grande scrittrice neozelandese famosa per la forma breve dei suoi romanzi e racconti. In questo spettacolo l’attrice Silvia Ajelli apre idealmente le porte dell’albergo di cui Mansfield si sente “il piccolo impiegato”, per far vivere alcuni dei personaggi creati dalla scrittrice, e che allo stesso tempo sono immagini della sua identità. Sono donne di età diverse, colte come in istantanee, o forse è la stessa donna in momenti diversi della sua vita. E poiché è impossibile tenere separati i racconti di Mansfield dalla sua tragica vita, in tutti i personaggi aleggia in trasparenza anche la figura dell’autrice con la sua inconfondibile voce.

Silvia Ajelli e a destra K. Mansfield

“Pictures”, dai racconti di Katherine Mansfield, adattamento teatrale e interpretazione di Silvia Ajelli, regia Luca Bargagna. Produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale. A Napoli, Ridotto del Mercadante, dal 23 fabbraio al 5 marzo, prima assoluta.

L’ARTE DELLA RESISTENZA
In scena tre attrici e un attore, su un palco vuoto, si preparano a mettere in scena il loro ultimo spettacolo, e nel farlo, si interrogano sulla loro condizione di artisti, di lavoratori e lavoratrici, ma anche di uomini e donne che vivono il presente, con le sue difficoltà e contraddizioni. È la compagnia Barbe à Papa Teatro che mette in scena sé stessa. L’indagine parte da una domanda che genera tutte le successive: “Si può fare teatro quando si è depressi?” E quindi: Cosa si può fare quando si è depressi? La reazione – più che la risposta – a queste domande, è uno spettacolo che racconta quattro testimonianze di una condizione generazionale, ma anche universale; uno spettacolo che percorre le zone d’ombra di un animo lacerato e usurato da anni di crisi economica, sociale, politica e culturale. Si parla di lavoro, di sogni, di compromessi, di scelte estreme e di rinunce. È uno spettacolo che si immerge a piene mani nell’amaro e nel cinico che regolano fortemente i rapporti umani. Ma è uno spettacolo che crede ancora nella possibilità di un cambiamento.

L’arte della resistenza

“L’arte della resistenza”, testo e regia Claudio Zappalà, con Chiara Buzzone, Federica D’Amore, Totò Galati, Roberta Giordano e con la partecipazione in voce di Elvio La Pira, disegno luci Nathan Tagliavini, scene e costumi Barbe à Papa. A Palermo, Teatro Spazio Franco, Cantieri Culturali Alla Zisa, dal 24 al 26 febbraio, per il Festival “Scena nostra”.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui