09 gennaio 2023

In Scena: gli spettacoli e i festival della settimana, dal 9 al 15 gennaio

di

Una selezione degli spettacoli e dei festival più interessanti della settimana, dal 9 al 15 gennaio, in scena nei teatri di tutta Italia

Foto prove, Antigone e i suoi fratelli, ph. Andrea Macchia

In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 9 al 15 gennaio.

Teatro e danza

ANTIGONE E I SUOI FRATELLI
Antigone è tra le figure della tragedia classica, quella che forse più di altre riesce ancora parlare con forza alla nostra contemporaneità, ed è da sempre l’emblema di una gioventù consapevole, assertiva e capace di opporsi al potere precostituito e ai compromessi.  Gabriele Vacis, partendo dal testo di Sofocle e dalla storia che in esso è raccontata, mette in scena una fitta rete di rimandi alla storia di questo personaggio alla ricerca della «sostanza pesante della fraternità».

Scrive Vacis: «Non è la messinscena del testo di Sofocle. È piuttosto una storia del personaggio che attraversa i tragici, da Sette a Tebe di Eschilo, passando dai testi sofoclei per arrivare a Fenicie di Euripide. Nelle diverse tragedie Antigone assume una profondità nel rapporto con i fratelli, Eteocle, Polinice e Ismene. Quello che cercheremo è la sostanza pesante della fraternità. Cosa significa quindi essere fratelli? Sarà la ricomposizione di fratellanza con libertà e uguaglianza a garantirci i prossimi settanta o ottant’anni di pace? Sarà uno spettacolo di giovani. I ragazzi che si sono diplomati alla Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino si sono costituiti in una compagnia che si chiama Potenziali Evocati Multimediali. Saranno loro i protagonisti dello spettacolo, ragazzi come Antigone, Ismene, Eteocle e Polinice, alle prese con un futuro complicato ma con una gran voglia di restare vivi».

Foto prove, Antigone e i suoi fratelli, ph. Andrea Macchia

“Antigone e i suoi fratelli” di Gabriele Vacis, da Sofocle, con (in ordine alfabetico) Davide Antenucci, Andrea Caiazzo, Chiara Dello Iacovo, Pietro Maccabei, Lucia Raffaella Mariani, Eva Meskhi, Erica Nava, Enrica Rebaudo, Edoardo Roti, Letizia Russo, Daniel Santantonio, Lorenzo Tombesi, Gabriele Valchera, Giacomo Zandonà, scenofonia e ambienti Roberto Tarasco, pedagogia dell’azione e della relazione Barbara Bonriposi, dramaturg Glen Blackhall, suono Riccardo Di Gianni. Produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, in collaborazione con Associazione culturale PEM. A Torino, Fonderie Limone Moncalieri, dal 10 al 22 gennaio.

IL TANGO DELLE CAPINERE

Lo spettacolo di Emma Dante prende spunto da “Ballarini”, ultimo capitolo della sua “Trilogia degli occhiali”. Due anziani coniugi si lanciano in una danza appassionata ripercorrendo la loro vita. È l’ultimo dell’anno, sta per scoccare la mezzanotte, e i due amanti si ritrovano davanti al baule dei ricordi, ballano, si baciano, rivivono i momenti più belli della loro vita, come un carillon che gira senza sosta. Lei lo sorregge per non fargli perdere l’equilibrio, lui le sorride con amore. Un giro di manovella al carillon e il tempo inverte il percorso, adesso i due sono più giovani, inforcano gli occhiali e riprendono a ballare sulle note di vecchie canzoni. “Il tango delle capinere” è la danza della vita di due innamorati, una cerimonia nella quale si compone il mosaico dei ricordi, che rende più sopportabile la solitudine di una donna giunta nell’ultima fase dell’esistenza.

Emma Dante, ph. Carmine Maringola

“Il tango delle capinere”, di Emma Dante, con Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco, luci Cristian Zucaro. Produzione Sud Costa Occidentale, in coproduzione con Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale / Teatro di Roma -Teatro Nazionale / Teatro Biondo Palermo / Carnezzeria / Théâtre des 13 vents, Centre Dramatique National Montpellier / MA Scène Nationale – Pays de Montbéliard. A Palermo, Teatro Biondo, dal 13 al 22 gennaio.

FESTEN – IL GIOCO DELLA VERITÀ

Una grande sfida con un testo che in Europa è considerato ormai un classico e che in Italia viene messo in scena per la prima volta ad opera del regista Marco Lorenzi e della compagnia Il Mulino di Amleto. “Festen”, sceneggiatura del film danese diretto nel 1998 da Thomas Vinterberg, è la prima opera aderente al manifesto Dogma 95. Racconta di una grande famiglia dell’alta borghesia danese che si riunisce per festeggiare il sessantesimo compleanno del patriarca Helge. Alla festa sono presenti anche i tre figli. Il momento di svolta sarà il discorso di auguri del figlio maggiore Christian che una volta pronunciato cambierà per sempre gli equilibri della famiglia.

L’opera scava all’interno dei tabù più scomodi, affrontando la nostra relazione con la figura paterna, la verità, il rapporto con il potere e l’autorità imposta. Chi potrebbe mai tentare di rovesciare il mondo dei nostri padri? Scrive Lorenzi: «“Festen” apparentemente sembra raccontare una festa di famiglia, ma in realtà ha a che vedere con il nostro rapporto con la verità, con il potere e con l’ordine costituito. Sono sempre più sicuro che il nostro “Festen sia una comunità di esseri umani che recitano una commedia mentre uno di loro combatte come un pazzo per mostrare che in realtà sono tutti in una tragedia. Per questo “Festen” è radicalmente politico».

Festen, Ph. Giuseppe Distefano

“Festen – il gioco della verità”, di Thomas Vinterberg, Mogens Rukov & BO Hr. Hansen, adattamento per il Teatro di David Eldridge, prima versione italiana traduzione e adattamento di Lorenzo De Iacovo e Marco Lorenzi, con Danilo Nigrelli, Irene Ivaldi e (in ordine alfabetico) Yuri D’Agostino, Elio D’Alessandro, Roberta Lanave, Carolina Leporatti,  Barbara Mazzi, Raffaele Musella, Angelo Tronca, regia Marco Lorenzi, dramaturg Anne Hirth, visual concept e video Eleonora Diana, costumi Alessio Rosatid, Sound designer Giorgio Tedesco, luci Link-Boy (Eleonora Diana & Giorgio Tedesco). Produzione TPE – Teatro Piemonte Europa, Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Teatro delle Briciole Solares Fondazione delle Arti,in collaborazione con Il Mulino di Amleto. A Torino, Teatro Astra, dal 13 al 15 gennaio, e in tournée (fino al 15 marzo) in diverse città italiane: Vignola, Teatro Ermanno Fabbri, il 24; Pisa, Teatro Verdi, il 25; Bologna, Teatro Arena del Sole, dal 26 al 29 gennaio.

ASPETTANDO GODOT

Con una pratica che coniuga arte antica e moderna, Theodoros Terzopoulos, fra i maestri del teatro del Novecento, è noto per il suo originale approccio alla tragedia greca e ai testi classici, vere e proprie fonti per indagare questioni universali dell’essere umano: «Abbiamo bisogno di grandi idee, di grandi tensioni, come quelle della tragedia classica: tra umano e divino, tra uomo e uomo, tra privato e pubblico. A vincere non è la buona recitazione o la regia, ma la forza del conflitto che portano sulla scena» ha dichiarato.

 In questo nuovo lavoro, l’artista greco sceglie di affrontare il capolavoro di Beckett “Aspettando Godot”, uno dei testi più celebri del “teatro dell’assurdo”, che ruota attorno al dialogo sterile fra due personaggi sospesi nella condizione dell’attesa. Con la sua cifra stilistica Terzopoulos crea un vivo dialogo tra la contemporaneità e il dramma beckettiano, trattato come una lente per leggere e interpretare il presente, tra le sue profonde contraddizioni e le tragiche derive. Nella sua versione, la vicenda è ambientata in un mondo in rovina, in un futuro molto prossimo in cui tutte le ferite attuali e passate appaiono acuite. In questo contesto, si apre l’interrogativo su quali siano le condizioni minime per pensare a una vita che valga la pena di essere vissuta.

Aspettando Godot, prove, foto di Luca Del Pia

Aspettando Godot”, di Samuel Beckett, traduzione Carlo Fruttero, regia, scene, luci e costumi Theodoros Terzopoulos, con (in o.a) Paolo Musio, Stefano Randisi, Enzo Vetrano, e Giulio Germano Cervi, Rocco Ancarola, musiche Panayiotis Velianitis, consulenza drammaturgica Michalis Traitsis. Produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, in collaborazione con Attis Theatre Company. A Modena, Teatro Storchi, dal 12 al 15 gennaio, e in tournée a Correggio, Teatro Asioli, il 17 e 18; Teatro Comunale, Casalmaggiore, il 19; Teatro Comunale, Teramo, il 25; Teatro Comunale, Russi, il 27; Teatro Amintore Galli, Rimini, il 29.

IL GRANDE INQUISITORE

“…perché sei tornato? No, non rispondere! Non hai il diritto di aggiungere niente a quello che hai già detto!”. Dostoevskij apre “I fratelli Karamazov” presentando il romanzo come la storia di Aleksej, il più piccolo dei fratelli. È lui il vero protagonista e il personaggio alle cui imprese, nelle intenzioni dello scrittore, avrebbe dedicato il suo romanzo successivo se la morte non fosse arrivata prematura. Da lui comincia e con lui termina questo dialogo che è racconto e visione di un passato lontano e lucidissima narrazione del presente. Due fratelli, un aspirante scrittore e un aspirante monaco, due posizioni opposte nel vivere la vita, stessa tragedia familiare. Si confrontano, forse per la prima volta, in una trattoria. Vogliono “salvarsi “a vicenda…ciascuno vuol portare l’altro alla sua visione della vita. Chi vincerà? A scavare nelle vertiginose parole del gran testo sono i due attori Flavio Albanese e Tony Marzolla diretti dalla regista Marinella Anaclerio.

Il Grande Inquisitore, con Tony Marzolla e Flavio Albanese. © Giacinto Mongelli

“Il Grande Inquisitore”da “I fratelli Karamazov” di F. M. Dostoevskij, drammaturgia e regia Marinella Anaclerio, con Flavio Albanese e Tony Marzolla, impianto Scenico Francesco Arrivo, costumi Stefania Cempini, disegno luci Cristian Allegrini, grafiche Giuseppe Magrone. Produzione Compagnia del Sole. A Bari, Teatro Abeliano, il 14 e 15 gennaio.

AMORE E INFORMAZIONI

Acutezza di sguardo politico, innovazione formale, audacia nella sperimentazione del linguaggio e quasi dissoluzione della struttura teatrale sono gli elementi fondanti in “Love and information” della drammaturga britannica Caryl Churchill, un progetto del Collettivo Amore e informazioni. Il testo nella versione originale prevede 57 scene per oltre cento personaggi e, come scrive Paola Bono nella postfazione alla raccolta di testi della Churchill, «è un caleidoscopio che densamente riflette su un regime di iper-informazione che paradossalmente ci lascia ignari del mondo, privi di memoria e incapaci di emozioni».

Il rapporto tra “Amore” e “Informazioni” è il nocciolo della pièce: le sette sezioni di cui è composto il testo ne illuminano tutte le possibili interazioni. Le 57 scene originali (alcune della durata di pochi secondi, altre di qualche minuto) saranno rappresentate da soli tre attori e una performer, dentro un ambiente neutro, non caratterizzato, una ‘scatola’ bianca (o nera) dove pochi oggetti, alcune sedie, vedranno gli attori entrare e uscire dalle varie scene indossando una maschera da animale o di varie umanità, parrucche e cappelli.

Amore e Informazioni © Laila Pozzo

“Amore e informazioni”, di Caryl Churchill, regia Marina Bianchi, con Corinna Agustoni, Mauro Barbiero, Elena Callegari, coreografa e performer Chiara Ameglio, costumi Giada Masi, sound designer Andrea Petrillo, luci Giacomo Marettelli Priorelli. Progetto Collettivo Amore e informazioni, produzione Teatro dell’Elfo, collaborazione produttiva Fattoria Vittadini. A Milano, Teatro Elfo Puccini, dal 10 al 29 gennaio. Prima nazionale.

PASOLINI ED EZRA POUND

Nell’ottobre del 1967, Ezra Pound, nella sua casa di Venezia, rilasciò una storica intervista. L’idea, accolta dalla RAI Radiotelevisione italiana, fu di Vanni Ronsisvalle, il quale propose che a incontrare il “poeta emarginato” ci fosse anche l’intellettuale più eretico del comunismo italiano, Pier Paolo Pasolini. Pasolini e Pound, due universi distanti per politica, età e letteratura, ma con lo stesso amore per la poesia.

Lo spettacolo ricostruisce sul palcoscenico il percorso di preparazione di questo incontro fra le passioni di Pound e Pasolini raccontate attraverso le loro vie crucis: percorsi che li accomunano nella sofferenza per l’arte, espressa attraverso l’arte. I due saranno in scena attraverso la riproduzione dello storico video della Rai, e accanto due attori reciteranno Olga Rudge – matura amante e governante di Pound – e il giovane regista Ronsisvalle. Il profilo dei due intellettuali affiorerà dalle parole degli attori e attraverso un mosaico di stralci da quell’originalissima intervista, che saranno proiettati sullo sfondo. E alla fine sarà la loro scrittura a conquistarsi appieno la scena, in un omaggio conclusivo all’universo poetico adamantino e potente di Pasolini e alla voce drammatica e antesignana, ecologista e rivoluzionaria di Pound.

Pasolini Pound Odi et amo

“Pasolini/Pound. Odi et Amo”, di e regia Leonardo Petrillo, con Maria Grazia Plos, Jacopo Venturiero, consulenza artistica Monica Codena, costumi Sandra Cardini, visual Diego Cenetiempo, Produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia. A Roma, Palazzo delle Esposizioni, 14 gennaio, il 15 alle ore 11 e ore 20.

HATE RADIO DI MILO RAU

È uno dei lavori che ha rivelato il talento del bernese Milo Rau. Fa rivivere le vicende di RTLM/ Radio-Télévision Libre des Mille Collines, stazione radio ruandese che ebbe un ruolo cruciale nell’incitamento al genocidio della minoranza Tutsi e degli Hutu moderati, strage che, in soli 100 giorni – tra il 6 aprile e il 16 luglio 1994 – causò la morte di quasi un milione di persone. La radio divenne potentissimo strumento di propaganda violenta e razzista: sul palco del LAC sarà allestita una vera e propria stazione radio, luogo in cui tre estremisti di etnia Hutu e l’italobelga Georges Ruggiu, unico non-ruandese accusato di aver avuto un ruolo attivo nella strage, lavoravano, e di giorno in giorno, facevano crescere l’odio e incitavano alla strage. Grazie a documenti e testimonianze di ex carnefici e sopravvissuti, Hate Radio invita gli spettatori ad essere testimoni di quanto accaduto, rendendoli partecipi delle conseguenze distruttive e indelebili del pensiero razzista.

Milo Rau, Hate Radio, © Daniel Seiffert

A Lugano, LAC, Sala Teatro, il 13 e 14 gennaio, nell’ambito del focus tematico “La regia internazionale”.

EZRA IN GABBIA

Sul palcoscenico solamente una gabbia. Come quella in cui, nell’estate del 1945, Ezra Pound, ormai sessantenne, fu rinchiuso per 25 giorni, nel campo Arena Metato, in provincia di Pisa. Imprigionato dall’esercito americano tra pareti di rete metallica, un tetto di lamiera e il pavimento in cemento, venne esposto alle intemperie e illuminato costantemente anche durante la notte. Ma nello spettacolo la gabbia rappresenta i successivi 13 anni, quelli in cui Pound fu rinchiuso in un manicomio criminale degli Stati Uniti. Petrillo fa tornare in vita il poeta, con tutte le sue ossessioni. Di giorno, sotto il sole cocente, l’Ezra interpretato da Mariano Rigillo scatenerà la sua furia ieratica, mentre durante la notte emergerà l’intenso mondo poetico, espresso negli indimenticabili Cantos” rievocati da Anna Teresa Rossini.

Mariano Rigillo

“Ezra in gabbia o il caso Ezra Pound”, scritto e diretto da Leonardo Petrillo, liberamente tratto dagli scritti e dalle dichiarazioni di Ezra Pound, con Mariano Rigillo, Anna Teresa Rossini, scene Gianluca Amodio, costumi Lia Francesca Morandini, disegno luci Enrico Berardi, musiche Carlo Covelli. Produzione TSV – Teatro Nazionale, OTI – Officine del Teatro Italiano nell’ambito del progetto “VenEzra” promosso dalla Regione Veneto. A Padova, teatro Verdi, dall’11 al 15 gennaio.

VERSILIADANZA E MICHA VAN HOECKE

Per celebrare, nel 2023, i trent’anni di attività di Versiliadanza, la compagnia guidata da Angela Torriani Evangelisti, si è scelto di raccontare uno degli incontri centrali che ne ha nutrito la nascita: quello con il Ballet – Théâtre di Micha van Hoecke, poi Ensemble, a cui è dedicata una serata di studio, testimonianza e racconto sabato 14 gennaio al Teatro Cantiere Florida a Firenze (ingresso gratuito). “C’est moi peut-être” è il titolo dell’iniziativa che riunirà artisti, giornalisti, danzatori, collaboratori e amici della compagnia del coreografo russo-belga in un evento che andrà a ripercorrerne momenti tra passato, presente e futuro attraverso parole, immagini e molto altro, di una delle realtà più importanti del panorama italiano, che ha attraversato i palcoscenici per oltre trent’anni e favorito la nascita di un nuovo modo di guardare al linguaggio teatrale e alla danza, a un anno dalla scomparsa del suo fondatore Micha van Hoecke.

Ensemble di Micha van Hoecke. Ph. Paolo Bonciani

ORBITA IN DANZA

Realizzata dal nuovo Centro Nazionale di Produzione della Danza Orbita/Spellbound, nasce finalmente a Roma la prima stagione organica dedicata alla danza contemporanea (dal 10 gennaio al 17 maggio). “Diafanie. Materia e luce” è il titolo, evocativo della stagione disegnata da Valentina Marini che cura l’intera programmazione. 

Ad aprire la rassegna, il 10 gennaio al Teatro Palladium, è “Nothing”, rilettura dello shakespeariano “Re Lear”, fra le ultime creazioni di Michela Lucenti con Balletto Civile, che nelle mani del collettivo si trasforma in un duello fisico fra corpo e parola, movimento e spazio scenico. Il punto di partenza del lavoro è l’eredità dei padri, della quale si analizzano il peso che grava sulle scelte personali, la necessità di rinnegarla e allo stesso tempo di nutrirsene per rifondare la propria identità. L’immaginario dei padri contamina i bisogni e le aspettative dei figli, la nostalgia si trasforma in slancio prospettico, mentre la danza – eclettica, in assoli, in coppia o in gruppo, esplosiva o raggelata in movimenti stilizzati – fa da collante proponendosi, in definitiva, come elemento rigenerante.

ORBITA, Nothing, Balletto Civile

LA MORTE E LA FANCIULLA

In scena tre differenti “capolavori”. Uno musicale: il quartetto in re minore “La morte e la fanciulla” di Franz Schubert. Uno fisico: l’essere umano nell’eccellenza delle sue dinamiche. Uno spirituale-filosofico: il mistero della fine e il suo continuo sguardo su di noi.

Il pensiero della Compagnia Abbondanza/Bertoni torna a posarsi sull’umano e ciò che lo definisce: la vita e la morte, l’inizio e la fine sono i miracoli della nostra esistenza. Questo transitare da una forma all’altra ha a che fare con l’arte coreutica, portatrice di un tale compito, è essa stessa un balenare di immagini che appaiono e scompaiono continuamente. Un esempio di scrittura musicale che aspira all’infinito e accompagna l’ascoltatore oltre un’idea razionale, verso l’ignoto e il trascendente.

La morte e la fanciulla, Ph. Simone Cargnoni

“La morte e la fanciulla”, di, regia e coreografia Michele Abbondanza e Antonella Bertoni, con Eleonora Chiocchini, Valentina Dal Mas, Ludovica Messina, musiche F. Schubert, ideazione luci Andrea Gentili, video Jump Cut. A Gubbio, Teatro Comunale Luca Ronconi, il 14 gennaio.

BALLATA DEL VECCHIO MARINAIO

Divenuta manifesto della poesia romantica inglese, “La ballata del vecchio marinaio” vede due giganti della letteratura, Samuel Taylor Coleridge e Beppe Fenoglio, celebrati con l’opera che li ha visti “uniti”, uno in veste di autore e l’altro di traduttore (al Teatro Cantiere Florida di Firenze, il 15 gennaio, per la stagione di Versiliadanza). Una delle vette della produzione poetica di tutti i tempi in quella che forse è la traduzione migliore, la più ardita, la più affascinante e ipnotica, accompagnata dalla danza evocativa di Isabella Giustina, talentuosa danzatrice della sua generazione, dai paesaggi sonori e musicali originali di Alessandro Luchi e dalla voce di Ciro Masella, per inoltrarsi in un viaggio in mare aperto ma anche nelle pieghe più profonde dell’animo umano, dell’inconscio e dell’immaginazione seguendo i fantasmi, le visioni, le evocazioni in un viaggio iniziatico, di trasformazione e di conoscenza.

Ballata del vecchio marinaio

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui