13 marzo 2022

Noi, bestie incredule tra passato, presente e futuro

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La nuova drammaturgia d’autore indaga il tempo della pandemia, con i problemi etici che solleva: la pièce di Simone Corso al Teatro Due di Parma

Nel 2020, in Danimarca, Paese che vantava la più grande produzione al mondo di visoni da pelliccia, c’è stata una gigantesca mattanza della quale abbiamo poca memoria. Perché potenziali incubatori del Covid-19, sono stati abbattuti 17 milioni di animali, e oltre mille allevamenti. Una parte è stata seppellita in una grande fossa scavata in un campo di addestramento militare vicino a Østerbro. Trae ispirazione da questa cronaca e dalle immagini televisive di animali ammassati dentro le pale delle ruspe o scaricati dai cassoni dei camion – immagini diventate emblematiche dell’epidemia che stava contagiando il mondo -, lo spettacolo “Bestie incredule” di Simone Corso (classe 1990), testo vincitore del bando “Mezz’ore d’autore” che la Fondazione Teatro Due di Parma, sempre attenta a promuovere la drammaturgia contemporanea, ha selezionato tra gli otto dei 300 testi pervenuti, e messo in scena dagli attori della compagnia parmense.

È chiaro che le “bestie incredule” del titolo siano gli uomini. Siamo bestie paralizzate da ciò che abbiamo contribuito a creare danneggiando la natura, violandone le leggi, deturpandone il corso naturale, e causando, nell’oggi che ci riguarda, una pandemia che ha segnato irrimediabilmente la nostra epoca, lacerando anime e corpi. Il testo del giovane autore affonda il bisturi nella ferita che la paura ha creato. E lo fa con una scrittura asciutta e lirica allo stesso tempo, scandita da un tempo drammaturgico giocato sulla sovrapposizione e rifrazione di diverse linee temporali, e dando nuova forma al processo di rappresentazione stessa.

Creando distanza e relazione, empatia e mimetismo, affida la narrazione a una donna adulta, Susanne, una sorta di corifea che conduce il pubblico disposto frontalmente in scena, nell’interno degli eventi di un lontano passato ma parlando del presente visto dal futuro. Questo doppio dispositivo rende possibile che lo spettatore immagini di vedere se stesso da una lente d’ingrandimento posta lontano nel tempo.

Il presente di Susanne è il 2083. Ricostruisce, parlando a noi, gli accadimenti personali del 2020 prima che lei nascesse: vicende che coinvolgono i suoi genitori alle prese con una gravidanza e con scelte dolorose, lo zio Poul affetto da un lieve disturbo mentale e con la passione per la pittura, un allevatore di visoni che tenta di nascondere alcuni degli animali coinvolgendo il padre di Susanne, e un allegro tassista. Sono questi i suoi antenati che il destino ha costretto a confrontarsi con una pandemia.

Che siamo in un paese nordico lo dicono brevi cenni musicali e una voce che ricorda quella della cantante islandese Björk, ma specialmente l’azzurro con gradazioni di ghiaccio degli accurati costumi e quello dell’ambiente con un mobilio e oggetti dello stesso colore sfumato. Nel mezzo della scena campeggia una porta. Essa, manovrata a vista, determina il corso del tempo aprendosi e chiudendosi all’apparizione dei personaggi. A muoverla è un grande orso umanizzato, sensibile agli eventi e alle persone, che osserva, ci guarda, si muove ai cenni della narratrice la quale spicca per l’elegante vestito rosso. Il suo racconto in un futuro possibile, di un passato che non ha mai vissuto, di una pandemia che è ormai mito, è scandito da improvvise brevi pause che bloccano i personaggi in pose da fermo immagine come quelle di un film che possiamo fermare e far ripartire a nostro volere – le esegue l’orso -, ma agìto realmente da persone in carne ed ossa.

Nel corso della storia ritroviamo parole, gesti, oggetti che hanno segnato il nostro quotidiano pandemico, e descrizioni di magnifici paesaggi nordici, e riferimenti all’arte, compreso il quadro di Leonardo da Vinci La dama con l’ermellino. Il tutto tra dramma, ironia e suspense, modulato dai bravi attori – Cristina Cattellani, Paola De Crescenzo, Davide Gagliardini, Massimiliano Sbarsi, Nanni Tormen, Pavel Zelinskiy -, e un ritmo agile che la sapiente regia di Nicoletta Robello dosa e mantiene, inanellando pian piano riflessioni etiche che ci chiamano in causa.

“Bestie incredule”, di Simone Corso, regia Nicoletta Robello, luci Luca Bronzo, costumi Emanuela Dall’Aglio, scena Eleonora Scarponi, musiche Arturo Annecchino. Produzione Fondazione Teatro Due, Nutrimenti Terrestri. Al Teatro Due di Parma, fino al 20 marzo 2022.

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