14 marzo 2006

decibel_talenti laterali Mirco Santi e Xavier Garcia Bardon

 
Il duo artistico Santi & Saule propone, attraverso l'utilizzo di super 8 e giradischi preparati, un’intensa ricerca dei luoghi dove si incontrano la luce e il suono. A metà strada tra il cinema sperimentale di Jarman e l'installazione sonora...

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La parte sonora della vostra performance è dotata di notevole intensità fisica. Tutto questo con il solo ausilio di vecchi giradischi. Puoi spiegarci come lavori?
Xavier Garcia Bardon: Lavoro a partire da vecchi giradischi, dischi in vinile, audiocassette, e dagli effetti artigianali per la distorsione. Nella maggior parte dei casi lavoro con dei loop creati direttamente sul supporto le cui caratteristiche e i cui rumori (fruscii, sibili, scoppiettii, crackle) mi interessano quasi quanto la musica che vi è registrata. E provo a giocare sulla combinazione di questi elementi per creare una musica allo stesso tempo orchestrale e concreta. La musica sperimentale puramente astratta non mi interessa. Cerco di far si che i miei pezzi abbiano sempre allo stesso tempo qualcosa di pop. Un’energia quasi rock.

La scelta di utilizzare nelle performance vecchi proiettori super8 implica un amore per la manualità, per il gesto. Questo cambia qualcosa secondo te nella proiezione dell’immagine?
Mirco Santi: La cosa che più colpisce di una proiezione in super8 è la materialità intrinseca al formato, la sua grana quasi invisibile e quella texture cromatica (che si esalta nei momenti di sfocatura) la quale involontariamente finisce con l’impastarsi alla polvere, ai graffi, alle imperfezioni. Al pari, in una proiezione S8, si evidenzia la fisicità dell’evento: lo spazio è vissuto integralmente, l’ambiente è occupato dal piccolo proiettore, dalla presenza di chi l’aziona, dal fascio luminoso e dalla finestra dello schermo. L’ambiente si riempie di un battito ritmico e i rumori delle manopole e degli interruttori azionati per modificare velocità e direzione alla pellicola aggiungono presenza e gesto all’evento. In genere attorno e dietro, talvolta davanti e fra il proiettore e lo schermo, gli spettatori, con la loro presenza fisica. Infine le dimensioni ridotte della finestra di proiezione contribuiscono a ricreare quella sorta di intimità, quella condivisione partecipata che caratterizza le riunioni di famiglia dedicate alla visione dei propri film.
Santi & Saule
Mirco, tu sei co-fondatore del progetto di ricerca Homemovies. Che cosa fate?
Mirco Santi: L’Associazione Home Movies si occupa di recuperare la memoria filmica familiare, ossia tutto quel materiale in pellicola, ma in piccolo formato (8mm, super8, 9,5mm,16mm), frutto della passione di persone intenzionate a filmare la propria vita, il quotidiano. In genere sono padri di famiglia che fino agli anni ’80 hanno fissato a 18 fotogrammi al secondo la propria memoria, condensando e cogliendo indirettamente l’evoluzione della Storia nelle sue più genuine sfumature. Home Movies sta realizzando, a Bologna, con i materiali raccolti, l’Archivio Nazionale del Film di Famiglia. Le pellicole raccolte testimoniano ampiamente il secolo scorso (dagli anni Venti agli anni Ottanta) e sono conservate in locali climatizzati, dopo essere state inventariate, verificate e digitalizzate. La catalogazione a partire dal video resta l’ultima impegnativa fase che permette però di rintracciare agevolmente i contenuti di questi film per poterli poi eventualmente riutilizzare. Senza tutte queste operazioni le pellicole sono destinate all’oblio. Pochi hanno ancora proiettori e strumenti adeguati o sono in grado di utilizzarli senza rischiare di danneggiare i materiali stessi.

Saule è anche un progetto solista esclusivamente musicale. Ce ne parli Xavier?
Xavier Garcia Bardon: A volte io suono senza le immagini di Mirco, anche se questa musica è nata per il nostro progetto comune, che è cominciato a fine 2001. Allora, suonavo già della musica per giradischi nel duo Géographique (che continua a esistere del resto) e che, come duo, suona con gli stessi giradischi una musica abbastanza diversa, più improvvisata e rapida, con più effetti di cut up, più salti e maggior dialogo tra i suoni.
Saule ha cominciato con il desiderio di lavorare su loop che trovavano meno spazio in Géographique, soprattutto dei loop lenti e romantici, orchestrali, e di provare a sviluppare un’altra atmosfera con gli stessi strumenti. L’idea era anche di utilizzare unicamente suoni che trovavo su brutti dischi, facili da reperire alle pulci e nelle brocantes (di cui Bruxelles è ricca), e di produrre una bella musica a partire da una musica brutta.
Dato che al tempo, Mirco ed io ci proponevamo anche di lavorare insieme, e che Mirco era stato invitato in Belgio per mostrare i suoi film, abbiamo pensato che fosse il momento di cominciare questo progetto. Ciò si è immediatamente realizzato come collaborazione live. Successivamente è venuto l’album di Saule su Sub Rosa (2003), di cui un pezzo è la colonna sonora di una delle nostre collaborazioni (Lido), mentre le altre sono state create senza immagini.
I visuals di Santi & Saule
Che forma prende tutto questo dal vivo?
In forma live, le due formule esistono e naturalmente anche Mirco mostra le sue pellicole senza musica. Quando performiamo insieme, la musica ha certamente qualcosa di un po’ più trattenuto rispetto a quando suono senza le immagini di Mirco, data la complementarità del film e della musica. All’inizio della nostra collaborazione le immagini e la musica seguivano cammini indipendenti con punti di ritrovo (ed una durata comune, quella della performance). È un’attitudine che ci soddisfa ancora molto, anche se ci capita anche di tentare delle coincidenze più ragionate.

Xavier tu ti occupi, tra le altre cose, di ricerca, storia e programmazione cinematografica. Da dove nasce il tuo amore per il cinema? C’è qualche rapporto, per te, che lo lega al mondo dei suoni?
Xavier Garcia Bardon: Non so realmente da dove venga il mio amore per il cinema. Ma esiste da parecchio tempo, soprattutto per il cinema sperimentale e il suo aspetto plastico/visivo. Mirco ed io siamo entrambi appassionati di cinema sperimentale, è così che ci siamo incontrati. Poiché facevo anche della musica, dopo qualche tempo si è pensato di lavorare assieme.

Il vostro modo di lavorare risponde ad una scelta artistica o funzionale? In altri termini, quale rapporto avete con il computer e, in generale, il modo digitale di produrre e riprodurre immagini e musica?
Xavier Garcia Bardon: Il fatto che si utilizzino formati “superati” non ci fa difensori accaniti dell’analogico. Ma sono gli strumenti che meglio ci convengono. Nel live il laptop ha qualcosa di freddo, non è molto eccitante né da utilizzare né da guardare. Ora, per noi il dispositivo e il modo in cui occupa lo spazio è ugualmente importante, come pure l’idea che tutte le manipolazioni o quasi siano visibili e compiute in diretta, fisicamente. Per la musica, ho bisogno di trattare direttamente i dischi e gli effetti. L’interesse e il fascino del vinile non è soltanto nel suono che d’altra parte può essere riprodotto fedelmente su supporto digitale ma è anche nell’attrezzo. La maggior parte dei musicisti che lavorano con un laptop utilizzano gli stessi effetti. Sono più interessato a questa dimensione artigianale, alla possibilità di lavorare direttamente sul vinile, sulle cassette, di utilizzare il suono dei piccoli altoparlanti dei giradischi, giocare con il rischio di feedback. Con questi supporti, la dimensione del caso e il rischio d’incidente sono in tal modo molto presenti, ed il materiale, deteriorandosi poco a poco, modifica il suono e le immagini in rapporto alle performance.
Noi preferiamo lavorare con questo tipo di materiale anche se è più ingombrante e ciascuno di noi vive all’ultimo piano di palazzi senza ascensore!

Utilizzate pero, anche strumenti digitali…
Utilizziamo lo strumento digitale per il montaggio. Per la musica (in Saule e in altri progetti) lo utilizzo per tagliare e montare le registrazioni. Insieme, in Santi & Saule, abbiamo iniziato ad utilizzarlo anche per lavorare su video che non sono più documenti delle nostre performance ma dei film. È un aspetto che cercheremo di sviluppare sempre più e sul quale si potrebbe difficilmente lavorare senza il computer.

Come si conciliano queste due scelte?
Mirco Santi: Entrambe le scelte possono essere contemplate nel nostro metodo di lavoro, di fatto il primo approccio lo abbiamo avuto singolarmente amando importanti esperienze del passato (cinema e musica sperimentali) e lavorando su dei media obsoleti e, per questo, paradossalmente facili da reperire (proiettori super8 e vecchi giradischi) che di fatto si rifanno a quelle esperienze. Ciò non toglie che il video digitale sia per me un presupposto fondamentale e una piattaforma sulla quale poter lavorare soprattutto a partire dai film di famiglia che in quanto documenti unici e non miei (l’emulsione inversibile del piccolo formato fa di ogni film una copia unica) vanno rispettati nel modo più assoluto. Con Xavier abbiamo per esempio utilizzato questi materiali familiari telecinemati per un livemedia a Milano. In altre occasioni ho poi utilizzato del video digitale mio assieme a riprese dal vivo e modulazione analogica del segnale con vecchi strumenti. Di certo trovo più stimolante l’idea performativa a partire da azioni “fisiche” sui media piuttosto che la semplice modulazione via software di dati già acquisiti.

discografia reperibile
Saule – Saule, 2005 Sub Rosa

link correlati
Homemovies
Sub Rosa

alessandro massobrio

[exibart]


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