11 maggio 2004

decibel_talenti laterali Intervista a Massimo Carozzi

 
Le sue passioni sono il cinema, la letteratura e la musica. Massimo Carozzi da diversi anni elabora una ricerca estetica che spazia dalla sound art alla performance fino ai reading e ai concerti rock. In occasione della pubblicazione del primo album con Emidio Clementi (ex Massimo Volume) Decibel lo ha incontrato per una breve intervista...

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Qual’è il tuo approccio estetico alla materia sonora?
Cerco di lasciare che i suoni siano se stessi, che mi colpiscano per la loro qualità intrinseca; successivamente li estrapolo dal loro contesto, li manipolo (o non li manipolo affatto) e li inserisco in un altro. Utilizzo microfoni e registratori digitali per la raccolta di field recordings. E poi ancora software per il montaggio e l’editing dei suoni; per il live mi servo di un mixer digitale, campionatore, giradischi, lettori cd e due vecchi sintetizzatori analogici degli anni ’70.

La tua ricerca si dipana tra musica e arte contemporanea. Dove ti senti più a tuo agio?
Sono due mondi diversi, con caratteristiche e sistemi di fruizione spesso contrastanti. Cerco con il mio lavoro di attraversarli, metterli in relazione, in conflitto…

Con Anna de Manincor e Anna Rispoli hai dato vita a ZimmerFrei. Quanto è importante per te lavorare in gruppo?
Abbiamo modus operandi molto distanti che si scontrano e si compenetrano continuamente nel nostro lavoro, dando vita a risultati di cui siamo i primi ad essere sorpresi. Ed è questa precisamente la caratteristica che mi fa preferire lavorare in gruppo: la possibilità che i propri gusti e inclinazioni si mescolino e si trasformino in un processo di creazione collettivo.

Come nasce uno dei tuoi più recenti lavori “35 mm”?
35 mm nasce da una passione mia per il suono nel cinema e dall’idea di “cinema interno” che attraversa da sempre il lavoro di ZimmerFrei; si trattava di esplorare la possibilità che ha il suono di formare delle immagini direttamente nella mente degli ascoltatori. Ho selezionato sequenze di dialoghi, ambienti, rumori e parti di colonne sonore provenienti da svariati film e ho provato a costruire una sorta di drammaturgia audio a partire da questi elementi, un altro livello narrativo; ho poi mixato questi elementi per un ascolto “spazializzato”, utilizzando la diffusione multicanale tipicamente cinematografica. Il lavoro è diviso in sezioni che sono incentrate su di un personaggio specifico. Questo tipo di operazione permette di creare un tessuto narrativo diverso, dei percorsi di senso non previsti. Il lavoro è comunque in evoluzione, essendo il campo d’azione vasto quanto la storia del cinema.

Lo scorso anno hai iniziato a lavorare con il vinile come materia plastica da manipolare e dal quale ricavarne dei loops…
Il lavoro di cui parli si chiama Anelli: quattro giradischi riproducono contemporaneamente quattro dischi su cui ho applicato dei pezzetti di carta adesiva. Quando la puntina incontra il pezzetto di carta torna indietro e ripercorre il solco che ha appena letto: si forma così un loop, un anello appunto. Poi ho sospeso quattro telecamere a circuito chiuso perpendicolarmente sui quattro giradischi in modo da trasmettere su quattro monitor dislocati altrove l’immagine del disco che gira. Volevo costruire un sistema in cui ogni elemento fosse in una relazione di reciprocità con gli altri, un sistema che fosse chiuso, autoreferenziale, ma che mantenesse un’apertura, data dal progressivo deterioramento dei pezzetti di carta e dal conseguente sfasamento dei loop. In questo modo è come se un elemento di disfacimento intaccasse il funzionamento di un meccanismo che altrimenti continuerebbe a perpetuarsi ciclicamente uguale a se stesso.

Recentemente è uscito il primo album di El Muniria con Emidio Clementi. È stata una gestazione molto lunga ed immagino, che nel corso del tempo, l’idea inziale dell’album si sia trasformata gradualmente. Qual è il risultato?
Fin dall’inizio avevamo un’idea precisa su come avrebbe dovuto suonare il disco; abbiamo cercato un suono che fosse viscerale e caldo, lirico e crudele, e delle parole potenti, evocative. Anche qui, come in 35mm, io ed Emidio abbiamo lavorato attorno a suoni che avessero la capacità di trasmettere un’immagine, anche sfuocata. La messa a fuoco di questa immagine è diventata il procedimento compositivo.

Nell’album si percepisce un equilibrio perfetto tra te ed Emidio Clementi…
Conosco Emidio da moltissimo tempo, siamo legati da un rapporto di amicizia ormai consolidato, anche se spesso conflittuale. La prima collaborazione risale ad un paio d’anni fa con la messa in scena de La Notte del Pratello, un reading di cui io ho curato la parte sonora e che abbiamo portato in giro in tutta Italia. E’ stato quindi naturale dare vita a una collaborazione strettamente musicale, che è sfociata nel progetto El Muniria.
Nel corso del lavoro abbiamo trovato un linguaggio comune, cercando di capire i nostri ruoli all’interno del progetto. Anche qui vale la metafora cinematografica: Stanza 218 (CD, Homesleep, 2004) è stato realizzato come un film. Emidio si è occupato della sceneggiatura, dell’ambientazione, io ho curato la fotografia, la luce del disco; assieme abbiamo lavorato con gli attori, i musicisti che hanno suonato/interpretato le varie scene/canzoni del disco.

Come sono stati pensati i visuals dei vostri concerti?
Abbiamo collaborato con Anna de Manincor e Mirco Santi, di cui conoscevo lo splendido lavoro che aveva fatto per Saule, il turntablist belga. Sono immagini in super 8, alcune realistiche (quelle di Anna) ed altre più astratte. Avevamo in mente le immagini nebulose e psichedeliche dei light show dei Velvet underground e dei Pink Floyd. Anna e Mirko hanno fatto un ottimo lavoro…

Progetti in cantiere?
Con ZimmerFrei realizzeremo un progetto speciale per Nadine, un centro dedicato alle performig arts che si trova a Bruxelles che ci terrà occupati fino alla fine di maggio; e poi i concerti con El Muniria…

marco altavilla

bio
Massimo Carozzi è nato a Massa nel 1967, vive e lavora a Bologna.
Massimo Carozzi preleva frammenti provenienti dal paesaggio sonoro che lo circonda (dalla sua famiglia, dalla strada, dai suoi amici musicisti, dalla sua collezione di dischi) per poi ricomporli in modo del tutto arbitrario.Dal 1994 si occupa della relazione fra suono e immagine, suono e scena, suono e letteratura, suono e spazio. Ha collaborato con e realizzato lavori per: Starfuckers, Anna de Manincor, Link Project, Motus, Andreas Pichler, Le Supplici, Emidio Clementi, Xing, MK. Nel settembre 2000 fonda con Anna Rispoli e Anna de Manincor il gruppo di produzione multimediale ZimmerFrei con il quale realizza la scena sonora di “N.K. – Never Keep Souvenirs Of A Murder”, “Fake Mistake”, “Vocoder – Black Words (On White Paper) ” e “Spazio Largo/Cinema Interno”. Tra le sue principali mostre collettive ricordiamo nel 2003 “Cover Theory”, a cura di Marco Senaldi, Officina della Luce, Piacenza; “Space is Still the Place”, a cura di Marco Altavilla, TPO, Bologna; 2002: “Batofar cherche l’Italie”, a cura di Julie Demuer e Oulimata Gouye, Batofar, Parigi, “Space is the Place”, a cura di Marco Altavilla, TPO Bologna; 2000: “Hops!”, a cura di Silvia Fanti e Andrea Lissoni, Link, Bologna.

[exibart]
ZimmerFrei_Quando_2004
Massimo Carozzi_Presente Multiplo

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