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Un grande protagonista dell’arte italiana del Novecento viene celebrato per la prima volta in Polonia: fino al 5 ottobre 2025, la Zachęta Galleria Nazionale d’Arte di Varsavia ospiterà una vasta mostra retrospettiva dedicata a Giorgio Morandi, curata da Lorenzo Balbi, direttore del Museo Morandi – Settore Musei Civici del Comune di Bologna. L’iniziativa, realizzata con il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia a Varsavia, vuole riportare a un pubblico internazionale l’intensità meditativa e la forza formale della pittura morandiana che, in un’epoca dominata dalla moltiplicazione delle immagini, invita a un esercizio di attenzione, a una percezione rallentata.

Giorgio Morandi, una breve biografia
Giorgio Morandi nacque a Bologna il 20 luglio 1890, in una famiglia della piccola borghesia. Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti della sua città natale, dove si diplomò nel 1913, iniziò un percorso artistico che sarebbe rimasto legato quasi indissolubilmente alla sua città e, più precisamente, al suo studio in via Fondazza, dove visse e lavorò per gran parte della sua vita.

Influenzato dalle ricerche post-impressioniste e dalla pittura di Paul Cézanne, ma anche dalle esperienze delle avanguardie, in particolare il Futurismo e il Cubismo, dopo la Prima guerra mondiale aderì brevemente al movimento Valori Plastici. In questi anni Morandi iniziava a consolidare il proprio vocabolario visivo: nature morte, paesaggi, oggetti quotidiani — bottiglie, vasi, scatole — disposti in composizioni essenziali ma cariche di tensione percettiva.

Nel 1930 ottenne la cattedra di Tecnica dell’Incisione all’Accademia di Belle Arti di Bologna, un incarico che mantenne fino al 1956 e che testimoniò il suo profondo interesse per la grafica d’arte. Durante gli anni del fascismo, Morandi mantenne una posizione appartata, lontana dagli slogan del regime, coltivando una pittura silenziosa, ritirata, quasi contemplativa. Dopo la Seconda guerra mondiale, la sua reputazione crebbe notevolmente anche a livello internazionale: partecipò a numerose mostre in Europa e negli Stati Uniti, e nel 1957 vinse il Gran Premio per la Pittura alla Biennale di San Paolo del Brasile.

Negli ultimi anni, i suoi paesaggi appenninici, in particolare quelli realizzati a Grizzana, piccolo borgo nei pressi di Bologna dove soggiornava nei mesi estivi, si affiancano alle sue celebri nature morte. Morandi morì a Bologna il 18 giugno 1964, lasciando un corpus coerente e profondamente riconoscibile di opere. Nel 1993 è stato fondato il Museo Morandi all’interno del Museo d’Arte Moderna di Bologna – MAMbo, oggi principale custode della sua eredità.

Una mostra che attraversa l’intera carriera dell’artista
L’esposizione ripercorre tutto l’arco dell’attività artistica di Giorgio Morandi, dai primi lavori degli Anni Venti, influenzati dal gruppo Valori Plastici, fino alle iconiche nature morte e ai paesaggi degli anni Cinquanta e Sessanta. Lungo il percorso, le sue bottiglie, scatole, vasi e conchiglie si susseguono come variazioni di un tema: oggetti comuni, ritratti in composizioni rigorose e insieme intime, capaci di restituire una visione del mondo fatta di silenzio, concentrazione e lentezza.

Tra le opere scelte, spiccano Natura morta su un tavolo (1920), emblematica del linguaggio classico postbellico, e Natura morta con conchiglie (1940), che segna un momento di riflessione simbolica negli anni della guerra. La mostra prosegue con le tele del Morandi maturo, come Natura morta (1956), dove la pittura diventa sempre più essenziale e monumentale al tempo stesso. Non mancano i paesaggi, vere e proprie vedute interiori: scorci di Via Fondazza a Bologna o di Grizzana, che evocano la quiete e il ritmo dilatato del vivere quotidiano.

Il segno inciso: la forza della linea
Un’intera sezione è dedicata alle incisioni, disciplina a cui Morandi dedicò una parte fondamentale della propria ricerca. L’opera Pane e limone (1921) rivela l’attenzione dell’artista per l’equilibrio tra luce e ombra, per la costruzione di uno spazio espressivo ridotto all’essenziale. Le sue acqueforti, così come i dipinti, rivelano la coerenza di uno sguardo alla ricerca dell’epifania della forma.
















