25 ottobre 2021

A Milano, i Percorsi di Angelo Caruso attraversano l’Anfiteatro della Martesana

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Un nuovo intervento relazionale e site specific di Angelo Caruso che, con i suoi “Percorsi”, ci porta a scoprire uno spazio interno e poco battuto dell’Anfiteatro della Martesana

Angelo Caruso, Percorsi, Anfiteatro della Martesana

Tra gli interventi più instagrammati di Angelo Caruso, social artist, c’è Color Earth Linea Rossa (2019-2021), intervento stagionale composto da papaveri rossi incastonati nello spartitraffico in viale Monza, tra le arterie commerciali più trafficate e inquinate di Milano, dove una sosta nel punto sbagliato di un pedone o di un ciclista è altamente rischiosa. Caruso, dal 2000, propone opere di arte pubblica partecipata in diversi luoghi anche decentrati della città, volti alla rigenerazione urbana con l’obiettivo, seppure in maniera ludica e poetica, di porci domande sulle criticità del presente al la ricerca di comunità.

L’artista neo-situazionista è un agitatore culturale erede delle pratiche Fluxus, noto per i suoi numerosi interventi nei luoghi urbani e naturali, fedele al concetto di arte come prassi collettiva, attraverso azioni, materiali, installazioni “sulla” e “nella” città come teatro dei flussi all’insegna dell’Arte pubblica in dialogo con il territorio e i cittadini. Identità sociale, azioni condivise, dialogo tra pubblico privato, Caruso con differenti interventi site-specific ci pone la domanda sulla funzione degli spazi liberi, valorizzando i cosiddetti vuoti urbani, pieni di segni, di tracce sottese di vissuti, “infraspazi” che poi così vuoti non sono mai. Le sue opere ci invitano a riflettere sul desiderio di socialità e necessità di vivere relazioni, spinti come siamo dal bisogno atavico di fare comunità, di incontrare e riconoscere l’altro, per una riappropriazione creativa dell’ambiente urbano attraverso la pratica dell’arte.

Angelo Caruso anfiteatro martesana
Angelo Caruso, Percorsi, Anfiteatro della Martesana

Caruso agisce nelle piazze delle città, in quartieri, strade e luoghi periferici, ambienti sociali dove l’io cerca l’altro per suggellare un legame simbolico di appartenenza e di comunità. Dalle piazze, passando a un luogo chiuso, com’è un cunicolo nascosto dentro l’Anfiteatro della Martesana, tra i luoghi più incantevoli di Milano, per Angelo Caruso cambiano gli scenari e così gli interventi, sempre ideati in dialogo con il contesto e chi lo abita, ma non muta il suo obiettivo di condivisione di un qualcosa per qualcuno con opere effimere fuori dai luoghi istituzionali non monetizzabili.

L’ultima opera di Angelo Caruso si intitola Percorsi (2021), ideata in uno spazio interno dell’Anfiteatro della Martesana, aperto al pubblico e utilizzato come deposito di una ciclofficina, senza identità, mappato da un numero imprecisabile di scarpe usate e donate dai cittadini a seguito di una call diffusa in rete. In questo luogo, scarpe usate di tutti i colori, fogge e misure, maschili e femminili sono ready made di vissuti, inquietanti presenze che si snodano lungo le pareti come lumache, perimetrando tracciati tortuosi, evocando quelle rotte di immigrati e rifugiati politici costretti ad abbandonare i loro Paesi per sopravvivere, afflitti da povertà, conflitti, persecuzioni e violazioni di diritti umani.

Angelo Caruso anfiteatro martesana
Angelo Caruso, Percorsi, Anfiteatro della Martesana

Il sostantivo maschile “percorso” significa spostamento lungo un itinerario a piedi o su un qualsiasi altro mezzo di trasporto e, nell’epoca globale dei flussi migratori, Angelo Caruso, con questa sua installazione claustrofobica all’Anfiteatro della Martesana, inscena una metafora di nomadismi contemporanei che sottende “altri” e più complessi itinerari, senza definirli.

Come alla base del viaggio vi è spesso un desiderio di mutamento esistenziale, così i Percorsi di Caruso includono universi dell’erranza, con scarpe che indicano direzioni incerte, linee dell’ignoto dentro e fuori di noi.  Sappiamo che i percorsi si svolgono tra insidie e pericoli ma queste scarpe definiscono un territorio empatico e sottendono viaggi di molti erranti ai quali è stato tolto tutto ma non la speranza di cambiamento.

A rendere ancora più suggestiva l’installazione ambientale, in occasione dell’inaugurazione del 25 settembre, Salvatore Laia, compositore e polistrumentista tarantino, su richiesta di Angelo Caruso, ha realizzato Tracce Slegate, un intervento sonoro con due microfoni che amplificavano il rumore generato dai passi dei fruitori mentre attraversavano lo spazio, dando vita a un paesaggio sonoro di grande impatto emotivo.

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