11 novembre 2022

Addio a Hervé Télémaque, morto l’artista ironico della Negritudine

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Pittore e scultore, figura impossibile da incasellare, autore di una raffinata e ironica sintesi tra Pop, Realismo e Astrazione, anticipatore dei temi del Postcolonialismo, Hervé Télémaque è morto a 85 anni

Pittore, scultore, autore di una raffinata e potente sintesi tra Astrazione e Pop, tra echi mitologici e ricadute nella vita quotidiana, anticipatore, già negli anni ’60 e ’70, di temi diventati poi urgenti, come il razzismo e il colonialismo, dal voodoo alla negritudine, Hervé Télémaque è morto ieri, 10 novembre, a 85 anni. Ad annunciare la morte, avvenuta a causa di una malattia, l’Aspen Art Museum in Colorado, che ora ospita una retrospettiva dedicata all’artista di origini haitiane, presentata per la prima volta alle Serpentine Galleries di Londra. Figura al di là degli schemi, Télémaque ha sempre portato avanti una ricerca complessa da incasellare. Anche per questo, la sua arte, pur non trascurata dalla storiografia e dal mercato, non aveva ancora ottenuto il riconoscimento meritato e che solo in questi ultimi anni stava iniziando a riscontrare.

Hervé Télémaque: A Hopscotch of the Mind Hervé Télémaque: A Hopscotch of the Mind (Installation view, October 7, 2021 – January 30, 2022), “Fonds d’actualité No1 (Current Affairs No1)” Photography Hugo Glendinning

Hervé Télémaque: biografia

Télémaque nacque a Port-au-Prince, Haiti, il 5 novembre 1937 e sembrava dover essere destinato a una carriera nello sport, abbandonata precocemente per problemi di salute. Nel 1957, in concomitanza con la nuova presidenza di François Duvalier, probabilmente appoggiato dall’esercito, Télémaque decise di lasciare Haiti per New York. Qui si unì alla Art Student’s League fino al 1960, quando il suo maestro, il pittore Julian Levi, ne incoraggiò la vocazione artistica. Iniziò a frequentare musei e subì l’influenza tanto formale quanto concettuale dell’Espressionismo Astratto e del Surrealismo, interpretando, in particolare, la lezione di Arshile Gorkij.

Ma già nelle sue prime opere, come il dipinto del 1959, intitolato Sirène, si nota una tensione assolutamente indipendente. Télémaque voleva partire dalla realtà ma per rimanervi, sfuggendo agli estremi dell’astrazione: anche il titolo dell’opera si riferisce alla sua vita quotidiana, pur giocando con il linguaggio – un tema che rimarrà sempre nella sua ricerca – rievocando le sirene delle barche ascoltate dalla sua stanza a Brooklyn Heights. Dopo essersi sposato con Maël Pilié, deluso dall’atmosfera segregazionista negli Stati Uniti, nel 1961 decise di recarsi in Francia e stabilirsi a Parigi. «Il razzismo era alla base di tutto negli Stati Uniti», diceva in una intervista, «Non essere in grado di trovare uno studio, penso che ti dia una buona idea della situazione».

Hervé Télémaque: A Hopscotch of the Mind Hervé Télémaque: A Hopscotch of the Mind (Installation view, October 7, 2021 – January 30, 2022)

Il trasferimento in Europa

In Europa entrò in contatto con i Surrealisti ma senza farne ufficialmente parte. Nelle espressioni dell’arte popolare, come il fumetto, doveva trovare la sua principale vena di ispirazione che, rispetto alle modalità statunitensi, già si poneva in maniera più apertamente critica nei confronti della società. Nel 1964, dunque, partecipò alla mostra “Mythologies quotidiennes”, che riuniva un gruppo di artisti intorno alla nuova Figurazione Narrativa, tra cui Peter Klasen, Öyvind Fahlström, e Jacques Monory.

Nei primi anni ’60 realizzò una delle sue serie più originali, in particolare sotto forma di dittici, dove pezzi di anatomia, accompagnati da metafore visive denominate “finzioni” – croci, frecce, armi, biancheria intima, urne, maschere – e inseriti di linguaggio, a volte scritti semplicemente con il gesso o con la matita, scorrono su uno sfondo inizialmente bianco. Nel 1965 espose anche a Roma, alla galleria L’Attico, e nel 1968 partecipò alla Documenta IV a Kassel e alla Biennale d’Arte di Venezia. Negli anni ’70 rinunciò completamente alla pittura, dedicandosi al disegno, all’assemblaggio e al collage. Quest’ultimo medium era anche una citazione del lavoro di sua moglie Maël, che lavorava come sarta.

Hervé Télémaque: A Hopscotch of the Mind Hervé Télémaque: A Hopscotch of the Mind (Installation view, October 7, 2021 – January 30, 2022), “Inventaire, un homme d’intérieur” Photography Hugo Glendinning

In questo periodo realizzò delle sculture in qualche modo sulla scia dei ready-made di Duchamp, trovando il lato sorprendente ma anche enigmatico di oggetti ordinari, aprendo nuove possibilità di significato per materiali originariamente univoci. Fu nel 1973 che tornò per la prima volta ad Haiti, per vedere sua madre, dove rafforzò il suo immaginario.

Nel 1985 diventò cittadino francese naturalizzato e iniziò a ricevere commissioni pubbliche di alto profilo, come quella di un murale monumentale lungo 13 metri, creato nel 1986 per la Cité des sciences et de l’industrie di La Villette. Nel 1986 tenne anche la sua prima mostra personale nei Caraibi, con una ventina di dipinti esposti alla Casa de las Americas, durante la seconda edizione della Biennale di La Havana.

Gli anni 2000 vedono un ritorno alle fonti africane, affrontando il tema della “negritudine” e osservando, sempre con ironia e umorismo, gli eventi politici francesi. Nel 2010, in seguito al terremoto di Haiti del 12 gennaio, Télémaque sponsorizzò l’asta “Haiti Action Artists”, in beneficenza agli artisti haitiani.

Hervé Télémaque: A Hopscotch of the Mind Hervé Télémaque: A Hopscotch of the Mind (Installation view, October 7, 2021 – January 30, 2022), “My Darling Clementine” Photography Hugo Glendinning

Le mostre recenti

Una mostra retrospettiva gli è stata dedicata al Centre Pompidou nel 2015, con dipinti, disegni, collage, oggetti e assemblaggi. La mostra fu portata anche, nel 2016, alla Fondation Clément in Martinica, con una selezione di circa 50 dipinti direttamente legati alle Indie occidentali e all’Africa. Sempre nel 2016 le sue opere furono incluse nella mostra “Postwar: Art between the Pacific and the Atlantic, 1945 1965”, curata da Okwui Enwezor e Katy Siegel, alla Haus der Kunst di Monaco di Baviera.

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