27 novembre 2019

Attraversando Parma, sottovoce: il progetto di Ettore Favini

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Ettore Favini e la curatrice Valentina Rossi ci parlano di Nouvelles Flâneries, un progetto di arte diffusa, per riscoprire il piacere di passeggiare lungo le strade di Parma

Dallo scorso maggio, a Parma, ci sono delle tracce da scovare: eleganti targhe realizzate da Ettore Favini e poste sui muri della città, da luoghi pubblici a case private. Si tratta di Nouvelles Flâneries, l’operazione artistica curata da Valentina Rossi per scandagliare il tessuto urbano di Parma incoraggiando il pubblico a sollevare lo sguardo sulla città. Favini ha selezionato delle citazioni di scrittori, filosofi, intellettuali e artisti che Parma l’hanno vista, amata o semplicemente immaginata, come Marcel Proust, per esempio. Più di venti di opere da scoprire come in una colta caccia al tesoro per riflettere su una città fatta di persone, di cose, di movimento e tante storie. Ce ne parlano i protagonisti.

Partire dalla citazione di uno degli intellettuali scelti da Ettore Favini è magari poco originale, ma necessario per comprendere questo progetto complesso che avete realizzato lo scorso maggio 2019 a Parma. «Parma non è una città che si visita, è una città dove si va a zonzo, dove si va a vedere l’ora alla meridiana, oppure si cammina passo passo, pigramente», scriveva la poetessa Germaine Beaumont. Nouvelles Flâneries nasce da questa idea?
Valentina Rossi: «Questa frase è stata messa quasi alle porte della città, in una zona tra la stazione e l’imbocco dell’autostrada: ipoteticamente rappresenta la prima lastra che un eventuale flaneur può incontrare. Per questo abbiamo scelto implicitamente il termine a “zonzo”. Ma la citazione che ha dato il via a questo processo artistico è quella di Carlo Goldoni “Che sarà mai, diss’ io? è venuta forse la fine del mondo?»

Siete intervenuti nel tessuto urbano di un luogo dove il pubblico non è abituato a trovare qualcosa di inaspettato. Come è nata l’idea di creare un percorso narrativo a Parma? Quando è nato il progetto e quanto tempo ci avete impiegato a realizzarlo?
Ettore Favini: «Ho realizzato un’opera che parlasse all’orecchio delle persone, sottovoce, senza imporsi per creare un equilibrio delicato tra l’impianto cittadino e la realizzazione formale. Le targhe si integrano bene con gli edifici, quasi in modo mimetico e ci parlano del passato alterno della città, portandoci, spero, a immaginare un futuro».
VR: «Nouvelles Flâneries nasce proprio dall’idea di tracciare una nuova mappatura di Parma con possibili tragitti in cui il visitatore circola in aree non legate a qualche momento storico. È un monumento alla città stessa. Il progetto è nato due anni fa e, grazie ai tanti interlocutori che ci hanno sostenuto in città, abbiamo pubblicato un libro che raccoglie saggi di varia natura firmati da: Cristina Casero, Luca Cerizza, Fabiola Naldi, Enrico Rotelli, Carlo Gandolfi, Davide Papotti, Anna Zinelli, Marco Scotti, Anna Musini, Franca Zuccoli, Alessandra Scarazzato, Alessandra De Nicola e Antonio Rovaldi».

Il lavoro di Favini parte spesso dalla relazione di un determinato sistema con un luogo. L’andare a zonzo, poi, riprende la sua attitudine a raccontare il viaggio in modi sempre nuovi. Perché hai pensato che il suo approccio potesse essere quello giusto per Nouvelles Flâneries?
VR: «Seguo il lavoro di Ettore da tanti anni: invitarlo è stato quindi del tutto naturale. La mia idea era di lavorare su differenti livelli, dove anche la didattica ha avuto un ruolo importante. Invitare un artista che è anche docente rappresentava una buona metodologia per affrontare il progetto. In particolare, Ettore ha la capacità di ascoltare le persone, comprendere alcune sfumature dei luoghi e, quindi, inserirsi nel contesto in cui lavora».

Come è nata la selezione dei personaggi, delle citazioni e la relativa scelta dei luoghi dove installare le targhe?
EF: «Arrivato a Parma, avevo deciso di focalizzare la mia ricerca sulle mappe storiche della città, quindi ho iniziato a consultare la cartografia storica dell’Archivio Statale, grazie alla mappa della Battaglia di San Pietro del 1734 e uno spettatore d’eccezione: Carlo Goldoni. Grazie a questo ritrovamento inaspettato è nato tutto il progetto».

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