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Biennale Venezia 2026: l’arte impegnata di Khaled Sabsabi per l’Australia
Arte contemporanea
di redazione
Continua a delinearsi il panorama della prossima Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia, che si terrà che aprirà nell’aprile 2026, a cura di Koyo Kouoh. Dopo gli annunci, tra gli altri, della Francia e del Canada, che saranno rappresentati, rispettivamente, da Yto Barrada e Abbas Akhavan, questa volta tocca all’Australia annunciare l’artista del proprio padiglione: Khaled Sabsabi.
Classe 1965, nato a Tripoli, in Libano, e da anni stabilmente a Sydney, Sabsabi si definisce «Un artista impegnato socialmente che ha lavorato in centri di detenzione, scuole, prigioni, campi profughi e insediamenti, ospedali e centri giovanili, gallerie pubbliche e private». Per il suo progetto per il padiglione Australia alla 61ma Biennale d’Arte di Venezia, Sabsabi lavorerà con il curatore Michael Dagostino, attualmente direttore del Chau Chak Wing Museum presso l’Università di Sydney.

Arte per l’autodeterminazione
«Siamo orgogliosi di supportare questo straordinario team mentre si prepara a mostrare la propria visione in una delle piattaforme più prestigiose per l’arte contemporanea. Il lavoro di Khaled Sabsabi, in collaborazione con il curatore Michael Dagostino, riflette la diversità e la pluralità della ricca cultura australiana e darà vita a conversazioni significative con il pubblico di tutto il mondo», ha dichiarato Adrian Collette, CEO di Creative Australia, già Australia Council, agenzia del governo che si occupa di promozione artistica e culturale e che gestisce la partecipazione nazionale alla Biennale di Venezia.
Il team artistico del 2026 è stato selezionato in base ai consigli di un gruppo di consulenti indipendenti ed esperti di arti visive, a seguito di una open call in due fasi, che ha portato all’individuazione di sei finalisti. L’anno scorso, l’artista Bigambul-Kamilaroi Archie Moore ha vinto il Leone d’oro alla Biennale con il progetto kith and kin, diventando il primo australiano a vincere l’ambito premio. L’Australia partecipa alla Biennale di Venezia dal 1954 ed è una delle 29 nazioni ad avere un Padiglione permanente ai Giardini.
«È un onore perché la maggior parte del mio lavoro, della mia passione e del mio impegno nel corso degli anni ha riguardato idee di rappresentazione, idee di identità e l’analisi della rottura degli stereotipi, soprattutto nel contesto australiano di musulmani e arabi», ha affermato Sabsabi, commentando l’annuncio.
Nel 2011, con l’opera Naqshbandi Greenacre Engagement, Sabsabi ha creato un ambiente immersivo composto da tre monitor televisivi, un tappeto decorativo e l’aroma avvolgente dell’oud, invitando il pubblico a «sedersi e impegnarsi» con le pratiche sufi. Nel 2014, l’installazione video 70.000 Veils, frutto di un decennio di lavoro su 10mila immagini, ha affrontato il complesso rapporto tra religione e spiritualità nell’era digitale.
Nel 2022 ha deciso di ritirarsi dal Festival di Sydney, insieme ad altri 20 artisti, in segno di protesta contro l’accordo di sponsorizzazione con l’ambasciata israeliana. «Ho boicottato per una ragione semplice: io e il mio lavoro siamo legati dal sangue alla Palestina, alla causa palestinese e al loro diritto all’autodeterminazione e al ritorno nelle proprie terre», ha dichiarato Sabsabi.

Khaled Sabsabi: biografia
Nella sua pratica interdisciplinare, Khaled Sabsabi esplora le dinamiche dell’identità, della spiritualità e delle complessità sociopolitiche. Emigrato con la sua famiglia in Australia nel 1977 a causa della guerra civile libanese, Sabsabi ha intrapreso un percorso che affonda le radici nella cultura hip-hop degli anni ’80, per poi svilupparsi in una ricerca visiva e concettuale che attraversa diversi media, dalle installazioni immersive al video, dalla pittura al suono.
Dopo aver conseguito un Master of Arts in Time Based Art presso il College of Fine Arts della University of New South Wales, il suo lavoro si è progressivamente focalizzato su temi di migrazione, appartenenza e tensioni identitarie. Il viaggio in Libano e nella regione circostante, intrapreso nel 2002, ha rappresentato un momento di svolta nella sua carriera, portandolo a interrogarsi sulle connessioni tra esperienza individuale e collettiva, nonché sul ruolo dell’arte nella comprensione delle dinamiche globali. Sabsabi ha operato in contesti estremamente diversi, lavorando con comunità in scuole, prigioni, campi profughi, ospedali e centri giovanili, oltre che in gallerie e musei internazionali, sfidando le barriere culturali e geografiche e invitando alla riflessione su questioni di nazionalità, trasformazione e resistenza.
L’artista ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui la borsa di studio CCD dell’Australia Council for the Arts (2001), la Helen Lempriere Travelling Art Scholarship (2010), il 60mo Blake Prize (2011) e lo Sharjah Art Programme Prize (2016). Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private in Australia e all’estero e sono state esposte in prestigiosi appuntamenti internazionali, tra cui la Biennale di Sydney, la Biennale di Shanghai, la Biennale di Sharjah, la Biennale di Kochi-Muziris e la Biennale di Marrakech.
È rappresentato dalla Milani Gallery di Brisbane e attualmente vive e lavora a Sydney. Affiliato all’American Academy in Rome, in Italia abbiamo visto le sue opere nel 2019, nella mostra collettiva Australia. Storie dagli antipodi, a cura di Eugenio Viola, Aa PAC di Milano.