29 settembre 2022

Collezioni private come patrimonio comune: spunti legali e fiscali

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A Milano, da LCA Studio Legale, si è svolta una tavola rotonda per discutere sul rapporto tra collezionismo privato e patrimonio comune, dal punto di vista legale e fiscale, tra criticità e proposte

“Il collezionismo dei privati come patrimonio comune. Proposte operative e prospettive legali per immaginare il futuro”, questo il tema della tavola rotonda che si è tenuta il 19 settembre a Milano, presso LCA Studio Legale. Una occasione importante di dialogo, in cui si è trattato il tema delle donazioni di opere d’arte da parte del collezionista privato ai musei, più in dettaglio ai musei pubblici.

Durante la discussione sono stati analizzati gli strumenti che abbiamo a disposizione oggi in Italia e le motivazioni che possono condurre il collezionista a condividere la propria collezione con la collettività, rendendola patrimonio comune. Temi fondamentali, che un collezionista deve necessariamente affrontare quando inizia a riflettere sul futuro delle opere che ha raccolto in tanti anni di lavoro, impiegando spesso capitali significativi.  Ad approfondire l’argomento sono state quelle figure che, riguardo a questa specifica tematica, hanno un ruolo chiave: i collezionisti,  i musei e i professionisti del settore, che hanno fornito spunti legali e fiscali.

A moderare il dibattito – introdotto da Maria Grazia Longoni, responsabile del Dipartimento di Diritto dell’Arte di LCA Studio Legale – è stata Marianna Agliottone, curatrice, studiosa dei fenomeni del collezionismo e docente di Economia della Cultura alle Accademie di Belle Arti di Napoli e di Bari. Mentre a rappresentare il punto di vista dei musei sono stati Gianfranco Maraniello, Direttore del nuovo Polo Museale del Moderno e del Contemporaneo del Comune di Milano, assieme a Lorenzo Balbi, nuovo Presidente AMACI, Associazione che riunisce i Musei d’Arte Contemporanea Italiani, e neo confermato Direttore del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, e a Iolanda Ratti, conservatrice e membro del comitato scientifico del Museo del Novecento di Milano.

Il punto di vista dei collezionisti nei confronti del sistema istituzionale museale e culturale italiano è stato espresso attraverso le parole di Giorgio Fasol, che nel 2019 ha sottoscritto un contratto di comodato con l’Università di Verona, depositando 85 opere di giovani artisti internazionali in sei sedi dell’Ateneo, e di Enea Righi, che nel 2010 ha affidato con un contratto di deposito 150 sue opere a Museion, il Museo d’arte moderna e contemporanea di Bolzano. Gli aspetti legali e fiscali invece sono stati trattati dai professionisti di LCA Studio Legale Dario Covucci, esperto in asset management e art investments, Gianmarco Tortora, specializzato in consulenza tributaria, e Miriam Loro Piana, specializzata nella tutela della proprietà industriale e intellettuale.

Dal confronto è emersa la difficoltà per i musei di arte moderna e contemporanea a ricevere e ad accettare donazioni per l’impossibilità di poter sempre rispettare i desiderata dei donatori, nonché a causa di spazi espositivi e di deposito insufficienti, di costi di logistica e di conservazione significativi, di cui occorre tener conto. Problematiche che obbligano a riconsiderare il desiderio, la speranza dei collezionisti di lasciare la propria collezione alla collettività, come traccia nella scena culturale, magari della propria città, non potendo contare sulla garanzia di valorizzazione delle proprie opere all’interno della progettualità futura dell’istituzione individuata.

Per questo, sempre più collezionisti, anziché donare le proprie opere, prendono in considerazione lo strumento della Fondazione, come ente destinato a sopravvivere al collezionista-fondatore e capace di conservare e valorizzare l’intera collezione mediante iniziative che, sulla base di un programma prestabilito, vengono realizzate da amministratori dalle competenze diversificate. Fondazione che, tra l’altro, potrebbe promuovere forme di collaborazione con le stesse istituzioni museali (si pensi ai prestiti di opere), assicurando al contempo il rispetto delle volontà del fondatore.

Punti di vista e soluzioni differenti per i quali bisognerebbe trovare un punto di contatto e di equilibrio, specie relativamente all’incremento di quella “fiducia” più volte evocata durante il talk, parola che lascia emergere un po’ di insofferenza nei riguardi degli oneri della donazione modale e cioè dell’atto di liberalità contraddistinto da un vincolo a carico del destinatario, che il museo difficilmente può garantire, soprattutto nel tempo. Nondimeno, questo equilibrio va necessariamente perseguito, alla ricerca di una “strategia condivisa”, evocata da Gianfranco Maraniello, per far sì che rapporto tra pubblico e privato finalmente decolli.

È  necessario, dunque, trovare una sintesi armonica tra le logiche economico-aziendali dei musei, la sostenibilità economica, l’utilizzo efficiente delle risorse e il perseguimento delle finalità culturali dei musei nonché di quelle dei donatori per rispondere alla richiesta del pubblico dell’arte e migliorare sempre la qualità dell’offerta espositiva. E ciò ponendo l’accento sulla realizzazione delle finalità di pubblica utilità, di diffusione di cultura e di innovazione, che i musei sono chiamati a perseguire. E riguardo a questo ultimo punto, la visione e la dedizione dei grandi collezionisti del contemporaneo possono certamente rivestire un ruolo di rilievo, tenendo conto al contempo che molte collezioni hanno anche avuto l’importanza di contribuire al benessere del sistema dell’arte, sostenendo attraverso le loro acquisizioni anche la sperimentazione artistica più audace.

Resta il vecchio nodo dell’inadeguatezza delle agevolazioni fiscali nella gestione delle donazioni che invece dovrebbero essere potenziate a favore dei collezionisti. Due le proposte emerse durante il talk. La prima è quella di estendere l’attuale ambito di esenzione dal pagamento dell’imposta di donazione ad opere di arte anche diverse dai “beni culturali” favorendo, al contempo, i collezionisti che donano le opere in una fase non troppo avanzata della loro vita (con un approccio “the sooner the better” simile all’esperienza britannica in materia). La seconda è di prevedere che anche le donazioni di opere d’arte (quindi, di beni in natura) diano accesso a un credito IRPEF incentivante che il donante possa utilizzare “in compensazione” con le proprie imposte.

Temi tutti di grandi interesse su cui riflettere e lavorare.

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