11 ottobre 2019

Dove osano i dracones. Francesco Bertelé presenta il suo progetto ad Amsterdam

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Francesco Bertelé e Chiara Pirozzi ci raccontano Hic Sunt Dracones, progetto vincitore dell’Italian Council che, in presentazione ad Amsterdam, arriverà anche al Madre di Napoli

Fluido? Ma non solo, forse anche qualcosa di più, diciamo sfumato, sospeso. È lo spazio ibrido, tra il concreto e il virtuale, che attraversiamo quotidianamente e che, ogni giorno, sembra rinnovarsi fin dalle radici. Uno spettacolo a tratti meraviglioso, pieno di stupore ma il brivido può essere anche molto vicino allo sgomento, al timore. Come se tutto ciò che ci circonda e che crediamo conoscere fosse, in realtà, una frontiera sempre diversa, da scoprire metro dopo metro. Ed è questa pulsione alla conoscenza – che può anche assumere i tratti della curiosità – che emerge da Hic Sunt Dracones, progetto di Francesco Bertelé, a cura di Chiara Pirozzi e promosso dalla Fondazione Made in Cloister, vincitore della IV edizione del bando Italian Council, concorso ideato dalla DGAAP – Direzione Generale Creatività contemporanea e Rigenerazione urbana del MIBACT.

Il progetto, sedimentato nell’arco di diversi anni, dal 2018 ha assunto le forme di un’azione esplorativa e performativa, compiuta dall’artista e dal suo team: una scalata realizzata di traverso lungo la parete nord di un’Isola nel mar Mediterraneo. Ma Hic Sunt Dracones, che richiama letteralmente il passato mitico dell’esplorazione, con la suggestiva locuzione usata dalle antiche carte geografiche per indicare le zone ancora oscure dell’Africa, prevede diversi step. Una prima presentazione si terrà oggi, 11 ottobre, al Mediamatic di Amsterdam, in collaborazione con la Fondazione AVNode, per l’anteprima del video Walking through the walls (40’ VR 360° ambisonic).

Abbiamo raggiunto Chiara Pirozzi e Francesco Bertelé per farci raccontare meglio le varie fasi di Hic Sunt Dracones.

Chiara, come si inserisce il progetto Hic sunt dracones, nel lavoro portato avanti da Francesco Bertelé?

«Definirei Francesco un artista-esploratore e Hic sunt dracones si inserisce in un filone di ricerca che pone l’individuo, nella valutazione dei sui limiti fisici e psicologici, in relazione all’ambiente naturale, quest’ultimo inteso come corpo da attraversare, scalare, sfidare. La relazione fra corpo umano e corpo natura si ritrova in altri lavori come A lingua trova a gente – esposta alla Fondazione Sandretto – in cui l’artista interpreta l’idea di dimora temporanea a partire da una scalata sulle scogliere in Puglia. Ancora Sagas e Guha – realizzati in Islanda e presentati nello studio NCTM, che analizzano la resilienza dell’uomo-artista in relazione alla durezza del paesaggio islandese. La performance Badarchin (the Hermit) realizzata in Mongolia in cui Bertelé ha attraversato la steppa per sostare in un bozzolo/bivacco portato in spalla».

All-focus

Hic sunt dracones sarà scandito da varie tappe, coinvolgendo istituzioni e luoghi diversi, dalla presentazione al Centro Mediamatic di Amsterdam all’esposizione finale al Museo Madre di Napoli. Potete parlarci di questi vari step?

«In Hic sunt dracones Francesco Bertelé lavora per la prima volta con più avanzate tecnologie legate alla Realtà Virtuale e Aumentata. Ad Amsterdam presentiamo un video 360° VR Walking through the walls, visibile con oculus in modalità “immersiva solitaria”. Il film è creato con il materiale girato durante l’esperienza alpinistica vissuta da Francesco nel Mediterraneo, sospeso su di una scogliera di un’isola. Il nome de “L’Isola” non è più importante, perché l’esperienza si carica di significati universali e urgenti, in cui è lo scarto fra il tempo passato e quello presente a generare il limite fra sopportazione o insostenibilità dell’esperienza. Il film sarà visibile su YouTube dall’11 ottobre.

Nella mostra al Madre l’arrampicata è solo il punto di partenza di un’esperienza totale a cui lo spettatore sarà invitato a sottoporsi. L’opera è smaterializzata e sarà fruibile da uno spettatore alla volta, si comporrà come fosse uno scacchiere in cui si sovrapporranno realtà oggettiva, realtà virtuale, mixed reality, filmati 360°, fino a comporre ambienti complessi».

Francesco, come si vede il mondo da questa prospettiva sospesa, letteralmente? Quali tecnologie hai usato e in che modo hanno dialogato con la tua ricerca estetica?

«Praticando l’arrampicata è diventato doveroso intersecarla con la ricerca artistica. Grazie a essa ho portato il mio corpo al centro di un palcoscenico, per cercare di carpirne la forma, toccandolo e attraversandone lo ‘spazio’, essendo un luogo rarefatto ma concreto di separazione e contenimento: ovvero una frontiera.

In Hic sunt dracones l’essere sospesi fra mare e cielo e il procedere non in verticale ma in orizzontale, mi ha permesso di pormi in una condizione psicofisica alterata, in cui i piani della roccia si sono sfaldati, aprendosi in voragini. Per me significava conquistare strati e informazioni che si accumulavano. La digitalizzazione di questo processo di autoapprendimento ha avuto l’obiettivo di indagare quel rapporto insolvibile tra i nostri corpi che popolano mondi materiali e le identità degli stessi che si sono evolute in transienti, ubique e dissonanti nei mondi immateriali. Ci siamo equipaggiati di telecamere, microfoni, geolocalizzatori, accellerometri, giroscopi che potessero “mapparci” autonomamente. Tutto ciò è avvenuto in un pezzo di terra politicamente europeo ma geologicamente africano. Da qui è iniziato un lavoro con Martino Coffa, fondatore del fablab Recipient.cc. La spedizione sull’Isola è solo l’avvio di un lungo lavoro di costruzione di altre possibilità narrative con l’unico obiettivo che ognuno possa costruire, attraverso delle ‘superverità’, un proprio percorso cognitivo».

Oltre al momento esperienziale di attraversamento e scalata, per Hic sunt dracones è prevista anche una sostanziosa fase di approfondimento teorico, con il coinvolgimento di autori e critici. Potete anticiparci qualche spunto?

«Parte integrante di Hic sunt dracones è il libro d’artista che affronta in modo approfondito i temi dell’opera. Fra gli autori coinvolti: Simone Arcagni, Luca Rota, Paolo Cuttitta, Andrea Staid, il gruppo Ippolita. Il progetto editoriale, realizzato con lo studio Friends Make Books, è diviso in due sezioni; una cartacea e l’altra virtuale consultabile con dispositivi mobili. Il libro è ideato come fosse un’estensione fisica all’opera e possiede anche una sezione ludico-interattiva con, tra le tante altre cose, i contributi dell’artista Armin Grader. Il libro sarà presentato per la mostra al Madre e il ricavato delle vendite spettante all’artista andrà in donazione a Ibby Italia per il progetto bibliotecario “dell’Isola”».

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