22 giugno 2021

Giuseppe De Mattia, Narrazioni Brevi – LABS Contemporary Art

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Alla LABS Gallery di Bologna per la prima personale di Giuseppe De Mattia in una galleria ecco otto nuove opere, accompagnate dalle parole di otto curatori

Narrazioni Brevi di Giuseppe De Mattia alla LABS Gallery, Bologna

La mostra di Giuseppe De Mattia “Narrazioni Brevi” ha inaugurato presso LABS Contemporary Art durante Art City Bologna; nelle prime giornate di apertura di venerdì 7, sabato 8 e domenica 9 maggio 2021 gli uffici della galleria si sono trasformati in una copisteria temporanea in cui l’artista ha fotocopiato e distribuito ai visitatori opere in formato A4, validate con un timbro rosso.
Si tratta della prima mostra di Giuseppe De Mattia all’interno di una galleria, di uno spazio deputato per sua natura all’esposizione e alla fruizione di opere da parte dei visitatori; il suo percorso, infatti, è da sempre caratterizzato dalla scelta di realizzare performances o opere servendosi di luoghi comuni destinati al passaggio, pensati o formatisi per un altro scopo, non attento al particolare, luoghi transitori o legati ad altri metodi esperienziali.
Le opere distribuite durante il fine settimana inaugurale sono le copie di Forme tradizionali di protesta, un acrilico su tela riutilizzata, che campeggia sulla parete dietro la macchina fotocopiatrice, protagonista dell’opera Gran Copiatore, un fondo bianco sul quale appare lo slogan di un’ipotetica manifestazione, dipinto a lettere rosse: «Qui tutti possono prendere un’opera gratuita». Una frase che racconta un orizzonte creduto possibile, in tempi di rivolta e di speranza; oggi invece l’opera è stravolta, destinata a una realtà piatta e nonsense e necessita della riproduzione meccanica per essere compresa all’interno di un mondo che vieta, anche se non all’apparenza, gli ideali rivoluzionari delle prime innovazioni legate a linguaggio e comportamento nell’arte degli anni Settanta.
La macchina fotocopiatrice pone l’accento sulla riproducibilità dell’arte, a richiamare il discorso iniziato dalla pop art negli anni Sessanta: l’artista non firma le fotocopie riprodotte in serie a partire dalla matrice originale, ma le stesse vengono validate con un timbro che attesta l’autenticità dell’opera, in quanto oggetto concepito come estensione dell’artista stesso e deputato a questa funzione.
In una necessaria e inevitabile industrializzazione progressiva anche il medium utilizzato riflette in modo asettico la critica al mondo dell’arte di oggi, composto da creazioni che esprimono inevitabilmente un giudizio nei confronti dell’orizzonte freddo e vacuo del mondo dell’arte contemporanea in cui non c’è ricerca, non c’è differenziazione legata ai mezzi espressivi. La copia meccanica viene valutata come unico medium affinché il prodotto finito possa essere compreso e incluso in una storia contemporanea; inoltre è necessario che l’artista possieda già un background che permetta a quel timbro validante di attestare una storia, un percorso, una ricerca.
Come spiega Gabriele Tosi descrivendo l’opera Gran Copiatore: «Restaura, per elegante tornaconto, la sacralità sociale della visita in galleria e del prestarsi al gioco intellettuale per buona educazione. La figura dell’artista è ancora una volta salva, mercanteggiata con una maschera che ha la stessa funzione di un volto su una banconota».
La ricerca di De Mattia indaga il rapporto tra memoria e attualità attraverso l’uso di fotografia, video e disegno. “Narrazioni brevi” è l’esposizione di otto lavori, che hanno come fine comune quello di descrivere, attraverso brevi racconti, la relazione dell’artista con Bologna, città che è stata scelta dall’artista, trasferitosi da Bari, come seconda casa, dopo aver frequentato il DAMS Cinema nel capoluogo emiliano.
I lavori in mostra vengono accompagnati dalle parole di otto curatori, con cui l’artista ha già collaborato in precedenza, completando così la narrazione del percorso espositivo, come una sorta di didascalia discorsiva; i curatori sono Lorenzo Balbi, Orsola Vannocci Bonsi, Enrico Camprini, Vasco Forconi, Fabiola Naldi, Claudio Musso, Maura Pozzati e Gabriele Tosi.

Giuseppe De Mattia, Tre forme semplici, autonome e rotanti, 2021

Ingegno e Indipendenza, video HD realizzato nel 2018, racconta il percorso dalla Stazione Centrale di Bologna, luogo del primo arrivo in città dell’artista, passando poi per Via Indipendenza fino al centro cittadino. De Mattia si trasforma in performer e imbonitore e, con un tavolino pieghevole e con look sempre diversi, mette in scena la critica al mercato dell’arte attraverso diverse azioni non estranee alle vie bolognesi: il gioco delle tre carte, la campagna di tesseramento del MAV (Movimento Artisti Violenti), la vendita di gioielli… Ognuna di queste sette performances rappresenta una sfaccettatura del lavoro dell’artista.
Decorazioni per cavalli da guerra è una stampa laser su carta appartenuta all’artista Concetto Pozzati: la carta era ancora impacchettata quando è stata scelta da De Mattia che vi ha disegnato e dipinto cavalli da corsa. Il racconto della realizzazione dell’opera è scritto da Maura Pozzati, che rivela: «A mio padre questo cavallo scuro, dagli occhi vivaci, decorato con segni forti, magici e rituali, sarebbe piaciuto perché addomesticato, solo momentaneamente, dalla pittura».
Anche in Fatterelli. Qualche centimetro quadrato di Casa Arcangeli De Mattia si avvale di un oggetto di uso comune, qualche centimetro quadrato di parquet della casa di Francesco Arcangeli, appartenuto a un maestro, un artista che ha segnato la sua crescita, e lo inserisce all’interno di una nuova opera; applica quindi una rivisitazione sia dell’oggetto che del fine dello stesso, con una sorta di poetica del ready made attualizzata. Il dettaglio, decontestualizzato, si fa portatore del calpestio di coloro che hanno vissuto quella casa, dei bicchieri di vino caduti su quei centimetri di pavimento, delle parole pronunciate e rimaste intrappolate nell’aria e nella tridimensionalità del legno che le ha probabilmente assorbite. E, come spiega Orsola Vannocci Bonsi, l’opera, tra i tanti fatterelli di cui può essere portatrice, è testimonianza della storia più importante di tutte: «Quella di Giuseppe che visitando la casa al civico 49 di Strada Maggiore, scoprendo questa Wunderkammer che era Casa Arcangeli, ha avuto la consapevolezza di essere artista».

Giuseppe De Mattia, Disegni segreti. Guardando negli occhi un fiero leone, 2021

L’opera Tre forme semplici, autonome e rotanti rende chiara la processualità del lavoro dell’artista: l’immagine di partenza è uno still da un filmato di famiglia girato in 8mm da Angelo Marzadori nel 1951 e ritrovato nell’archivio di Home Movies-Archivio Nazionale del Film di Famiglia. Quest’immagine viene trasfigurata dalle capacità interpretative dell’artista: gli edifici storici del panorama industriale di Bologna sono destrutturati e ridotti a forme geometriche semplici (quadrato, rettangolo, cilindro). Le stesse forme, in quanto matrici, saranno ora libere di dare vita a nuove identità.

Un’opera che indaga a fondo e analizza il rapporto tra immagine fotografica e segno pittorico è Cancellature rosse: qui i fotogrammi tratti da un filmato di famiglia realizzato nel 1940 ai Giardini Margherita di Bologna che all’epoca ospitavano lo zoo cittadino, mettono in primo piano le mani, mani che porgono cibo e si ritraggono, e il muso di un animale tra le sbarre. La cancellatura seleziona questo dettaglio e lo rende fulcro della rappresentazione in tre differenti momenti che paiono sequenze di un film.
Disegni segreti. Guardando negli occhi un fiero leone è un polittico composto da una light box e da una scultura in rame a muro contenente un disegno a pennarello verde su carta da spolvero. Il disegno è stato arrotolato all’interno di un tubo metallico saldato e rappresenta il processo inverso allo sviluppo dei negativi fotografici, unito a una richiesta di fiducia incondizionata da parte dell’artista: il fruitore non è reso partecipe dell’atto di inserimento del disegno nel tubo, ma conosce l’inizio e la fine del processo; il risultato è un tubo ermetico e una fotografia ne documenta la realizzazione. De Mattia porta lo spettatore a porsi delle domande sull’autenticità del prodotto finito, un’opera che è manifestamente considerata tale, ma potrebbe non esserlo.

La LABS Gallery ha inaugurato a Bologna nell’ottobre del 2014 come spazio dedicato alla ricerca e alla sperimentazione, al dialogo tra arte storicizzata e contemporaneità. Sita in Via Santo Stefano 38, la struttura dell’edificio risale al XIII secolo ed era in origine una chiesa, i cui tratti sono ancora oggi visibili nell’imponente spazio centrale e nella sala amministrativa, un tempo sacrestia.

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