23 febbraio 2022

Il caso Tosatti

di

Non conosciamo il risultato del Padiglione Italia, ma sappiamo per certo che Gian Maria Tosatti ha aperto una breccia nella brutta abitudine del Belpaese di considerare gli artisti come dei "folli"

Gian Maria Tosatti, artista, Eugenio Viola, curatore, Padiglione Italia alla Biennale Arte 2022, foto di Elena Andreato
Gian Maria Tosatti, artista, Eugenio Viola, curatore, Padiglione Italia alla Biennale Arte 2022, foto di Elena Andreato

La scorsa settimana, presso la sala Spadolini del Ministero della Cultura, è stato presentato il Padiglione Italia della prossima Biennale di Venezia, curato da Eugenio Viola, che ospiterà, per la prima volta nella storia, l’installazione di un unico artista, Gian Maria Tosatti. Intitolato “Storia della notte e destino delle comete“, l’intervento dell’artista italiano, classe 1980, ha una struttura simile ad un impianto teatrale, con una narrazione che si articola in un prologo e due atti, strizzando l’occhio ai grandi capisaldi del teatro contemporaneo, in primis la Tragedia Endogonidia in undici episodi, messa in scena dalla Societas Raffallo Sanzio in altrettante città diverse, dal 2002 al 2004. Un prologo, dedicato all’ascesa e al successivo declino del “miracolo italiano “ degli anni Sessanta, precede il Sogno della notte, quella teoria di capannoni industriali che costella il paesaggio della Penisola da Ragusa a Cremona, evocato dalle pagine di La Dismissione, testo scritto da Ermanno Rea nel 2002, per raccontare un paese che ha tradito se stesso a causa del miraggio di uno sviluppo industriale mai avvenuto del tutto. La seconda parte del padiglione, Il destino delle comete, racconta della vendetta della natura violentata, attraverso un’immagine inquietante, ispirata alla vicenda astronomica delle comete, destinate a vagare nel cosmo fino a spegnersi lentamente come candele. La visione finale si trasforma in una possibile epifania, una sorta di messaggio di speranza dopo un percorso esperienziale ispirato da testi di autori come Andrea Zanzotto, Ermanno Rea, Anna Maria Ortese, Pier Paolo Pasolini e Roberto Saviano.

Pier Paolo Pasolini, sul set de “La Ricotta”

Azzardare una previsione sull’esito del padiglione non è possibile, ma è assai probabile che la personalità di Gian Maria Tosatti avrà delle importanti conseguenze sulla percezione generalizzata della figura dell’artista visivo nel nostro Paese, visto fino ad oggi come un personaggio alternativo, marginale, addirittura folle: non è un caso che all’interno di una mostra collettiva appena aperta al chiostro del Bramante, intitolata “Crazy”, venga presentata un’opera di Lucio Fontana, che di folle non aveva davvero nulla.

Lucio Fontana in studio

A a differenza della Germania, dove l’artista è considerato un intellettuale, o negli Stati Uniti, dove ha spesso un ruolo sociale, in Italia l’artista è per definizione fuori dal mondo reale, personaggio bohemien fuori dalla società, in quanto incapace di accettarne le regole. Ben diverso il caso di Tosatti, che ha già guadagnato una visibilità mediatica senza precedenti, proponendo un progetto che affronta la realtà e le sue problematiche in maniera diretta e senza filtri, rivolgendosi non al mondo dell’arte ma al grande pubblico, con un’opera costruita come una macchina visiva esperienziale, “dove le criticità del presente sono utilizzate in chiave propedeutica per affrontare le sfide del futuro” spiega Eugenio Viola. Tutto questo mentre ricopre la carica triennale di Direttore Artistico della Fondazione Quadriennale e ha appena pubblicato Esperienza e realtà, un saggio teorico sulla natura dell’opera d’arte.

Esperienza e realtà di Gian Maria Tosatti, edizioni Postmedia Books

Così, per la prima volta da molti decenni, un artista incarna un modello di attivatore intellettuale, capace di produrre pensiero teorico ma anche efficaci “macchine visive”, dialogare alla pari con il mondo politico e culturale, scrivere articoli su quotidiani e occupare un posto da protagonista nella società allargata. Ma soprattutto, rimette al centro la figura dell’artista non come individuo singolo e autosufficiente, bensì in qualità di team leader, capace di produrre progetti collettivi, in accordo e in sintonia con curatori, scrittori, imprenditori e storici dell’arte. E forse, in questo tempo complesso e difficile, è l’unica visione possibile.

 

1 commento

  1. Grazie a Ludovico Pratesi che, con questo brillante articolo, rimette al suo giusto posto la figura dell’artista in Italia.

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