12 aprile 2025

Il Gruppo Crack e altre storie dell’arte: intervista a Laura Cherubini

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La Galleria Gracis presenta a Milano la mostra dedicata al Gruppo Crack, un progetto totalmente inedito e dalla connotazione storico-critica: di questa e altre storie ne parliamo con la curatrice, Laura Cherubini

Il Gruppo Crack in Piazza del Popolo, Roma, 1960. Foto di Virginia Dortch Dorazio_© VIRGINIA DORTCH DORAZIO, by SIAE 2025 © The Estate of Virginia Dortch Dorazio – ARS, NY

Otto artisti italiani con orientamenti stilistici diversi si unirono per un breve periodo nel 1960. Erano i grandi protagonisti della scena artistica romana: Pietro Cascella, Piero Dorazio, Gino Marotta, Fabio Mauri, Gastone Novelli, Achille Perilli, Mimmo Rotella, Giulio Turcato e il poeta e critico Cesare Vivaldi.

Abbiamo intervistato sulla mostra milanese la sua curatrice, Laura Cherubini, che con un contributo critico di Francesco Guzzetti e con il supporto scientifico degli archivi degli artisti coinvolti, racconta per la prima volta di quest’unica esperienza artistica e non solo.

Il Gruppo Crack, a cura di Laura Cherubini, Galleria Gracis, 20 marzo - 20 giugno 2025. veduta della mostra, ph. credit Fabio Mantegna
Il Gruppo Crack, a cura di Laura Cherubini, Galleria Gracis, 20 marzo – 20 giugno 2025. veduta della mostra, ph. credit Fabio Mantegna

Com’è nata l’idea della mostra sul GruppoCrack?

«Luca Gracis, avendo contatti con l’Archivio Dorazio, mi aveva chiesto di riflettere su qualche progetto che includesse Piero Dorazio, ma in una chiave collettiva. Fabio Mauri e Gino Marotta mi avevano parlato spesso di questo gruppo, definendolo un episodio di grande interesse, ma sorprendentemente davvero poco conosciuto. Il Gruppo Crack era stato un collettivo che non si era formato per affinità, quanto per diversità. Gli artisti, infatti, erano estremamente differenti tra loro, e proprio questa fu la caratteristica che rese unica questa unione. C’erano Pietro Cascella, Piero Dorazio, Gino Marotta, Fabio Mauri, Gastone Novelli, Achille Perilli, Mimmo Rotella e Giulio Turcato, ognuno con una propria visione e stile».

Il Gruppo Crack, a cura di Laura Cherubini, Galleria Gracis, 20 marzo – 20 giugno 2025. veduta della mostra, ph. credit Fabio Mantegna

In quale contesto nasce il Gruppo Crack?

«Roma, nel 1960, era una città magnifica, al punto che Toti Scialoja l’aveva descritta come un piccolo villaggio dove si faceva grande cultura internazionale. Seduta al Caffè Paolin a Venezia, Ileana Sonnabend mi confidò la sua intenzione di aprire una galleria d’arte a Roma insieme a Plinio De Martiis, poiché a quel tempo La Tartaruga era l’unica galleria di riferimento in tutta Europa. De Martiis, però, decise di tirarsi indietro, temendo che lei e Leo Castelli potessero colonizzare i nostri artisti. Inoltre, la Sonnabend portava sempre con sé un enorme borsone che, secondo quanto mi raccontava De Martiis, era pieno di diapositive di suoi artisti che cercava di proporgli, fingendo interesse per le opere degli italiani. Lei, in realtà, era veramente interessata agli artisti italiani e, infatti, Ileana lavorò con Mario Schifano, di cui apprezzava soprattutto i monocromi, perché li vedeva come elementi autoctoni. La monocromia era una caratteristica dell’arte romana in quegli anni: lo Schermo di Mauri è una forma di monocromo, come anche le velature di Franco Angeli. Noi, in mostra, porteremo uno stupendo retro d’affiche di Mimmo Rotella, che rappresenta la fase monocroma dell’artista. In questo clima in cui si persegue l’azzeramento, gli esponenti del Gruppo Crack hanno cercato di distaccarsi dall’arte informale, dal New Dada e dal Nouveau Réalisme, coalizzandosi nel segno di un’opposizione e di un allontanamento da queste correnti. Come mi disse Gino Marotta, questi artisti, nonostante le differenze, si distinguevano nettamente dall’arte di Guttuso e, soprattutto, erano tutti profondamente contemporanei».

Il Gruppo Crack, a cura di Laura Cherubini, Galleria Gracis, 20 marzo - 20 giugno 2025. veduta della mostra, ph. credit Fabio Mantegna
Il Gruppo Crack, a cura di Laura Cherubini, Galleria Gracis, 20 marzo – 20 giugno 2025. veduta della mostra, ph. credit Fabio Mantegna

Com’è nata l’idea di ristampare il catalogo e come è stato affrontato il progetto?

«Ho deciso di ristampare il catalogo del 1960 in edizione anastatica dopo averne parlato con Achille Mauri, il fratello di Fabio, che ne era stato l’editore. Lui si era mostrato entusiasta all’idea di contribuire al progetto, ma purtroppo è morto durante la pandemia. Per questo motivo abbiamo deciso di dedicare la mostra e il catalogo a lui. Credo che la ristampa anastatica rappresenti un lavoro importante, grazie pure alla collaborazione di Francesco Guzzetti, autore del contributo critico su Cesare Vivaldi. Nella ristampa, Vivaldi è incluso tra gli artisti. Abbiamo cercato di esporre le opere che erano presenti nella mostra o nella pubblicazione originale e, per quelle non rintracciate, abbiamo selezionato lavori affini, dello stesso periodo e della stessa tipologia».

Il Gruppo Crack, a cura di Laura Cherubini, Galleria Gracis, 20 marzo – 20 giugno 2025. veduta della mostra, ph. credit Fabio Mantegna

Qual è l’eredità più significativa di questa esperienza di gruppo?

«Una grande libertà espressiva e, qualcosa che oggi sembra mancare, l’essere veramente un gruppo. Dal mio punto di vista, questa mancanza è evidente, perché a quei tempi il mondo dell’arte era molto diverso: tutto il circolo dell’arte romana si trovava al Caffè Rosati. È proprio lì che, tra l’altro, sono state scattate da Virginia Dortch la maggior parte delle foto del Gruppo Crack».

Il Gruppo Crack, a cura di Laura Cherubini, Galleria Gracis, 20 marzo – 20 giugno 2025. veduta della mostra, ph. credit Fabio Mantegna

Come mai sembra difficile per i giovani artisti costituire oggi dei gruppi?

«Penso che gli artisti non costituiscono più gruppi (il che non è un male in sé) perché manca la spinta a incontrarsi fisicamente in un luogo. Oggi la comunicazione avviene sui social, mentre una volta ci si trovava insieme per discutere. Quello che manca è soprattutto la discussione. La tecnologia è uno dei principali fattori che ha modificato la possibilità di creare gruppi. Io non uso molto i social, quindi può essere una mia visione personale, ma stare insieme nello stesso luogo, confrontarsi faccia a faccia, discutere anche sulle diversità che, come diceva Jannis Kounellis, rappresentano una ricchezza, è tutta un’altra cosa. Quando ho iniziato a lavorare, artisti come Kounellis, Gino De Dominicis e Vettor Pisani si incontravano ogni sera per discutere. Questo tipo di confronto diretto, che ora sembra non interessare più a molti, è stato fondamentale per la crescita di straordinarie personalità artistiche».

Il Gruppo Crack, a cura di Laura Cherubini, Galleria Gracis, 20 marzo – 20 giugno 2025. veduta della mostra, ph. credit Fabio Mantegna

Qual è lo stato della storia dell’arte contemporanea?

«Oggi mancano figure di grande rilevanza, mancano storici dell’arte che abbiano, oltre lo spessore accademico, anche la capacità di immergersi nel contemporaneo. Figure, ad esempio, come Maurizio Fagiolo dell’Arco che scrisse Rapporto 60 in tempo reale nel 1966, un lavoro oggi quasi impensabile. Penso che anche l’università sia cambiata. Già da quando avevo 15 anni io seguivo le lezioni di Giulio Carlo Argan. L’altra cattedra era di Cesare Brandi. Grandi figure carismatiche, di enorme spessore storico, capaci di incisive incursioni nel contemporaneo. Ricordo che quando studiavo, anche per le altre materie, c’erano professori fantastici. Penso a figure come Walter Pedullà, Emilio Garroni e Ferruccio Marotti». Nella storia dell’arte ci sono comunque anche ora ottimi ricercatori, come Rachele Ferrario, ed eccellenti studiosi come Francesco Guzzetti.

Il Gruppo Crack, a cura di Laura Cherubini, Galleria Gracis, 20 marzo – 20 giugno 2025. veduta della mostra, ph. credit Fabio Mantegna

Che cos’è per te veramente contemporaneo?

«Ciò che fanno gli artisti, perché sono loro a indicarci la strada, sempre. Credo che oggi ci siano artisti italiani molto validi, come Paola Pivi, Roberto Cuoghi, Lara Favaretto, Diego Perrone, Patrizio di Massimo, e molti altri. La situazione, però, è cambiata: non basta più frequentare l’accademia di belle arti per emergere. Inoltre, penso sia molto importante il rapporto che gli studenti instaurano non solo con gli insegnanti, ma anche tra di loro, perché è quello che fa crescere sul piano artistico. Infatti, alcuni degli artisti che ho citato prima vivevano insieme a Milano, in una casa in via Fiuggi, uno spazio condiviso dove poter discutere liberamente. Non si è trattato di un gruppo come Crack (per il quale potremmo forse pensare a una analogia con lo spazio di Lazzaro Palazzi), ma l’esperienza di via Fiuggi ha stimolato confronti e discussioni continue tra gli artisti, che per me sono ancora molto importanti». Gli stessi confini non sono più così certi: considero Gian Maria Tosatti un eccellente artista “nomade” e Petrit Halilaj un grande artista italiano.

Il Gruppo Crack, a cura di Laura Cherubini, Galleria Gracis, 20 marzo – 20 giugno 2025. veduta della mostra, ph. credit Fabio Mantegna
Il Gruppo Crack, a cura di Laura Cherubini, Galleria Gracis, 20 marzo – 20 giugno 2025. veduta della mostra, ph. credit Fabio Mantegna
Il Gruppo Crack, a cura di Laura Cherubini, Galleria Gracis, 20 marzo – 20 giugno 2025. veduta della mostra, ph. credit Fabio Mantegna
Il Gruppo Crack, a cura di Laura Cherubini, Galleria Gracis, 20 marzo – 20 giugno 2025. veduta della mostra, ph. credit Fabio Mantegna

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