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Studio Berlin: il Berghain riapre ma per una grande mostra d’arte contemporanea
Arte contemporanea
Attualmente chiuso a causa delle misure di sicurezza per il Coronavirus, il Berghain riaprirà a settembre ma non per uno dei suoi esclusivissimi concerti: il leggendario nightclub di Berlino, in collaborazione con i collezionisti Christian e Karen Boros, ospiterà infatti “Studio Berlin”, una grande mostra che includerà le opere di 85 artisti, prodotte negli studi della città durante il lockdown. I nuovi lavori, realizzati da artisti residenti a Berlino, tra i quali spiccano personalità del calibro di Olafur Eliasson, Cyprien Gaillard, Anne Imhof, Tacita Dean, Robin Rhode, Rirkrit Tiravanija, Wolfgang Tillmans, Klara Lidén, Rosemarie Trockel, Isa Genzken, Raphaela Vogel, saranno esposti tra le piste da ballo e il famoso bar Panorama, su una superficie di 3500 metri quadrati. Per i visitatori di Studio Berlin sarà possibile prenotare anche visite guidate, a cura del personale della Boros Foundation, e il biglietto d’ingresso andrà a sostenere il Berghain, uno dei 140 nightclub di Berlino alle prese con un futuro incerto.
Berlino, capitale dell’arte o degli artisti?
Insomma, contando i nomi coinvolti per “Studio Berlin” – tutti residenti a Berlino –, si tratta di una prova di forza da parte di una città che vuole dire la sua nella “contesa” per il titolo di capitale dell’arte contemporanea europea e che soffre l’assenza di una grande fiera internazionale, al livello di Frieze London, Art Basel o Fiac Paris per intenderci, che sia in grado di dare quel “tocco in più” alla sua pur vivace art week. Ma la pandemia, che continua a infierire, ha messo in ginocchio proprio questo genere di grandi eventi, aprendo però diverse opportunità.
Uno dei punti di forza della città è proprio l’alta densità abitativa di artisti, sia affermati che emergenti e in ogni settore, dalla musica all’arte visiva. Magari, proprio da questo dato si potrebbe ripartire. «Berlino ha la più alta densità di atelier, studi e laboratori artistici in Europa: artisti da tutto il mondo si trasferiscono nella capitale tedesca per lavorare», si legge sul sito di “Studio Berlin”. E poi trasformare, per se momentaneamente, una pista da ballo in una galleria d’arte è uno di quegli ottimi esempi di riconversione edilizia che si trovano in abbondanza a Berlino.
Entrare al Berghain, per vedere Studio Berlin
Per dire, la collezione della Boros Foundation è ospitata nel Sammlung Boros, un bunker del 1942, nel quartiere di Berlino-Mitte, prima usato come prigione di guerra dall’Armata Rossa, poi come negozio di tessuti, quindi come magazzino di frutta tropicale, da cui il soprannome di “Bunker di banane”. Passato al governo federale dopo la caduta del Muro, negli anni ’90 era considerato una meta di pellegrinaggio per i rave techno, fino a quando, nel 2003, non fu acquistato da Christian Boros, per farne la sede espositiva della sua collezione, presentata per la prima volta nel 2008, al termine di imponenti lavori di restauro. In effetti, già nel 1996, il Bunker ospitò una mostra d’arte contemporanea, “Files”, con Daniel Pflumm, Ugo Rondinone e lo stesso Eliasson, tra gli altri.
In effetti, in pieno lockdown, il club aveva già ospitato diversi eventi d’arte, tra i quali un’installazione sonora di TamTam, collettivo composto da Sam Auinger e Hannes Strobl. E così anche il Berghain, famoso soprattutto per la sua politica di ingressi a dir poco restrittiva – essere amici del personale alla porta vale come un’assicurazione sulla vita – diventerà un po’ più accessibile: i visitatori di “Studio Berlin” non dovranno infatti superare nessuna prova di stile per accedere al locale. Basterà acquistare i biglietti di ingresso online. La mostra aprirà mercoledì, 9 settembre, durante la Berlin Art Week e alla vigilia del Gallery Weekend, l’appuntamento dedicato alle gallerie e agli spazi espositivi della città.
mostre ed eventi

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