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Gli Uffizi e TikTok
Arte moderna
Da qualche giorno gli Uffizi sono ufficialmente sbarcati su TikTok e aprono così una nuova via nel variegato, e ancora un po’ confuso, mondo della comunicazione digitale dei musei, una sorta di magma incandescente in rapida e continua evoluzione che sta attraversando una fase di grande attività conseguente all’emergenza Covid-19, e alla relativa chiusura di tutti gli enti culturali.
Aprendo un account su quello che è a tutti gli effetti il social del momento, soprattutto per la fascia di età compresa tra i 10 e i 19 anni, il museo fiorentino si trova davanti a una grande sfida cui tutti dovrebbero guardare con molta attenzione: si tratta di una sorta di salto nel buio che comporta non pochi rischi perché sarà complicato individuare un codice di linguaggio che coniughi le esigenze della piattaforma, e quindi il coinvolgimento degli utenti, e lo spessore di un contenuto culturale.
Già a fine novembre 2019 era stata la Galleria Nazionale di Roma la precorritrice su TikTok, senza trovare però continuità nella pubblicazione di contenuti, e di fatto, risultando poco attiva, mentre gli Uffizi sono il primo grande museo italiano, e tra i primi al mondo insieme al Rijksmuseum di Amsterdam, a cimentarsi con una strategia comunicativa ideata ad hoc.
TikTok è un social network sviluppato in Cina che sta raccogliendo un enorme successo tra i teenager e che, sostanzialmente, si basa sulla condivisione di brevissimi video di 15 secondi, personalizzabili grazie a un’infinità possibilità di scelta tra canzoni, filtri e distorsioni varie: in accordo con questa vocazione giovanile, il primo post del museo è una risposta alla challenge #festaincasa lanciata dai Ferragnez (il seguitissimo account di Chiara Ferragni e Fedez) e ha come protagonista il Cavalier Piero Secco Suardo, protagonista del ritratto eseguito da Giovanni Battista Moroni nel 1563, che vaga per le sale espositive alla ricerca di una festa immaginaria.
La sequenza dei post è una rivisitazione in chiave ironica di alcune opere della straordinaria collezione del Museo, con ampi riferimenti all’attualità: ecco, quindi, la Venere protagonista della Primavera di Botticelli che rimprovera Flora e le Tre Grazie perché non stanno mantenendo il distanziamento sociale di un metro, oppure la terribile Medusa di Caravaggio che pietrifica il coronavirus che si aggirava malefico e indisturbato per le sale espositive. Non mancano i riferimenti neanche ai famigerati “congiunti”, con il surreale dialogo tra i coniugi Battista Sforza e Federico da Montefeltro, opera mirabile di Piero della Francesca, o agli esercizi per tenersi in forma a casa di una famiglia particolare, quella del Tondo Doni di Michelangelo.
Sarebbe sbagliato dare ora un giudizio di merito sulla operazione lanciata dagli Uffizi, sarà necessario aspettare l’evoluzione delle prossime settimane, in previsione anche della agognata “riapertura”, ma indubbiamente si tratta di un esperimento molto interessante perché pone in essere un tentativo serio di aprire un canale verso una fascia di pubblico difficilissima da coinvolgere: avvicinare il più possibile i giovani in età scolastica è una missione decisiva per il futuro dei musei, fallire sarebbe esiziale.
Per questo sarà molto interessante capire se questo dialogo virtuale tra Uffizi e “tiktokers” si tradurrà, in seguito, in una visita reale. Sarà poi compito del museo fiorentino, e di tutte le altre istituzioni che lo seguiranno, integrare con ulteriori strategie di comunicazione quella visita “fisica” affinché sia in grado di restituire la complessità e l’emozione che stanno dentro un’opera d’arte.
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