25 ottobre 2022

Rapida storia recente delle manifestazioni ambientaliste nei musei

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Dallo sterco di Damien Hirst al murales di Banksy, un rapido excursus nella storia recente delle manifestazioni a favore dell’ambiente che hanno incrociato l’arte e i musei. Con un commento di Leonardo Caffo

In fondo, a Monet e Van Gogh è andata quasi bene. Perché, nei loro casi, al Museo Barberini di Potsdam e alla National Gallery di Londra, si trattava di un purè di patate e di una innocente e warholiana zuppa di pomodoro Heinz, una delle multinazionali più potenti al mondo nel settore agroalimentare. Cosa dovrebbe dire, invece, Damien Hirst che, nel 2017, si vide recapitare ben 40 chili di sterco proprio davanti all’ingresso della sua enorme mostra a Palazzo Grassi, presentata in occasione della Biennale di Venezia. «Beccati questa opera d’arte!», scriveva l’associazione Centopercentoanimalisti sul suo blog. Insomma, gli episodi che intrecciano le azioni di protesta per l’ambiente e l’arte non sono nuovissimi ma è utile, per una interpretazione dei fatti più equilibrata e meno radicalizzata, inserire questa escalation di clamore in una prospettiva storicamente orientata.

Rimanendo in anni recenti – diciamo quelli segnati dai fenomeni virali – le prime manifestazioni ambientaliste strutturate e rivolte al pubblico dei musei furono quelle dei gruppi BP or Not BP, Art Not Oil e Platform che, tra il 2014 e il 2016, puntarono l’attenzione contro le sponsorizzazioni di British Petroleum a favore di alcune delle istituzioni culturali più importanti della Gran Bretagna, come il British Museum, la National Portrait Gallery, la Royal Opera House e la Royal Shakespeare Company.

In quegli anni ancora non era stata coniata la fortunata ed eloquente espressione di “filantropia tossica”, che avrebbe poi trovato una significativa diffusione grazie alle proteste di Nan Goldin e del sul collettivo PAIN – Prescription Addiction Intervention Now, che si rese protagonista di diverse performance contro la famiglia Sackler, proprietaria della casa farmaceutica responsabile della produzione del farmaco oppiaceo Oxycontin e tra i donors più generosi di diversi musei, come il Metropolitan di New York e il Louvre di Parigi. Nel 2018, la grande fotografa fu inserita nella classifica dei potenti dell’arte stilata da ArtReview, proprio per la sua pervicace azione di disvelamento di queste connessioni pericolose. Nel 2022, alla 79ma Mostra del Cinema di Venezia, il Leone d’Oro è stato attribuito a “All the Beauty and the Bloodshed”, documentario di Laura Poitras dedicato proprio alla vita personale travagliata di Goldin.

Ph. T. W. Collins

E ancora la Laguna e il suo red carpet ritornano come testimoni di un ecosistema tanto fragile quanto “di consumo”: nel 2019, centinaia di attiviste e attivisti provenienti dai movimenti ambientalisti di tutta Europa invasero la passeggiata d’onore della Mostra del Cinema, in concomitanza con il primo Venice Climate Camp internazionale, organizzato dai membri di Fridays For Future, il movimento di protesta contro il climate change che trovò in Greta Thunberg la sua icona. Un mese dopo, gli attivisti di Extinction Rebellion misero in scena una performance alla National Portrait Gallery di Londra, nell’ala dove erano allestite alcune opere acquisite in collezione grazie ai fondi della BP Oil: tre attivisti seminudi rimasero sdraiati per diversi minuti sul pavimento della sala, cosparsi di una sostanza oleosa, prima di rialzarsi, asciugarsi e pulire tutto.

Per contestualizzare: pochi giorni prima era accaduto il disastro della Deepwater Horizon, quando, a seguito a un incidente durante il perforamento di un pozzo sottomarino nel Golfo del Messico, morirono sul colpo 11 operai e fu causato uno sversamento nelle acque di una cifra impressionante e difficilmente precisabile di idrocarburi, tra i 5 e 10 milioni di litri – quanti barattoli Heinz servirebbero per contenerli tutti? – con la chiusura del 20% delle spiagge dell’area.

Insomma, tra il 2018 e il 2019 sembra essere avvenuto uno scarto fondamentale: la posta in gioco si stava alzando. L’aveva notato anche Banksy che, sempre attento ai fenomeni sociali e culturali del momento, nell’aprile 2019 realizzò uno dei suoi stencil, a Londra, raffigurante un bambino accovacciato accanto a una piantina verde, con in mano un cartello di Extinction Rebellion. A commento, una scritta che, oggi, suona profetica: «From this moment despair ends and tactics begin», Da questo momento la disperazione finisce e iniziano le tattiche. Ed è stato proprio così.

Emergendo dai margini dei blog ai feed più popolati di Twitter, proprio in coincidenza della pandemia che tanto ha fatto riflettere in termini di impatto ambientale e di coesistenza, i movimenti hanno infatti trovato una sorta di linea di azione comune e transnazionale di disobbedienza, con molti gruppi locali riuniti sotto le reti “Just stop oil” e “Last Generation”. Ed è nel segno delle traduzioni di “Ultima Generazione” e “Letze Generation” che sono avvenuti gli ultimi episodi. In Italia, nei mesi scorsi, gli attivisti si sono incollati ai vetri protettivi della Primavera di Botticelli agli Uffizi e alle balaustre della Cappella degli Scrovegni, dando seguito a quanto era accaduto poco prima in Inghilterra, con le opere di Vincent van Gogh, William Turner e John Constable, tre paesaggi. «Al giorno d’oggi è possibile vedere una primavera bella come questa? Incendi, crisi alimentare e siccità lo rendono sempre più difficile», si leggeva sulla pagina Instagram del collettivo italiano.

La risposta dei musei e del sistema dell’arte, d’altra parte, è sempre stata piuttosto tiepida. Nell’ottobre 2020, a Londra, venne presentata la Gallery Climate Coalition, un collettivo che riunisce alcune tra le gallerie e le organizzazioni più importanti al mondo, per ridurre l’impatto ambientale dell’arte. Per ora, nonostante un bel sito dalla grafica minimal, non sembra essere stato fatto molto, a parte un utile strumento di misurazione dell’impronta di carbonio a disposizione dei musei che aderiscono alla Coalizione. Non che l’impatto di una mostra di Impressionisti possa essere paragonabile alla Monsanto ma, insomma, nell’epoca dei grandi numeri, coinvolgere una certa parte di società – quella che frequenta abitualmente i musei e le gallerie d’arte – pure potrebbe tornare utile.

L’evidente enormità di lanciare salse e purè sui vetri che proteggono i capolavori giustamente intoccabili della storia dell’arte è un’azione che, come prevedibile, ha riscosso un’ampia risonanza mediatica, tanto sui giornali e sulle riviste quanto sulle bacheche dei profili personali. Il prodotto è una mole critica di commenti, molti dei quali infiammati da una violenta radicalità – che poi finisce per inquinare i canali della comunicazione –, con tanto di auguri di lapidazione o carcere a vita per i giovanissimi attivisti. Serviranno i video virali a ridurre le emissioni di Co2? Attaccare l’arte è un buon mezzo per difendere l’ambiente? Forse la questione non va inquadrata in questi termini di contrapposizione, piuttosto nell’intima rispondenza tra arte e vita – in questo caso, tra le opere conservate nei musei e ciò che succede fuori dalle istituzioni – tanto chiamata in causa quanto fraintesa e che, in certi casi, può creare frizioni anche clamorose e divisive. D’altra parte, l’arte è un mezzo per esprimersi oppure un fine a cui tendere?

Di certo, a parte le questioni irrisolvibili dell’estetica, alcune volte la cronaca assume una piega divertente se non comica: proprio in queste ore, un gruppo di attivisti di Just Stop Oil ha lanciato una classicissima torta in faccia a Re Carlo. Specifichiamo, per non abbandonarci al facile sensazionalismo: alla statua di cera di re Carlo esposta al famoso museo Madame Tussauds di Londra.

Di seguito, riportiamo un commento di Leonardo Caffo, filosofo e scrittore, impegnato, tra l’altro, nell’elaborazione e nella divulgazione delle teorie antispeciste e postumane.

«Un Vincent van Gogh imbrattato da due ragazzini, e giustamente tutti (nonostante il vetro di protezione) ci scandalizziamo del fatto. E anche io, in effetti, non è che fossi contento. Ma proviamo a prenderla alla larga: una generazione per cui la natura vale più della cultura si sta affacciando all’orizzonte, quella generazione che poi è la vittima reale dello stupro ambientale che il boom economico ha compiuto a loro danno. Van Gogh non si tocca, per carità, eppure i suoi paesaggi si: non esistono quasi più, oggi i campi di fiori sono mortiferi cimiteri in attesa della prossima esplosione nucleare. Allora, forse, perché l’arte di questo dovrebbe occuparsi – soprattutto se davvero “contemporanea” -, perché non sforzarsi di vedere la performance dove invece i giornali vedono vandalismo? I movimenti ambientalisti nei musei sono questo, eredi che prendono sul serio il lavoro della teoria della performance dove la vita vince sull’arte e si ibrida definitivamente con essa: cosa resta di van Gogh in un mondo che crolla definitivamente sotto il peso dell’abuso climatico? Lavate quel vetro, ma con esso anche le colpe delle mie generazioni e di quelle precedenti: invitiamo questi ragazzi nei musei e interpretiamoli per ciò che sono, ovvero artisti. Hanno trovato l’unico modo per farsi ascoltare, pisciare sulle nostre cattedrali formali nella speranza di un impatto sul mondo reale. Perdoniamoli, perché loro possano perdonare anche noi».

3 Commenti

  1. Cos’é l’Arte in rapporto all’Ambiente? Si tratta di un quesito di non facile risposta. Arte e Ambiente interagiscono ogni qual volta un Artista decide di manifestare la propria impronta sulla Terra. L’ambiente medesimo si amalgama spesso con l’Opera d’Arte che diviene così portatrice del messaggio del Creato. Accade purtroppo anche il contrario, ovvero che l’Arte deturpi l’Ambiente quando vengono utilizzate le sostanze e le miscele dei materiali più disparati che sono nocivi ed inquinano il Mondo che noi, Esseri Umani, abitiamo. il mio modo di intendere l’Arte é quello di catturare la Bellezza. Per questo vedo nella Natura, come accadeva per i nostri predecessori, la finalità dell’Arte. L’Arte ha il compito di salvaguardare la Natura e di coglierne gli aspetti più notevoli e sorprendenti. Manifestare violentemente in difesa dell’Arte non é la modalità di agire che si addice ai giovani della contemporaneità. In tal modo perderemmo tutto il senso estetico che fa da aura alle Opere artistiche. Dobbiamo riappropiarci della capacità di stupirci e di guidare le persone che frequentiamo verso un’Arte che sia di per sé liberante e positiva.

  2. Bha. Citare una banda di delinquenti come i fasci di Mocavero non mi pare un gran gesto degno di intelligenza. Gente che usa il blog per minacciare donne e bambini, perseguitare disabili e aggredire anziani indifesi. Francamente si poteva pure evitare di citare questi figli del nulla cosmico

  3. Il Signor Melchiorre sarà un cacciatore, ahimè, perché mai si son sentite minacce e/o persecuzioni ad indifesi da parte del Gruppo che ha citato che invece da sempre lotta contro le sopraffazioni subite da Chi non ha difesa.

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