08 febbraio 2021

Fondazione Il Lazzaretto, Premio Lydia!: il bando 2021. Ce ne parla il Presidente

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C'è tempo fino al 22 febbraio per iscriversi alla quarta edizione del Premio Lydia!, dedicato gli artisti emergenti under 35. Con Alfred Drago, Presidente della Fondazione Il Lazzaretto, abbiamo approfondito le peculiarità di questa iniziativa, la sua storia e quali sono le caratteristiche che il premio cerca in un artista

Courtesy Fondazione Il Lazzaretto

La Fondazione Il Lazzaretto, con sede a Milano, ha da poco aperto il bando della quarta edizione del Premio Lydia! impegnato nel sostegno dei talenti emergenti under 35 residenti in Italia.

Il premio è dedicato a Lydia Silvestri (1929, Chiuro, Sondrio – 2018, Colico, Como), scultrice e allieva di Marino Marini, che per anni ha avuto il suo atelier negli spazi che dal 2014 ospitano la Fondazione, vicino a Porta Venezia. Dal 2018 le vincitrici del premio sono state Chiara Enzo (2018), Gaia De Megni (2019) e Valentina Furian (2020).

La Fondazione ha riconfermate le principali caratteristiche del bando: «un premio in denaro del valore di 5mila euro destinati alla realizzazione di un’opera originale; un percorso di mentorship con Adrian Paci, Presidente della Giuria del Premio e tra i più importanti protagonisti dell’arte contemporanea nel nostro paese; la presentazione dell’opera all’interno de Il Festival della Peste! annuale appuntamento live al Lazzaretto nel mese di novembre con performance, mostre, talk e laboratori».

A valutare le candidature inviate entro il 22 febbraio sarà una giuria presieduta da Adrian Paci e composta da rappresentanti dell’ente promotore e da professionisti del mondo della cultura e dell’arte: Claudia D’Alonzo (Docente e curatrice indipendente); Alfred Drago (Cofondatore e Presidente della Fondazione Il Lazzaretto); Gianni Moretti (Artista); Beatrice Oleari (Head of International Relation e cofondatrice di FARE – Cultura); Linda Ronzoni (Direttrice artistica Fondazione Il Lazzaretto).

Il tema dell’edizione di quest’anno è la Peste, con riferimento alla fusione storica ricapita dell’edificio in cui ha sede la Fondazione che, «costruito come ricovero per i malati di peste di Milano, storicamente il Lazzaretto era il luogo del confinamento e dell’isolamento, il luogo della separazione dal resto del mondo», e che oggi diventa di grande attualità.

Potete trovare tutte le informazioni sul Premio sul sito illazzaretto.com. Le candidature dovranno essere inviate entro il 22 febbraio 2021 all’indirizzo lydia@illazzaretto.com 

Alfred Drago, Presidente della Fondazione Lazzaretto (©)

Alfred Drago, Presidente della Fondazione Il Lazzaretto, ci racconta la storia del Premio Lydia e il nuovo bando

Il Premio Lydia giunge alla sua quarta edizione, come è cambiato nel tempo?

«Direi che è maturato insieme a noi. Il primo anno abbiamo affrontato il premio come omaggio alla memoria di Lydia Silvestri, artista che prima di noi occupava gli spazi della Fondazione: si è trattato di un gesto istintivo, di affetto, nei confronti di una persona per noi importante.
Decidemmo di premiare un’opera che fosse attinente al tema proposto, e per quanto la risposta a livello di numero e qualità di partecipanti fosse soddisfacente, c’era qualcosa che non tornava. Per questo dal secondo anno, dopo un confronto più coerente e lucido, abbiamo deciso di non premiare più un’opera bensì un’artista o un artista, le sue idee e il suo percorso dando la possibilità di affrontare la creazione di un’opera passando “attraverso” il Lazzaretto. Da quest’anno abbiamo portato da 30 a 35 anni il limite d’età.
Intanto, a Lydia Silvestri è stata dedicata un’intera sala alla Quadriennale di Roma 2020 curata da Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol: Lydia comincia ad uscire allo scoperto, e così anche il premio a lei dedicato. Siamo felici».

Valentina Furian, Bastardo (web project, detail) , Lydia! Prize 2020 winning project, courtesy Fondazione Il Lazzaretto
Che cosa può significare oggi per un’artista o un artista partecipare a un premio come Lydia e magari vincerlo?

«Credo di poter dire che siamo un premio abbastanza anomalo, un po’ fuori dalle righe. Non a caso è proposto da una Fondazione che non ha come obiettivo primario quello di sostenere l’arte. A noi interessa l’ambito creativo in tutte le sue sfaccettature, interessano l’ibridazione e il confronto.
Il percorso di Lydia intende mettere a disposizione uno spazio di libertà e l’opportunità di far crescere il proprio lavoro e la propria ricerca attraverso il processo di mentorship con Adrian Paci. Significa disporsi per un anno in una dimensione dialogica, di confronto, scontro, incontro, tra la propria ricerca e le istanze di altri artisti, filosofi, poeti, scienziati che lavorano a proposte e interventi provenienti da altri ambiti disciplinari. Significa uscire cambiati».

Gaia De Megni, S. Carlo, Installation (detail), Lydia! Prize 2019 winning project, Photo Silvia Gottardi, courtesy Fondazione Il Lazzaretto
Come si inserire il Premio Lydia nelle attività della Fondazione Il Lazzaretto?

«Il Premio Lydia! per noi è diventato uno dei nostri Virus, esperimenti di cultura partecipata – che per noi rappresenta il metodo fondante del Lazzaretto: workshop, iniziative, laboratori e incontri con artisti, performer, curatori, filosofi, scienziati, all’interno dei quali il pubblico è invitato a partecipare ponendo dubbi e domande, fornendo idee e punti di vista, mettendosi in relazione e in confronto diretto con il tema dell’anno.
Ogni Virus trova apertura e sintesi all’interno del programma del Festival della Peste!, dando vita ad uno degli appuntamenti che ne costruiscono il palinsesto.
Nel caso di Lydia, il Virus è l’opera che l’artista vincitore realizza e che viene presentata durante il Festival».

Chiara Enzo, Claustrale, Installation (detail), Lydia! Prize 2018 winning project – Photo Silvia Gottardi courtesy Fondazione Il Lazzaretto
Il Premio Lydia è volto alla ricerca di talenti emergenti. Quali caratteristiche cercate nella ricerca degli artisti che possono aspirare a vincere il premio?

«Cerchiamo artisti disposti a innescare pratiche che non vogliano fornire risposte ma che, al contrario, mirino ad alimentare domande. Che siano interessati a esplorare i temi della vulnerabilità come condizione di possibile apertura, che lavorino sul confine come luogo che ospita minacce ma anche possibilità di incontri, che vogliano uscire dal solco di narrazioni già esplicite e note per offrire prospettive provocatorie, capaci di attivare riflessioni più ampie».

Gli spazi della Fondazione Il Lazzaretto, courtesy Fondazione Il Lazzaretto
Che ritratto della scena emergente è scaturito dalle tre edizioni precedenti?

«Considerando che siamo ancora un premio giovane non so quanto possa essere obiettiva la valutazione del nostro campione. Interessante come si spazi su ambiti molto differenti, dalla danza alla videoarte al teatro. Poca pittura e scultura. Tanta attenzione ai problemi della contemporaneità, al sociale, alla natura. Poca politica.
Le tre edizioni hanno evidenziato uno scenario di giovani artiste e artisti alle prese con ricerche radicali e molto focalizzate, senza incertezze, senza paure, con una determinazione insolita vista la giovane età, con le idee molto chiare rispetto al proprio percorso a alla scena artistica nella quale si inseriscono».

Gli spazi della Fondazione Il Lazzaretto, courtesy Fondazione Il Lazzaretto
Il tema dell’edizione di quest’anno è la Peste, che, oltre alla pandemia, si lega alla storia del luogo in cui ha sede la Fondazione. Che tipo di riflessione volete stimolare?

«Il riferimento alla Peste per noi rappresenta uno stimolo a stare su quel confine, a praticare uno sguardo aperto e molteplice, allenare metodi di ricerca artistica capaci di superare modalità binarie e oppositive, di dare forma al mondo, andare oltre i perimetri tra: vuoto/pieno, privato/pubblico, materiale/immateriale, maschile/femminile, ordine/disordine, integrità/molteplicità.
In quest’ottica, Lydia intende intercettare ricerche e proposte che mirino a ribaltare simbologie e immaginari, trovare modi altri di vedere, scrivere contro-narrazioni, produrre slittamenti di senso fuori dal comune. L’invito è a frequentare i confini, a praticare lo sconfinamento come pratica trasformativa individuale e collettiva». 

Gli spazi della Fondazione Il Lazzaretto, courtesy Fondazione Il Lazzaretto

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