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Tutte le disuguaglianze del mondo: dentro alla 24ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano
Fiere e manifestazioni
È in corso fino al 9 novembre 2025 la 24ª Esposizione Internazionale dal titolo Inequalities, edizione che riunisce autori e curatori provenienti da 73 paesi, costruita in 8 mostre e 10 progetti speciali nei 7.500 mq di spazi espositivi del Palazzo Dell’arte a Milano. Inequalities ragiona come un grande piattaforma di studio, una sorta di intelligenza collettiva e collaborativa (umana e non) che disarticola contenuti e riflessioni intorno al tema globale delle diseguaglianze sociali, geopolitiche e spaziali, sull’onda dello sviluppo tecnologico e crisi ecologica. Dal macro al micro, dagli spazi urbani della città di Milano al mondo microscopico dei batteri, si toccano i temi delle marginalizzazioni, di dislivelli socioeconomici e di accesso alle risorse e energetiche e ambientali, sempre mantenendo due direttrici principali: la geopolitica e la biopolitica delle diseguaglianze, rispettivamente al piano terra e primo piano. Un’edizione, inaugurata a ridosso della Biennale Architettura di Venezia, che chiude concettualmente la trilogia delle esposizioni precedenti, Broken Nature: Design Takes on Human Survival del 2019, dedicata al nostro rapporto con la sfera dei fenomeni naturali, e Unknown Unknowns del 2022, intorno al tema di ciò che ancora “non sappiamo di non sapere”, dall’evoluzione della città agli oceani, dalla genetica all’astrofisica.

«Da Milano al mondo, dalla vita microscopica dei batteri ai grandi flussi migratori»: sotto molti aspetti, il messaggio di Inequalities mette in luce i numerosi limiti dell’attuale modello economico e geopolitico dominante, disegnando una geografia delle diseguaglianze tra Paesi e all’interno dei Paesi. L’arte, il design e i display espositivi sono pensati per edificare le nostre coscienze e proiettarci verso nuove prospettive scientifiche e culturali. È Stefano Boeri, presidente di Triennale, a introdurne l’intenzione: «Nasciamo diseguali. Tutti noi, tra noi, non solo per i geni che ereditiamo, ma per la famiglia, la parte del mondo in cui veniamo alla luce. Per sei mesi in Triennale parleremo di tutto questo».
Il forum di discussione e i protagonisti internazionali
Quanto e come impatteranno sulla comunità le grandi migrazioni, la crisi climatica, l’invecchiamento, lo sviluppo demografico, l’accesso alla casa e all’educazione? Inequalities si è costruita intorno alle giornate di forum svoltosi a settembre 2024, bipartito in geopolitica e biopolitica e partecipato da 25 relatori, che ha sviscerato molti dei temi nelle loro diverse dimensioni critiche: le disuguaglianze economiche, sociali, sanitarie e culturali tra le popolazioni del mondo. La sessione si è aperta con la lecture di Richard Sennett che introduce il concetto di diritto alla città, richiamandosi a pensatori come Henri Lefebvre e David Harvey: le disuguaglianze non sono un’esperienza materiale separata dalla cultura della città, degli spazi del nostro quotidiano. Fondamentale l’intervento di Tim Ingold che propone un “nuovo umanesimo” centrato sulla convivenza nella diversità, superando la logica binaria uguale/diseguale. Viene citato anche Il Secolo Nomade di Gaia Vince che evidenzia come l’innalzamento delle temperature, la siccità e le crisi agricole renderanno molte aree del pianeta sempre più inabitabili entro fine secolo: «A migrare non saranno solo individui, ma anche competenze, risorse e capitali». Come ha notato Matilda van den Bosch, «il principale indicatore dell’aspettativa di vita non è il codice genetico, ma quello postale»: le disuguaglianze sanitarie sono legate a fattori socio-ambientali e non biologici. La salute dell’umanità è inseparabile da quella del pianeta. Lo sfruttamento delle risorse, la deforestazione e l’inquinamento colpiscono soprattutto le popolazioni più vulnerabili. La crisi che affrontiamo è, a tutti gli effetti, anche una crisi di giustizia ed equità.

Mostre e progetti speciali: un giro all’interno di Inequalities
Superata la balena supersize ricoperta di cartapesta posta di fronte al Palazzo dell’Arte, parte del progetto di Jacopo Allegrucci La fragilità del futuro, che trae spunto dall’estinzione e dal deperimento dei materiali, il piano terra è dedicato alla dimensione geopolitica, con riflessioni riferite soprattutto al mondo delle città, alla vita urbana assunta nei termini di ricchezza e povertà. Il primo piano invece esplora, a partire dalla biodiversità terrestre, le implicazioni biopolitiche delle disuguaglianze, le abitudini, stili e aspettative di vita nelle società contemporanee.

Cosa possono fare oggi gli edifici, gli architetti e le architette per ricucire il legame tra le persone e i luoghi in cui vivono? Il piano terra si apre con Cities, esposizione curata da Nina Bassoli, premiato con i BEE Awards e certamente tra i progetti più rilevanti. Partendo dall’incendio della Grenfell Tower a Londra del 2017, 43 città del mondo vengono reinterpretate come casi-studio utili per individuare i punti critici su temi come ricchezza e povertà, società e comunità, infrastrutture e città, ecologie di coesistenza, grazie alle visioni di 35 autori e artisti che ricostruiscono i luoghi in una geografia comunitaria immaginaria.
Nello spazio Cuore vediamo Milano. Paradossi e opportunità, una necessaria riflessione sulla città di Milano e i suoi forti contrasti: attira giovani ma invecchia, i redditi crescono in centro ma calano in periferia dove gli affitti aumentano, cresce il volontariato ma cala la partecipazione politica. Coordinata da Seble Woldeghiorghis, è curata da Damiano Gullì e Jermay Michael Gabriel, artista e direttore di Black History Months Milano, associazione non profit che promuove artisti italiani afrodiscendenti, per valorizzare talenti ed esprimere la volontà di riconoscere le competenze e le prospettive dei nuovi cittadini italiani. Il progetto si articola in due percorsi: uno ospitato all’interno degli spazi espositivi di Palazzo dell’Arte e un altro esterno e itinerante. Grazie all’analisi dei dati urbani condotta dal SI Lab dell’Università Bocconi, i curatori hanno individuato sei grandi paradossi del capoluogo lombardo e li hanno associati al progetto personale di un artista selezionato in collaborazione con Black History Months Milano.
Towards an Equal Future è il contributo della Norman Foster Foundation, un ente filantropico – che dal 2017 incoraggia l’interconnessione tra architettura, tecnologia e arti a livello globale – dedicato alla crisi abitativa in situazioni di emergenza. La mostra espone interventi pensati per gli slum in India, progetti per ricostruire una città ucraina colpita dalla guerra, alternative alle tendopoli per rifugiati sostenibili, accessibili e di alta qualità.

Gli spazi del bar lasciano spazio all’installazione di Federica Fragapane, che attraverso la data visualization costruisce un display e grafici che riproducono in esperienza tangibile i dati che raccontano di disparità economiche, surriscaldamento globale, mobilità sociale e discriminazioni legate all’etnia e al genere.
Quali sono i suoni della cura e come possiamo ascoltarli e custodirli? La Serpentine di Londra, con Hans Ulrich Obrist, Natalia Grabowska e Damiano Gullì, idea il progetto Radio Ballads (nome da una rivoluzionaria serie radiofonica trasmessa dalla BBC dal 1957 al 1964), una serie di quattro film e altrettanti corpus di ricerca che narrano storie relative al mondo dei social worker, a coloro che si prendono cura di altri. Per tre anni, Sonia Boyce, Helen Cammock, Rory Pilgrim e Ilona Sagar hanno collaborato con assistenti sociali, caregiver, organizzatori e comunità di Londra, sullo sfondo di un Regno Unito che vede un persistente razzismo sistemico e di forme di discriminazione nei confronti delle persone con disabilità. Ogni progetto sonoro riprende i metodi e le tecniche utilizzate nelle ballads originali, dando spazio a testimonianze di esperienze dirette.

Batteri e Ministeri dell’utopia alla Triennale Milano
Forse il più discusso tra i progetti, con 471 Days, a cura di Filippo Teoldi con il design di Midori Hasuike, l’esposizione non può mancare il riferimento al conflitto israelo-palestinese in atto. L’opera rappresenta i 471 giorni tra l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 e il cessate il fuoco del 19 gennaio 2025. Ogni giorno è reso visivamente con una colonna di tessuto la cui lunghezza corrisponde al numero di vittime. Le didascalie e i racconti personali affiancano i dati, restituendo un volto umano alle statistiche di oltre 48.000 morti.
Tra i progetti più potenti We the Bacteria: appunti per un’architettura biotica, che vince il BEE Award come migliore progetto originale. La mostra, curata da Beatriz Colomina e Mark Wigley, esplora l’intersezione tra batteri ed edifici, enfatizzando come questi siano stati profondamente intrecciati dai tempi del Neolitico fino a oggi. We the Bacteria prova a immaginare cosa accadrebbe se al centro della progettazione architettonica invece che l’uomo ci fossero i batteri, la prima forma di vita di 4,2 miliardi di anni fa, disfacendosi del “design uomo-centrico”. Lo studio alla base dell’idea è enfatizzare l’uomo come un’entità trans-specie, la cui salute è concepita in relazione al microbioma e l’intero ecosistema della biosfera da cui tutto dipende. All’interno della mostra si trova il progetto speciale The Corner Problem, che ironizza sul rituale della pulizia quotidiana che si arrende alla propria inutilità: nel momento stesso in cui una superficie viene pulita, inizia a sporcarsi di nuovo.

Altro progetto dal forte connotato scientifico è Otto stazioni sul pianeta terra, a cura di Telmo Pievani in collaborazione con l’Università di Milano Bicocca e del National Biodiversity Future Center. Un assunto, la crisi della biodiversità non conviene a nessuna specie sulla terra, ed essa stessa contiene le soluzioni per smettere di distruggerla: materiali innovativi, nuove biotecnologie, farmaci, cibo sano. La mostra è un vero e proprio display di ricerca che illustra otto comunità organizzate di entità che vivono insieme e costruiscono il loro mondo, in economia circolare. Ogni stazione, rispettivamente dedicata a polipi o castori, ai territori di Cotoca nel Sud dell’Amazonia, Milano, Venezia, Dadaab in Kenya, Auckland in Nuova Zelanda, è composta dai materiali organici che torneranno in circolo (alghe, funghi, terracotta, bioplastiche ricavate dalla cocciniglia, legni riciclati) ed è accompagnata da Sentinelle, punti di osservazione che mostrano in presa diretta la raccolta di dati scientifici sul campo.
«Siamo al confine tra dell’Era della Vecchiaia e alle porte della società della Longevità». Tra le mostre più d’impatto vediamo The Republic of Longevity. In Health Equality We Trust, una riflessione intelligente e provocatoria che mette al centro la sfida dell’invecchiamento sano in un mondo sempre più disuguale. Attraverso cinque ministeri utopici e di fantasia (Scopo, Uguaglianza, Sonno, Cibo, Democrazia, Libertà Fisica…), viene mostrato come gesti semplici, come dormire bene o condividere un pasto, possano diventare strumenti di equità sociale. Coinvolgente e interattiva, il curatore Nic Palmarini con Marco Sammicheli e Sopa Design Studio ci invitano a contribuire con esperienze personali, costruendo un archivio collettivo di buone pratiche.

Sempre al primo piano abbiamo altri tre progetti speciali. Not for Her. L’intelligenza artificiale che svela l’invisibile, ideata dal Politecnico di Milano, tramite installazioni interattive stimola il pensiero critico intorno alla trasformazione percettiva dopo l’intelligenza artificiale, ragionando sui temi di disparità legate al genere e al lavoro. Il progetto Clay Corpus di Theaster Gates invece esplora la forza, la dignità e l’umanità racchiuse negli oggetti d’uso quotidiano e prodotti con la saggezza artigianale, attraverso la pratica di due maestri, il ceramista giapponese Yoshihiro Koide e il designer italiano Ettore Sottsass e le loro pratiche di archiviazione. In ultimo, Portraits of Inequalities a cura di Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa, che raccoglie trenta ritratti di donne e uomini, realizzati tra il Seicento e il Novecento, parte della collezione milanese che raffigura i benefattori della Ca’ Granda, l’Ospedale Maggiore di Milano.
Guardare il mondo da ogni prospettiva: i 20 paesi coinvolti e i premi
Tenendo fede alla tradizione delle Esposizioni Internazionali, il percorso di Inequalities presenta i contributi 20 Paesi, invitati a concentrarsi su una specifica dimensione urbana o spaziale per costruire una riflessione corale per nuove proposte politiche e sociali. Ogni paese propone un ragionamento intorno alla sua peculiare realtà abitativa o culturale: garage e baracche, estrattivismo, politiche di genere, queerness, espansione urbana deregolata, adattamento e inclusività, responsabilità individuale, migrazioni interne, fast fashion, attivismo globale.

I premi dei BEE Award di quest’anno, assegnati ai progetti più rilevanti dalla giuria composta da Paola Antonelli, Ifeoluwa Adedeji e Maria Porro, sono stati realizzati dall’artista Flaminia Veronesi. La programmazione performativa di Inequalities, curata da Umberto Angelini, sarà una densa esplorazione intorno ai temi di diseguaglianze dei corpi, fragilità e marginalità individuali e sociali, le inquietudini e i sogni delle nuove generazioni. In parallelo il public program, a cura di Damiano Gullì, che si è aperto con l’evento internazionale Art for Tomorrow organizzato da Democracy & Culture Foundation, permettendo una condivisione di temi e intenzioni in modo sinergico tra i due progetti, e si articolerà in numerosissimi incontri, laboratori e lecture.
Un grande progetto che riflette la geografia delle diseguaglianze in ottica globale
Le Esposizioni Internazionali, sin dalla prima edizione del 1933 alla Triennale di Milano continuano a rivelarsi come un globale termometro dei grandi dibattiti che l’umanità, in relazione con l’ecosistema-mondo, affronta nel corso del secolo. Inequalities Affect Us All: le disuguaglianze riguardano tutti. La 24esima Esposizione Triennale è davvero un progetto corale, con solide basi scientifiche, che fa dell’arte il mezzo espressivo d’elezione per un messaggio etico prima che estetico, urgente e costruttivo, in un grande momento di confronto collettivo che guarda il mondo dalla prospettiva delle diseguaglianze che, appunto, riguardano tutti.

Inequalities è una mostra per tutti, chiara e ben costruita, che traccia diverse strade possibili per accogliere e comprendere disparati punti di vista, prendendosi il tempo necessario per una visita attenta. Apprezzata internazionalmente l’attenzione ai temi politici, sociali, ambientali e culturali attraverso installazioni e collaborazioni con istituzioni accademiche, l’impegno e la qualità curatoriale di Triennale nel mantenere una carica politica e nel connettere le esperienze locali a un pubblico globale. Inequalities non può essere definito un percorso rassicurante, ma un progetto che apre spazi di riflessione necessari, in un momento storico in cui la disuguaglianza – sociale, ambientale, politica – non è più solo un dibattito, ma un’urgenza del nostro quotidiano.