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A Roma la mostra di Olivo Barbieri che si confronta con l’archivio
Fotografia
Quando la fotografia incontra la scultura si crea uno stato di trascendenza, nel quale la realtà materica e geografica del mondo si rivela. Il mondo dell’arte è costellato di episodi che rivelano il rapporto in divenire tra scultura e fotografia: l’immagine che sostituisce l’oggetto ne è l’emblema più eclatante. Lo spazio materiale che si trasforma in spazio sociale; avvengono conquiste, acquisizioni, scomposizioni, ibridazioni nelle quali si arriva a fondersi.

In questo stato di metalinguaggio, possiamo interpretare la mostra di Olivo Barbieri Aviopancro Restricted, fino al 20 giugno 2025 all’ICCD – Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, con la curatela di Francesca Fabiani. Barbieri ha scelto di lavorare sui materiali dell’Aerofototeca Nazionale (AFN), oggi il maggior archivio aerofotografico civile italiano con oltre sei milioni di immagini. Nel corso del suo celeberrimo e articolato progetto, site specific_2003 2023, Barbieri ha fotografato a bordo di un elicottero oltre sessanta metropoli del pianeta inaugurando un modo nuovo di rappresentare la città che, grazie all’uso consapevole dell’errore fotografico, ci appare più simile a un modellino in scala che a un contesto reale. Lo ha fatto quando ancora non si usavano i droni, generando l’illusione di un mondo deformato e artificiale.

Il passaggio tra i due progetti diventa graduale germinazione nella quale in questo stato è come se ritornasse a ritroso. L’archivio diventa il protagonista a discapito del paesaggio e della città. La sua attenzione, inizialmente volta alla ricerca di immagini in negativo nel fondo dell’Aeronautica Militare, è stata catturata dall’impatto non solo visivo, ma anche fisico con l’ambiente.
La serie si compone di trentasei immagini ripartite in tre serie; la più emblematica è la prima che ha realizzato nella quale sono protagonisti i barattoli dell’archivio in cui a destra in basso uno di questi riporta l’etichetta con la scritta adesiva verde “Ferrania Aviopancro”. A Barbieri ricorda l’installazione Merda d’artista di Piero Manzoni, così mi dice durante una conversazione.

La serie dei barattoli presenta i contenitori cilindrici, fascinosamente vintage, che custodiscono le iscrizioni fondamentali per ricostruire la storia del volo e della porzione di territorio ripreso. Nella seconda serie di sculture effimere, i giganteschi rulli di negativi – inusuali anche per un fotografo abituato al grande formato – sono parzialmente aperti e, illuminati dal basso, forniscono una prova dell’imperscrutabile fotografico contenuto, non più vincolato dal segreto militare. Appaiono come installazioni temporanee di seducente ed ambigua potenza.
L’ultima serie rivela alcuni dei soggetti fotografici tra i tanti conservati nell’incredibile patrimonio dell’Aerofototeca. Tra questi, la pattuglia acrobatica dei Diavoli Rossi (antesignana delle Frecce Tricolori) ripresa da un altro operatore in volo e alcune città tra le quali Ancona.

Il rapporto con il materiale tecnico originale è infine ribadito da altri elementi del progetto che rendono a prima vista unica la mostra all’interno dell’ex Chiesa delle Zitelle. Il titolo e il verde dell’allestimento ripropongono il nome, i caratteri tipografici e il colore delle confezioni delle pellicole Ferrania Aviopancro usate per le riprese aeree, in mostra associato al tipico giallo Kodak che irrompe scaldando l’estetica dell’ambiente. “Restricted” è l’indicazione che si ritrova spesso scritta a mano sulle pellicole sviluppate, avvolte dal segreto militare, che nessuno poteva utilizzare.

Tutti elementi con cui Barbieri ha interagito e che hanno suggerito la sua ricerca sull’archivio, tutt’altro che scontata o statica. Una ricerca che nasce, sempre, dal suo posizionarsi nell’ambiente visivo del mondo per sperimentare nuove possibilità di percezione e di rappresentazione dei luoghi. «Viaggio non per gusto di esotismo ma per misurare lo sguardo con sfide visive sempre nuove e con concetti spaziali diversi. Prima di tutto mi interrogo su cosa potrei traghettare, di un luogo, nelle mie fotografie».