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I paint with light: da M77 la prima retrospettiva europea di Ming Smith
Fotografia
M77 Gallery apre le porte a Ming Smith – I Paint with Light, la prima personale in Europa della fotografa afroamericana che ha reinterpretato l’uso dell’immagine come strumento di narrazione poetica tanto quanto di denuncia sociale. Curata dalla direttrice della galleria Chiara Principe in collaborazione con l’artista e il suo studio, I Paint with Light sorvola un arco di cinquant’anni di scatti, intrecciando un fluido susseguirsi di vintage inediti e lavori più recenti. Fino al 24 maggio.
Nata a Detroit e basata ad Harlem, Smith cresce nella complessità di un contesto segnato dalla segregazione razziale, che inevitabilmente influenza il suo approccio artistico. Prima donna afroamericana ad essere accolta nella collezione permanente del MoMA nel 1975, è stata anche la prima donna ad entrare nel Kamoinge Workshop, un collettivo di fotografi neri attivo a New York negli anni ’60, impegnato a documentare la vita della comunità afroamericana. L’opera di Smith ha riconsegnato uno sguardo insieme individuale e collettivo sulla scena afroamericana, i cui soggetti vengono tratteggiati attraverso una cifra stilistica che sfugge alla documentazione in senso stretto. La fotografia è il mezzo consapevole che l’artista sceglie per trattenere un momento di realtà irripetibile, andando oltre la mera registrazione di un fatto. Orientandosi verso un’estetica evocativa dove il reale si trasfigura in visione, la sua ricerca muove tra racconto e astrazione, cronaca e sogno, seguendo un ritmo che travalica le mode.

«Siamo estremamente orgogliosi di rappresentare un’artista dall’innegabile spessore e rilevanza internazionale come Ming Smith», rivela a exibart Chiara Principe, direttrice di M77. «Il mio rapporto con Ming è nato, come tutte le cose più belle, in maniera del tutto casuale, a Parigi, tramite suo figlio Mingus. È poi andato consolidandosi nei mesi a seguire tramite molti incontri e scambi attraverso i quali abbiamo scoperto alcune affinità elettive che l’hanno portata a chiedermi, ammetto con mio grande stupore, di curare personalmente la mostra. Con il titolo I paint with light (in italiano: Io dipingo con la luce), abbiamo dunque realizzato in galleria la sua prima mostra antologica in Europa, una mostra che – sono orgogliosa di riportare – Ming ha definito “la sua mostra più bella ad oggi“».
Il percorso espositivo si apre al piano terra, dove la quotidianità afroamericana emerge attraverso scene anche intime e silenziose. Sono immagini quasi sussurrate, spesso immerse in una sfocatura controllata dalla forte tensione emotiva. È proprio nella tecnica che si rivela la forza visionaria di Smith. L’uso del mosso intenzionale, della doppia esposizione, della manipolazione della pellicola attraverso pittura o collage, sono tratti ricorrenti del suo linguaggio nati da una precisa scelta espressiva: evocare una dimensione interiore, per suggerire ciò che sfugge all’occhio ma non alla memoria. Tra i lavori più iconici si ricorda la serie Invisible Man, un ciclo dedicato all’opera dello scrittore e critico Ralph Waldo Ellison, a cui appartiene l’opera Somewhere, Everywhere. Non meno potenti sono le immagini dedicate all’autore teatrale August Wilson, che si fanno portavoce di un passato fortemente intenso.

Una sezione più lirica si snoda invece al piano superiore, dove lo sguardo di Smith attraversa una molteplicità di generi e contesti senza perdere vigore. Protagonisti sono ritratti come quelli di Grace Jones e Brassaï, così come gli scatti realizzati durante i viaggi in Giappone, a Parigi, in Italia e in Egitto, dove paesaggi dall’atmosfera sospesa rimangono un terreno di continua sperimentazione. Ruolo emblematico lo ricopre anche il tema della musica, personificato dal ritmo del jazz, la cui improvvisazione e libertà si mescolano alla perfezione con l’approccio istintivo dell’artista. Il legame tra fotografia e musica è uno dei fili conduttori del suo lavoro, che l’ha portata a fotografare icone come Sun Ra, Nina Simone e Alice Coltrane. Il ritmo sincopato dell’improvvisazione trova forse la massima espressione nelle opere che uniscono fotografia e pittura, che spesso Smith applica con le dita direttamente sulla pellicola.

«Guardando l’opera di Ming Smith, la sua testimonianza è chiara», rivela ancora a exibart Chiara Principe. «Le sue fotografie sono immagini pregnanti di significati, alcuni afferrati ed altri inafferrabili, come miraggi domestici o urbani; sono storie stratificate, intensificate dal sapiente uso tecnico della lunga e multipla esposizione. Sono dotate di una sensibilità acuta, a volte dolorosa. Le opere di Ming Smith sono complesse nel senso più viscerale del termine. Inaspettate come un raggio di sole che gira l’angolo e descrive nuove ombre. Le fotografie di Ming Smith sono autentiche come non molte cose sanno esserlo».
Poi, a proposito dell’allestimento in galleria: «La mia intenzione nell’ideare e portare a fruizione il progetto espositivo», spiega, «era quella di rendere omaggio alla sua importante produzione artistica: di creare un ritratto di Ming attraverso le sue opere. Il percorso espositivo, infatti, non segue un criterio cronologico, tantomeno marcatamente tematico. Ho deciso di adottare un approccio puramente evocativo e dunque narrativo, fatto di riflessioni e suggestioni e dove la vera protagonista fosse Ming, la sua visione trasversale ed in continua evoluzione – come dimostrano le fotografie dove lei interviene pittoricamente sulla superficie fotografica (come suggerito giocosamente dal titolo) che dialogano con i suoi famosi ritratti in bianco e nero (es. Grace Jones, Nina Simone) e con le sue fotografie realizzate con la distintiva tecnica del ‘blur’ (lunga esposizione) come armonie in una melodia jazz, altra grande fonte d’ispirazione per l’artista. I paint with light porta il visitatore in un viaggio attraverso la vita e la poetica di Ming Smith. Attualmente e come da nostra prassi, stiamo contestualmente producendo l’omonimo catalogo della mostra, il quale sarà presto disponibile per le nostre edizioni di galleria, M77 Editions».

I Paint with Light si traduce così non soltanto nel titolo scelto per raccontare Ming Smith, ma incarna il suo processo creativo. La fotografa dipinge con la luce trasformando l’immagine in una superficie emotiva non solo da guardare, ma da interiorizzare, al fine di «catturare un momento che non tornerà mai più, e rendergli giustizia», come lei stessa afferma. A due anni dal progetto monografico al MoMA, e a qualche giorno dall’apertura della mostra collettiva Paris noir al Centre Pompidou, la personale alla M77 Gallery contribuisce a consolidare la riscoperta di un’artista ora affermata sulla scena contemporanea; offrendo uno spazio dove l’arte di Smith abita un dialogo aperto tra luce, corpo e memoria.