18 maggio 2025

Other Identity #159, altre forme di identità culturali e pubbliche: Tiziana Alocci

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Other Identity è la rubrica dedicata al racconto delle nuove identità visive e culturali e della loro rappresentazione nel terzo millennio: la parola a Tiziana Alocci

Tiziana Alocci, Holbox Emotional Geography 2024, audio reactive engine, field recording, 700x700mm Courtesy of UNIT London

Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana intervistiamo Tiziana Alocci.

Tiziana Alocci

Other Identity: Tiziana Alocci

Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?

«Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire—come scriveva Walter Benjamin ne L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, l’aura dell’opera (e forse anche dell’identità) si dissolve nel momento in cui tutto diventa replicabile, accessibile, condivisibile. Qual è la mia rappresentazione di arte? Conflittuale, direi. Non mi piace auto-definirmi un’artista. I Kraftwerk dicevano di sé che non erano né artisti né musicisti, ma workers. Mi riconosco in questo approccio: il mio lavoro è fatto di processi, di ascolti, di trasformazioni tecniche che cercano però sempre una forma poetica. Credo che non tutto il privato debba diventare pubblico, ma riconosco che oggi c’è molto privato nel pubblico e molto pubblico nel privato. Quello che manca, spesso, è l’intimità. Io ho scelto di condividere proprio quella».

Tiziana Alocci, Frequencies of Belonging, 2025, Touch Designer, Resolume, real-time audio, reactive engine, voice-based data sy

Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?

«Mi piace pensarmi con un’identità invisibile, come uno spazio nascosto—quasi una soffitta, per citare Gaston Bachelard e la sua Poetica dello spazio. Un luogo silenzioso ma denso, dove si conservano memorie, echi, desideri. Uso quello che so fare non per raccontare la mia storia, ma per dare forma e voce a quelle degli altri. Mi sento come una cassa di risonanza, uno speaker, a volte un megafono. Ma le mie esperienze personali vivono nel sotto testo di ogni mio lavoro: non sono protagoniste, ma abitano ogni gesto, ogni suono, ogni scelta. Parlo degli altri, ma in quel silenzio, parlo anche di me».

Tiziana Alocci, Nature in C Major x Gucci, 2025, Audio reactive engine Data Visualisation, 297x420mm

Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?

«Me ne importa solo quando è necessaria nel contesto commerciale ed economico. Viviamo in un sistema in cui, se non sei online, semplicemente non esisti. È una dinamica che trovo alienante, ma perfettamente coerente con il nostro tempo: un necessary evil. L’apparenza pubblica ha preso il posto della presenza autentica. Tutto è proiezione, tutto è strategia. Lo trovo faticoso, soprattutto per chi lavora con la sensibilità, con l’ascolto, con la profondità».

Tiziana Alocci, Topaz Tokyo Love Story, 2024, field recording, electromagnetic field analisis, data visualisation, 1000x1200mm

Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?

«Non credo che ci sia tutta questa messa in discussione nel contemporaneo. Anzi, prendi gli anni ‘60 e ‘70, anni di arte provocativa e performance che ora ci sogniamo. Il mio valore di rappresentazione non è legato a un’estetica fissa o a un’identità immobile, ma a dei gesti. Ascoltare è, per esempio, è per me, un atto politico e poetico. È così che scelgo di rappresentare: attraverso paesaggi sonori che emergono da ciò che spesso resta invisibile—la memoria, l’emozione, la soglia tra corpo e spazio. La mia rappresentazione non è tanto di me, quanto attraverso di me, come una lente o un canale che traduce ciò che altrimenti resterebbe inascoltato».

Tiziana Alocci, Voyages of Wonder, 2024, Coding Print data Visualisation, 297x420mm

ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?

«No o forse non ancora. Penso a me stessa più come a qualcuno che esplora idee attraverso i dati e la tecnologia, piuttosto che appartenere a una categoria specifica».

Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?

«In realtà non credo di avere un’identità pubblica nel senso pieno del termine. O meglio, non una che mi appartenga davvero. È più qualcosa che gli altri proiettano su di me, che si forma per accumulo, per interpretazione esterna. Quindi non saprei dirti quale avrei voluto avere. Culturalmente mi riconosco come una donna bianca, bisessuale, europea—un’identità che porta con sé vantaggi evidenti. Alcuni mi appartengono, altri mi attraversano. A volte mi domando cosa significhi davvero “appartenere” a qualcosa. Spesso ho difficoltà a percepirmi. Faccio fatica a vedermi con chiarezza, per questo mi affascinano le vite degli altri. È come se la mia identità si completi meglio negli sguardi esterni che nello specchio. Quindi forse, più che desiderare un’identità diversa, vorrei solo capirmi meglio».

Tiziana Alocci, Metallic Sphere in Colours for The Orb and David Gilmour, 2023, audio reactive engine, 500x700mm

Biografia

Tiziana Alocci (b. 1989) è una data artist e technologist che lavora all’incrocio tra arte, tecnologia e dati. La sua pratica cattura dati provenienti da fenomeni intangibili—dai paesaggi sonori urbani ai ritmi del sonno, fino a profumi, archivi e narrazioni personali. Il suo approccio è al tempo stesso analitico e poetico, riflettendo un percorso biografico che rende visibile l’invisibile.

Le sue opere sono state commissionate da realtà come Gucci, la National Gallery di Londra, la British Library, il gruppo Lufthansa, Condé Nast, ed esposte a livello internazionale presso UNIT London, The British Library, C3 di Città del Messico, Fondation EDF, e la Royal Danish Academy.

Oltre alla sua pratica, Tiziana è Associate Lecturer presso la University of the Arts London dal 2018. Ha tenuto lezioni come ospite presso istituzioni internazionali quali CENTRO a Città del Messico, Moholy-Nagy University of Art and Design Budapest, e Harbour Space a Bangkok, fra le altre. Nel suo talk per TEDx ha messo in luce gli obiettivi fondamentali del suo lavoro, analizzando i processi legati a How Sound Data Can Recreate Lost Memories.

Nel 2019, Tiziana ha esteso la sua visione fondando NECESSITY.INK, uno studio curatoriale e multidisciplinare dove coordina un team specializzato in produzioni data-driven su larga scala e attivazioni immersive.

Tiziana vive e lavora a Londra.

 

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