02 giugno 2023

Other Identity #64. Altre forme di identità culturali e pubbliche: Ivana Galli

di

Other Identity è la rubrica dedicata al racconto delle nuove identità visive e culturali e della loro rappresentazione nel terzo millennio: la parola a Ivana Galli

L'abbraccio, 2018

Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana l’ospite intervistata è Ivana Galli.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Ivana Galli (@galliivana)

Other Identity: Ivana Galli

Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?

«Per me, l’arte è un linguaggio che esprime e interpreta una mia realtà. Percepisco un vissuto e/o un concetto, lo interpreto e lo rappresento mettendo in atto un indispensabile processo di trasformazione. Parlo di miei libri senza parole, in cui le pagine hanno l’impronta del DNA delle persone che stanno vivendo quest’epoca! Oppure del progetto “In Embryo”: fotografie fatte a delle macchie d’olio e acqua, elementi sacri, ma che ti riportano ad una riflessione sull’essere. Leggerezza nella visione, profondità nel messaggio, e così anche per altri progetti».

Allegoria ispirata a Hieronymus Bosch, 2016

Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?

«Al giorno d’oggi, tutto è in continuo e rapido mutamento, creiamo confini dell’identità sempre più approssimativi e vaghi. Per questo domandarci “chi siamo, dove siamo, quali sono i nostri valori!” è una riflessione necessaria.

Personalmente, conduco la mia ricerca sull’essenza, sulle modalità e confini dell’identità, uso diverse discipline, non mi pongo limiti sui mezzi da usare (fotografia, performance o installazioni) pur di arrivare al mio fine. Al mio dire. È così che vedo la mia identità nell’arte contemporanea: un luogo con confini da esplorare, la più grande delle libertà, un essere fluido».

Equilibrio, 2019

Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?

«Siamo ciò che vogliamo apparire, facciamo vedere quello che vogliamo essere. Nei miei social diffondo il mio lavoro artistico; a volte si hanno confronti, altre volte riscontri, spesso contatti che mai avremmo potuto conoscere. Se usato con consapevolezza, il social, è un buon mezzo di comunicazione».

Eva Avevo solo fame, 2016

Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?

«Il ready-made, il rappresentare un oggetto di uso quotidiano, reinventandolo, creando quell’atto di trasformazione sia oggettiva che di pensiero…non è cosa facile! L’opera assume un nuovo valore, dai un significato diverso a quello reale, avere quella intuizione, non è più mostrare la nostra bravura, ma è la possibilità di esprimere la propria idea. Peraltro, creare la bella opera fine a se stessa è “solo” un atto di ottimo artigianato, ma l’arte vive in un altro ambito».

Il melograno, 2016

ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?

«“L’artista ci fa osservare, con i suoi occhi, un altro mondo” così disse Schopenhauer e saper tradurre la quotidianità con un linguaggio ad arte, è una gran fortuna! Se non ci fosse l’arte servirebbero troppe parole. L’analisi che l’artista fa su di un argomento … può destabilizzare il pensiero del fruitore, lasciandogli un interrogativo su cui, se vorrà, potrà riflettere. L’artista esiste da sempre.  Io, tu e chiunque abbia l’occhio e sa tradurre uno stato emotivo sociale e/o privato».

Annunciazione, 2015

Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?

«Beh, un po’ come i miei ritratti scomposti! Tanti pezzi che compongono una solo identità, d’altronde…potremmo mai essere una sola cosa?».

La Passione, 2013

Biografia

Ivana Galli – musicista, fotografa, e scultrice – nasce a Venezia e ha quale forma d’espressione elettiva la fotografia, mestiere che inizia ad apprendere fin da giovanissima nel laboratorio fotografico del padre, ma nel suo percorso ha avuto modo di sperimentare nei più diversi campi dell’espressione artistica.

Autoritratto, Ivana Galli

Ha nelle sue creazioni ben presente la lezione di ciò che di classico vi era da apprendere e di tutte quelle sottili trame compositive che rendono un’opera complessa ma al tempo stesso accessibile anche a chi non dispone dei necessari mezzi di lettura di quello che, molto genericamente, si intende quale arte contemporanea. Le sue opere non sfuggono all’astrattismo o all’essenzialità del segno o della plasticità, semplicemente riconoscono l’intrinseca bellezza di ciò che vi è rappresentato, mostrandolo senza timore o reverenza alcuna. Opera in provincia di Venezia.

Ritratto scomposto, 2019
Uno schiaffo alla vita, 2019

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui