06 aprile 2020

Gallerie ai tempi del distanziamento sociale: Renata Fabbri

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Oggi per la nostra sezione dedicata alle gallerie al tempo del Covid-19 ospitiamo la riflessione di Renata Fabbri

Renata Fabbri covid-19

Continua l’emergenza Covid-19 e le sue conseguenze sulla vita quotidiana, anche dei galleristi, per questo abbiamo raggiunto alcune tra le gallerie più attive in Italia, per raccogliere il loro punto di vista sulla situazione attuale e sul futuro: dopo Umberto di Marinopinksummer oggi leggiamo il punto di vista di Renata Fabbri. La galleria Renata Fabbri arte contemporanea nasce con l’obiettivo di mostrare a un pubblico sempre più interessato e attento le molteplici espressioni dell’arte contemporanea.

«Mi risulta difficile parlare in questo momento. Richiede uno sforzo enorme. Mi chiede come abbiamo riorganizzato. Io rispondo che ci stiamo ancora pensando. So però fin da subito che non voglio parlare di riorganizzazione, ma di re-invenzione. Non ho la sfera di cristallo, non so dirle cosa succederà dopo. Il mondo dell’arte è prevedibile e imprevedibile allo stesso tempo. Sicuramente di non facile comprensione. Sicuramente elitario. Sicuramente appassionante. Ora ovviamente la galleria è chiusa. Non lo nego, una strana sensazione.

Sento la mia galleria come un luogo d’incontro dove si mescolano le anime e i pensieri degli artisti e dei collezionisti che la frequentano. Un luogo dove amo fare cultura, più che mercato. Sa, non muovo milioni di euro, quindi personalmente potrei anche pensare di farcela. Non ho grossi costi, non paragonabili almeno a quelli dei miei colleghi molto più grandi e importanti di me. Vero, mi sto ancora consolidando, ma conto su un mercato dell’arte che torni e/o continui ad essere intelligente e continui a premiare la qualità della ricerca svolta. Occorrerà essere più uniti, galleristi e artisti. Aiutarci e supportarci pensando a un futuro diverso. Non necessariamente peggiore. Più povero sicuramente. La trasformazione sarà uno spostamento di energie verso le relazioni umane. Verso la cultura. Verso un dialogo costante e continuativo con tutti gli operatori. Dopotutto avere una galleria è quasi una missione. Una cattedrale della cultura. Un luogo di libero scambio di idee ed emozioni.

Sicuramente nei mesi a venire le vendite caleranno e i costi rimarranno gli stessi. Inutile illuderci e fare finta di niente. Occorrerà fare leva sulle passioni e capire veramente se la nostra volontà è quella di continuare a fare ricerca. Cambieranno necessariamente le cose.

Il sistema dell’arte, ho detto prima, è un sistema complesso, elitario dove solo a pochi è consentito crescere. E lo dico a tutti i livelli. Il pesce grande, da che mondo è mondo, mangia quello più piccolo. Da qui la scelta di essere gallerie di tendenza o di mercato. Sono passate alla storia gallerie che hanno fatto solo tendenza, con mostre incredibilmente ricercate, che però hanno dovuto chiudere. Comunque, gallerie ricercate dalle fiere, dalla stampa, dai collezionisti e sulla bocca di tutti. Cosa non ha funzionato? Quello che non funzionerà più. Penso che quel momento sia passato. Un po’ come se il Covid abbia fatto piazza pulita di tutti questi cliché. L’arte deve essere spontanea, non un cliché. Ecco penso che questo cambierà.
Io continuerò con la ma ricerca.
Continuerò con il mio ottimismo e concludo citando Lutero che disse: “Anche se sapessi che la fine del mondo è per domani, io andrei ancora oggi a piantare un albero di mele.”

Se vogliamo essere, non dobbiamo mai smettere di crederci».

 

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