20 aprile 2020

The Art of Political Indoctrination: una mostra online sulla propaganda

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The Art of Political Indoctrination è la mostra vistabile anche online, che ci fa riflettere sul valore della propaganda in epoca fascista. E sull'importanza del senso critico, oggi

Una riflessione sulla propaganda di epoca fascista e che può tornare utile anche per ampliare la lettura delle narrazioni politiche contemporanee. È quella proposta da “Propaganda: The Art of Political Indoctrination”, mostra promossa dalla Fondazione Massimo e Sonia Cirulli di Bologna e che, da oggi, è visitabile anche online, grazie a un video girato a 360 gradi.

Una chiave di lettura per i messaggi politici di ieri e di oggi

“Propaganda: The Art of Political Indoctrination”, momentaneamente chiusa a causa del lockdown, è stata curata da Nicola Lucchi, professore del Queens College della City University of New York, con il supporto degli accademici Ruth Ben-Ghiat e Ara Merjian. L’esposizione, allestita negli spazi della Casa Italiana Zerilli-Marimò a New York, è costituita da opere provenienti dalla Fondazione Massimo e Sonia Cirulli, risalenti al periodo fascista italiano e non solo, per riflettere ad ampio raggio sui meccanismi della propaganda politica sotto i regimi totalitari ma anche nei sistemi democratici. «Uno degli obiettivi è quello di pensare criticamente ai messaggi politici di oggi», ha spiegato Lucchi, che ha voluto tenere aperta la sua mostra anche a portata di schermo, realizzando un video fruibile a 360 gradi.

Il tour virtuale di Propaganda: The Art of Political Indoctrination

La prima sezione, “Prima e dopo il fascismo”, comprende esempi di manifesti di propaganda politica risalenti a epoche precedenti e successive al regime fascista (1922-1943). Lucchi crea delle connessioni esponendo il manifesto pubblicitario realizzato nel 1902 per il quotidiano socialista Avanti!, un manifesto-celebrazione del Piano Marshall del 1948 e un poster anticomunista. Quest’ultimo, che raffigura un piede che “impugna” una matita nell’atto del voto, riporta l’iscrizione perentoria “Ecco come votano i comunisti, non gli italiani”, e sembra provenire dall’epoca fascista. E invece, contro ogni aspettativa, risale agli anni ’50, precisamente al 1953, cioè a un periodo di «Dibattiti democratici tesi tra la Democrazia Cristiane e il PCI». Per Lucchi, la cattiva propaganda non conosce scadenze.

Panetto e Petrelli, “I comunisti votano così e non gli italiani”, manifesto politico del 1953

Sulla figura di Mussolini è basata la seconda sezione, “Puppeteer or Puppet?”, dove troviamo il manifesto “Sì” del 1934, realizzato dall’artista Xanti Schawinsky. Il “sì” si riferisce al presunto risultato di un plebiscito ed è corredato di numeri inventati che simboleggerebbero il risultato del voto.

All’interno della mostra troviamo anche la celebre statua Profilo continuo, realizzata da Renato Bertelli nel 1933. «Un’opera straordinaria che l’artista ha riprodotto in svariate dimensioni e svariati materiali, rendendola l’icona che è oggi e che continua a ispirare gli artisti», commenta il professor Merjian. «Anche per rappresentare Trump», aggiunge. 

“Politica e affari” è l’ultima sezione e presenta un focus sul legame estremamente attivo tra regioni e aziende italiane, tra cui Bompiani e Fiat, coinvolgendo anche designer di spessore come Bruno Munari. Entrambe le parti, ovviamente, cercavano visibilità. 

Uno sguardo al presente

La mostra mette in evidenza come l’estetica modernista abbia cooperato con la comunicazione di massa, il marketing e la cultura popolare, per manipolare la società e ottenere consenso. È importante saper leggere i messaggi e le immagini che ci circondano e quello di Lucchi è un appello a impegnarsi, usando coscienza e critica come strumenti per comprendere le narrazioni di un mondo contemporaneo sempre più complesso.

Per seguire tutte le altre iniziative di #iorestoacasa, potete dare un’occhiata qui.

 

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