26 febbraio 2021

Garanzie d’asta in tempo di pandemia: Phillips vs JN Contemporary Art

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La casa d’aste Phillips annulla un accordo da 5 milioni appellandosi a una “causa di forza maggiore” di nome COVID-19. Ma può farlo? La decisione della Corte

Phillips JN Contemporary
La sede di Phillips New York. Photo Credit: Rommel Demano/BFA.com; Courtesy of Phillips.

Il 27 giugno del 2019 la società JN Contemporary Art LLC di Joseph Nahmad, mercante d’arte americano, stipula con Phillips Auctioneers LLC, casa d’aste con sede centrale negli Stati Uniti, due accordi riguardanti la vendita all’asta di due dipinti: si tratta di un Untitled dell’artista Rudolf Stingel e di un Untitled dell’artista Jean Michel Basquiat.

Per il dipinto di Basquiat, di proprietà di Phillips, la JN Contemporary si impegnava ad effettuare un’offerta irrevocabile di 3 milioni di sterline presso la “20th Century & Contemporary Art” che si sarebbe tenuta la sera stessa a Londra, ma il quadro venne battuto all’asta per 3,200,000 sterline, più un importo a titolo di commissioni aggiuntive. Diversa sorte invece per il dipinto di Stingel, di proprietà di JN Contemporary; Phillips si impegnava a metterlo all’asta “20th Century & Contemporary Art” che si sarebbe tenuta nel maggio 2020 a New York, corrispondendo alla JN Contemporary un importo minimo garantito di 5 milioni di dollari ed una commissione del 20% sulla somma eccedente il minimo garantito. Il 27 dicembre 2019, utilizzando a garanzia l’Accordo Stingel e un’altra opera, JN Contemporary otteneva un finanziamento di 5 milioni di dollari da parte del Muses Funding I LLC, un fondo di investimento americano. Inoltre in tale sede l’Accordo Stingel fu corredato di un “Security Amendment” (ovvero un Emendamento di Sicurezza) stipulato tra JN Contemporary, Phillips e Muses, che concedeva a quest’ultimo un privilegio prioritario sul dipinto Stingel. Sempre sulla base di tale Emendamento Phillips accettava di pagare a Muses il minimo garantito ed i proventi netti dell’asta Stingel, obbligandosi ancora una volta a concedere il dipinto all’asta.

Lo scoppio della pandemia e il cambio di piani

Circa due mesi prima dell’inizio dell’asta, nel marzo 2020, accadde l’imprevedibile: esplose la pandemia da COVID-19. Il governatore di New York, Andrew Cuomo, dichiarò lo stato di emergenza ed emise tutta una serie di ordini, dapprima limitando e poi vietando le attività commerciali non essenziali fino al giugno 2020. Di conseguenza il 14 marzo 2020 Phillips annunciò il rinvio delle aste in programma affermando che «poiché sempre più membri della nostra comunità di personale, clienti e partner sono colpiti dalla diffusione del Coronavirus, abbiamo deciso di posticipare tutte le nostre vendite ed i nostri eventi nelle Americhe, in Europa e in Asia. Le nostre prossime vendite di arte contemporanea e del 20th Century a New York si terranno la settimana del 22 giugno 2020, riunendo le vendite di New York e Londra in una settimana di aste».

L’1 giugno 2020 però Phillips invia una lettera a JN Contemporary chiedendo la risoluzione dell’Accordo Stingel, invocando la clausola risolutiva di cui al paragrafo 12 lett. a) dello stesso. Tale clausola consente a Phillips di risolvere il contratto, con effetto immediato, nel caso in cui l’asta venga rinviata per circostanze al di fuori del «ragionevole controllo» delle parti come «calamità naturali, incendi, inondazioni, scioperi generali, guerre, conflitti armati, attacchi terroristici o contaminazioni chimiche o nucleari» e di venir meno dall’obbligo di pagamento del minimo garantito. Phillips al riguardo ritiene che la pandemia da COVID-19 ben rientri tra i casi di forza maggiore e che quindi la risoluzione del contratto sia dovuta. Intanto Muses, il fondo di investimento, venuto a conoscenza della risoluzione dell’Accordo Stingel da parte di Phillips avvisò JN Contemporary di provvedere al saldo del prestito entro il 31 agosto 2020, pena l’esperimento di una serie di rimedi, inclusa la corresponsione di una somma a titolo di interessi a un tasso più elevato.

La risposta di JN Contemporary

L’8 giugno 2020 JN Contemporary cita in giudizio Phillips e contemporaneamente chiede alla Corte Distrettuale degli Stati Uniti l’emissione, nell’immediatezza, di un provvedimento di ingiunzione preliminare volto ad obbligare Phillips ad offrire il dipinto di Stingel alla sua prossima asta. Tuttavia, secondo giurisprudenza consolidata, per ottenere un’ingiunzione preliminare devono essere dimostrati il danno irreparabile subito, la probabilità di successo nel merito e l’ingiunzione deve essere volta a soddisfare un interesse pubblico. In data 15 luglio 2020 la Corte nega la richiesta di JN Contemporary ritenendo che la stessa non abbia dimostrato il danno irreparabile che subirebbe se non le venisse concessa l’ingiunzione preliminare, ritenendo al contrario che la sua richiesta possa essere tutelata nel corso del successivo processo di merito.

Prosegue dunque il giudizio di merito. JN Contemporary elenca tutta una serie di motivi in base ai quali ritiene che l’Accordo Stingel sia stato violato: Phillips non aveva ottenuto il consenso scritto di JN Contemporary per riprogrammare l’asta di New York ad una data successiva a maggio 2020; il contratto era stato risolto in modo illegale da Phillips; Phillips aveva rifiutato di offrire il dipinto Stingel all’asta di New York e di pagare il minimo garantito stabilito. Secondo JN Contemporary sono stati violati anche l’accordo Basquiat ed il patto implicito di buona fede e correttezza per essere stata indotta a credere che Phillips avrebbe offerto il dipinto Stingel all’asta di New York e per esserle stato reso impossibile di consegnare il dipinto ad altre case d’asta. Inoltre Phillips ha violato il proprio dovere fiduciario agendo per propri interessi finanziari. Per tutti questi motivi JN Contemporary chiede nuovamente che le venga concesso un provvedimento che costringa Phillips ad offrire il dipinto alla prossima asta di arte contemporanea e a rispettare il pagamento del minimo garantito; in alternativa chiede un risarcimento danni di almeno 7 milioni di dollari e un risarcimento punitivo di 10 milioni di dollari.

La decisione della Corte

Ancora una volta la Corte si dimostra contraria a queste domande. Quanto al necessario consenso di JN Contemporary previsto dall’accordo Stingel affinchè Phillips potesse disporre il rinvio dell’asta, la Corte conferma tale disposizione, ma dichiara anche che essa subisce una deroga in presenza di cause di forza maggiore, quali la pandemia da COVID-19. La clausola di risoluzione sostiene la Corte «viene attivata quando l’asta viene rinviata per circostanze al di fuori del nostro o del vostro ragionevole controllo. Tali circostanze includono senza limitazione un disastro naturale» ed il COVID-19 può essere considerato tale. Secondo la Corte dunque, invocando la risoluzione per causa di forza maggiore, Phillips non è più tenuta a mettere all’asta il dipinto Stingel o a pagare il minimo garantivo a JN Contemporary.

Quanto alla violazione dell’Accordo Basquiat e al fatto che quest’ultimo fosse condizionato all’esecuzione dell’Accordo Stingel, poichè i due Accordi erano frutto di uno “scambio” (JN Contemporary garantiva la vendita del dipinto di Basquiat e Phillips in cambio garantiva la vendita dello Stingel), la Corte smentisce invece che l’Accordo Basquiat richiedesse la messa all’asta di Stingel ed il pagamento del minimo garantito.

Con riferimento alla violazione del patto di buona fede e correttezza (in base al quale «nessuna delle parti di un contratto farà nulla che abbia l’effetto di distruggere o ledere il diritto dell’altra parte a ricevere i frutti del contratto o di violare le presunte intenzioni o aspettative ragionevoli») la Corte afferma che «secondo la legge di New York […] questo non può essere utilizzato per imporre un obbligo non coerente con i termini contrattuali espressi», ovvero per negare a Phillips di risolvere il contratto.

Infine relativamente alla violazione da parte di Phillips del proprio dovere fiduciario nei confronti di JN Contemporary per aver risolto l’Accordo Stingel con il pretesto della pandemia da COVID-19, quando invece lo avrebbe fatto per sopperire alla perdita di valore di mercato dell’opera, la Corte ha giustificato ancora una volta la deroga all’Accordo delle parti con tale evento di forza maggiore. Aggiunge la Corte, a nulla vale il fatto che Phillips avesse dichiarato nell’aprile 2020 che avrebbe onorato tutti i propri impegni contrattuali, che abbia utilizzato l’immagine del dipinto Stingel sul proprio sito web fino a metà maggio e che il 26 maggio 2020 stesse considerando di spostare l’asta del dipinto a novembre 2020, in quanto la risoluzione del contratto era concessa alla casa d’aste dallo stesso contratto sottoscritto con JN Contemporary.

– Studio Legale Furin Grotto

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